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Quesito

Salve, Padre Angelo,
mi permetto ancora di scriverle al proposito della preghiera.
Infatti, ho notato che quando si prega in lingue (latino, ebraico) dove non si ha diretto contatto con le parole, ci si concentra meno sulle parole e più sul Divino e l’ascesi.
Mi sembra che questo aiuti molto, infatti che faccia il Rosario in latino o il Salmo in Ebraico provo molta consolazione, cosa che con la lingua natia è molto meno presente, mi sa spiegare il motivo?
La ringrazio di cuore.
Infatti anche la preghiera del Rosario (che a volte faccio in Latino) sembra molto più efficace e provo più piacere nel farlo.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. c’è del vero in quello che dici.
In qualche modo è stata la medesima esperienza che faceva Santa Teresa di Gesù Bambino.
Essendo religiosa, era tenuta alla recita dell’Ufficio divino.
Lo recitava in latino, ed evidentemente non ne conosceva il significato.
Però proprio parlando di questa preghiera scrisse: “Faccio come i bimbi che non sanno leggere, dico molto semplicemente al buon Dio quello che gli voglio dire, senza far belle frasi, e sempre mi capisce. Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il Cielo, è un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia, insomma è qualche cosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù” (Storia di un’anima, 317).

2. Tuttavia è vero che ha grande importanza anche il contatto diretto con le parole, soprattutto se non si conosce la lingua in cui vengono proferite. 
Questo per vari motivi.
Innanzitutto perché queste preghiere, soprattutto quelle della liturgia della Chiesa, sono la preghiera stessa di Cristo.
Si tratta di una preghiera che preghiera è nutrimento e istruzione per la nostra anima.
Nello stesso tempo veicola i pensieri e i sentimenti del cuore. 

3. Come diceva Sant’Agostino, e come ripeteva San Tommaso d’Aquino, la preghiera non serve ad istruire Dio ma a cambiare noi, per renderci degni di accogliere quanto Dio già decretato di darci.
Ora le parole stesse del Signore ci dicono che cosa dobbiamo cambiare per essere degni delle sue promesse.

4. Inoltre c’è il pericolo di rimanere chiusi in una preghiera solo soggettiva.
Mentre l’aderenza alle parole ci rende solleciti della necessità di tutti: dei giusti e dei peccatori, di coloro che sono vicini e di coloro che sono lontani.
Le parole stesse del Signore allargano il nostro cuore e mettono la nostra preghiera in sintonia con la sua.

5. Santa Teresa di Gesù Bambino ricordava che talvolta ci sentiva arrida ed era proprio la preghiera vocale, fissata sulle parole che proferiva, a renderla subito più fervorosa. 
Scrive infatti: “Qualche volta, se il mio spirito è in un’aridità così grande che mi è impossibile trarne un pensiero per unirmi al buon Dio, recito molto lentamente un Padre nostro e poi il saluto angelico; allora queste preghiere mi rapiscono, nutrono l’anima mia ben più che se le avessi recitate precipitosamente un centinaio di volte.
La Santa Vergine mi mostra che non è affatto sdegnata con me, non manca mai di proteggermi appena l’invoco. Se mi sopravviene una preoccupazione, una difficoltà, subito mi volgo a lei, e sempre, come la più tenera delle madri, ella prende cura dei miei interessi. Quante volte parlando alle novizie mi è accaduto di invocarla e sentire i benefizi della sua protezione materna” (Storia di un’anima, 317).

6. Bisogna aggiungere tuttavia che anche nella preghiera non tutti hanno la medesima indole. Per cui qualcuno si trova meglio seguendo la tua strada, altri seguendone un’altra.
Salva la preghiera comune che necessariamente deve essere uniforme, è necessario lasciare che ognuno si esprima nel modo che maggiormente favorisce la sua devozione.
Anche questo fa parte del pluriforme modo di avvicinarsi a Dio secondo la bella espressione di Sant’Agostino: “Vedevo la Chiesa popolata di fedeli che avanzavano, l’uno in un modo, l’altro in un altro” (alius sic, alis sic ibat)” (Confessioni, VIII, 1,2).

Ringraziandoti per la tua preziosa testimonianza, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo