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Quesito
Caro padre Angelo,
Spero di trovarla bene. Le scrivo oggi giorno dell’Immacolata Concezione di Maria; un giorno importante per la storia dell’umana salvezza. Quest’ultimo mese non è stato facile.
Molte tentazioni mi hanno assalito, stanchezza, e stress.
Tra una settimana se Dio vuole discuterò la tesi e mi laureo in ingegneria.
Oggi mentre facevo il presepe ho avuto modo di riflettere e meditare su alcuni aspetti che mi piacerebbe condividere con lei.
Il primo riguarda la venuta di Gesù.
Egli viene nella storia umana in modo silenzioso, nasce in una mangiatoia (prefigurazione dell’Eucaristia) nel nascondimento dal mondo.
Egli quando entra nella vita di ogni uomo non lo fa mai in modo rumoroso.
Mi viene da pensare al profeta Elia che riconosce la presenza di Dio non nel terremoto, non nel chiasso ma in una leggera brezza.
Dio parla nel silenzio. In quel silenzio della vita di ogni uomo.
Degli uomini del tempo di duemila anni fa e di quelli di ogni era.
Ogni personaggio del presepe ha la propria storia, il proprio compito ma tutti sono creature di Dio, e Dio tutti chiama a Lui.
All’incontro con Lui. Lo scopo della nostra vita è quello di cantare un eterno gloria a Dio. Ne sono convinto!
Terminare questo percorso di studi mi pone davanti delle scelte che non posso rimandare.
Come una barca devo mollare gli ormeggi e spingermi in mare verso la metà che Egli ha pensato per me sin dall’eternità.
Quale sia questa meta ancora non lo so. O forse non sono ancora pronto e maturo. Certo è che la guida per orientarmi è la sua stella cometa.
Nei giorni scorsi sono stato molto in crisi.
Eppure una cosa che mi ha aiutato moltissimo e mi aiuta sempre è l’adorazione eucaristica. Stare davanti a Lui anche se come un sacco di patate alla fine mi risolleva e mi ridà nuove forze. La vita del cristiano è una lotta e una conversione continua. Ma in questa debolezza la Sua grazia ci sostiene tantissimo!
Qualche giorno dopo l’adorazione ho fatto un sogno che voglio raccontarle.
Ho sognato di essere nella mia parrocchia e di stare ritto sull’altare. Avevo tra le mie mani una specie di coppa larga quasi fosse un cestino. Era piena di pezzetti di pane. Fette di pane. E una folla avanzava verso di me e io davo loro questo pane. E non finiva mai. Era sempre piena la cesta. Il sogno pare abbastanza chiaro nel suo significato.
Spero di avere la forza di poter proseguire e intraprendere la strada che Egli ha pensato per me.
La abbraccio di cuore e la ricordo in preghiera.
La saluto con molto affetto.
Suo fratello in Gesù.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. al momento in cui ti scrivo certamente sei laureato e molto probabilmente avrai già deciso di lasciare gli ormeggi per incamminarti nella strada che il Signore da tempo ti ha mostrato: il sacerdozio.
Il sogno che hai fatto, sogno lucido e pertanto credibile, te ne ha dato un’ulteriore conferma.
Quel canestro, con tanto pane dentro, è la parola di Dio, pane di vita eterna che sei chiamato a comunicare alla gente perché non venga meno lungo la strada.
Collegherei questo sogno anche alla riflessione che hai fatto precedentemente sul mistero del Natale: Dio si incarna nel silenzio, nasce nel silenzio, entra nella vita di una persona in silenzio proprio come nel silenzio e non nel vento impetuoso Elia percepì la presenza di Dio.
È vero che Dio lo si può incontrare dappertutto e nelle situazioni più svariate, ma la via comune è quella del silenzio.
2. Questa via la deve percorrere anzitutto colui che è chiamato a dare Dio agli uomini.
Penso a San Domenico che volle creare per sé e per i suoi frati dei luoghi adatti alla vita contemplativa, avvolti di silenzio e di preghiera.
3. Come per continuare la tua riflessione, a questo punto mi piace lasciare la parola al padre Bernadot, che in maniera eccellente ha descritto la spiritualità domenicana.
“Il convento domenicano, come lo organizzano le Costituzioni dell’Ordine, potrebbe definirsi: una casa religiosa fatta per la contemplazione. Anche nella sua disposizione materiale, il convento deve favorire la vita interiore.
D’ordinario accanto alla chiesa, centro della vita conventuale, si sviluppa il chiostro. Il chiostro circonda un cortile silenzioso e ricopre le tombe dei Frati defunti. Luogo sacro che si attraversa pregando.
Intorno vi sono i luoghi regolari: la sacrestia, il refettorio, il capitolo, la biblioteca. Sopra, il Dormitorio, largo corridoio sul quale si aprono tutte le celle dei religiosi.
Su tutti questi luoghi, il raccoglimento, la pace. Difatti si tratta di allontanare ciò che S. Tommaso segnala fra i principali ostacoli della contemplazione: tumultus exteriores”.
3. “Appena entrato nell’ordine, il novizio è impressionato dal silenzio, uno dei primi obblighi della vita domenicana.
Con quale stringente gravità raccomandano le Costituzioni “la santissima legge del silenzio!”.
“I frati tacciano” ordinano esse, enumerando i luoghi regolari, dove mai una parola dev’essere pronunziata: la chiesa, il chiostro, il refettorio, la cella.
Se a volte bisogna assolutamente parlare, si farà con rapide parole e come silenziosamente.
In refettorio il silenzio è perpetuo; solo il Maestro Generale e i vescovi possono permettere che vi si parli.
La cella è un santuario; nessuno vi entra, nessuno vi parla mai, il religioso in essa vi deve solo “leggere, scrivere o pregare”.
Nel convento non si deve udire alcun rumore, alcuna parola. Tutto tace nel luogo della pace.
Quanto sarebbero qui fuori posto le futili conversazioni del mondo! Anche quando vi si parla, non vi si deve udir altro che parole tutte interiori, parole piene che rivelano gli ordinari pensieri di quelli che sono abituati alle cose divine e il culto ch’essi celebrano nel santuario intimo dell’anima.
Infatti la Regola impone il silenzio materiale come un mezzo per raggiungere uno scopo più elevato, il raccoglimento interiore.
A che serve il tacere cogli uomini, essere sobrii di conversazioni se, dietro il mutismo delle labbra, le voci interne fanno strepito?”.
4. “Più ancora che alle labbra, è ai sensi che la Regola vuole imporre silenzio, all’immaginazione, alla sensibilità!
L’ideale che essa ci propone è quello di S. Domenico, di cui gli antichi cronisti ci riferiscono questo magnifico elogio: Linguae observantissimus custos non nisi cum Deo aut de Deo loquebatur (osservantissimo custode della lingua, non parlava se con Dio o di Dio);
quello di Santa Caterina da Siena, che conversa senza posa con Gesù nella sua «cella interiore», pur attendendo alle opere più svariate;
quello di S. Tommaso d’Aquino, che riferisce tutti i suoi studi e ciascuno dei suoi pensieri a Dio;
quello di S. Alberto Magno, che scrive ai suoi fratelli: «Il religioso che penetra in se stesso oltrepassa se stesso e sale veramente verso Dio. Raccogliamoci dunque lungi dai divertimenti mondani per fissarci nella luce della contemplazione».
In verità, il Frate Predicatore, nel suo convento, è consacrato al silenzio”.
5. “D’ordinario il novizio arriva agitato, con l’anima in preda all’inquietudine.
Il primo beneficio del convento è dargli la radiosa calma del silenzio.
Tutto cospira a fargli dimenticare i vani tumulti del di fuori e lo spinge a cercare il trionfo nel regno interno.
Se egli non è un’anima mediocre, una di quelle anime tiepide, che mancano di profondità e di mistero, ben presto ama questo silenzio che comincia col mettere ordine in se stesso e a poco a poco l’introduce nella pace.
Nel medesimo tempo ch’egli è protetto contro le forze malefiche, che assediavano la sua anima, una misteriosa potenza viene a commuoverlo. Tutto lo allontana dal mondo, tutto lo solleva a Dio.
Egli si sente circondato dal soprannaturale.
La preghiera si eleva da per tutto, ad ogni ora.
Sovente nel giorno ed anche in piena notte, la campana lo chiama al gran dovere della lode divina.
Da tutti i luoghi di questa casa abitata dallo Spirito sale verso di Lui un canto ch’egli non si stanca di ascoltare, che lo trascina, il canto delle anime in cerca di Dio, eterno motivo dell’amore” (M. V. BERNADOT, O.P., L’Ordine dei frati predicatori, capitolo 2, n. 2).
6. Trovato Dio nel silenzio, riempitosi di Dio nel silenzio, amato, posseduto e gustato Dio nel silenzio, il domenicano lo comunica agli altri nel medesimo modo in cui una cisterna piena d’acqua traboccando riempie d’acqua le realtà che le stanno accanto.
Nel nostro caso evidentemente si tratta delle persone.
E allora comunica senza sosta, col suo solo comportamento, il pane della vita e tutti se ne vanno saziati.
Come sarebbe bello se fosse così, se fosse sempre così!
7. Ti ho riportato questo lungo e affascinante passaggio perché nel discernimento della chiamata del Signore tu possa avere ulteriori elementi per vedere ciò che è conforme ai doni di natura e di grazia che ti affascinano e che il Signore ha deposto dentro il tuo cuore
Ti assicuro la mia preghiera, ti auguro un felice tempo di Pasqua, una lucida conclusione del discernimento della tua vocazione e una felice sequela di Cristo.
Sarai molto benedetto dal Signore e saranno benedette e felici anche le persone che il Signore metterà sui tuoi passi.
Ti abbraccio e ti benedico.
Padre Angelo