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Quesito
Buongiorno padre, volevo ringraziarla per il servizio utilissimo che compie con queste email.
Volevo raccontarle la mia storia, e i miei dubbi.
Nella mia vita ho sempre avuto una religiosità di facciata, e non mi sono mai troppo preoccupato di quello che facevo. Qualche anno fa tuttavia ho avuto una esperienza che mi ha dato il dono di una fede vera, che credo essere autentica. Con essa ho iniziato a confessarmi, e a rendermi gradatamente conto dei gravi peccati commessi precedentemente. Le confessioni fatte, non erano mai complete: o esse erano fatte "a rate", oppure ho taciuto completamente alcuni peccati, oppure mi sono limitato a dirli molto genericamente, senza specificare le loro aggravanti e i particolari.
Questo è andato avanti per molto tempo, fino a quando, esausto e quasi disperato della mia situazione di non serenità, ho trovato il coraggio di andare da un sacerdote sconosciuto, dietro una grata, e di fare una confessione generale. Tuttavia la pace anche in questo caso è durata poco: ben presto mi sono accorto di non aver detto tutto per dimenticanza, e i dubbi sulla mia buona fede mi hanno ri-assalito. Sempre più deciso a tagliare col mio passato, mi sono segnato su una lunga lista tutti i miei peccati del passato, e ho trovato il coraggio di rifare una confessione generale dettagliata e sincera, fatta per bene. Questo certamente mi ha aiutato molto.
Tuttavia ogni tanto i dubbi si ripresentano. E a volte mi accorgo che, tuttora, per vergogna compio alcune imperfezioni nella confessione, come ad esempio mascherare parzialmente il tempo preciso dall’ultima confessione fatta (se troppo corto o troppo lungo).
Uno degli ultimi dubbi che mi sono venuti è se abbia commesso colpa quando mi è capitato di raccontare (in buona fede) a persone di famiglia, le esperienze o gli insegnamenti che mi ha detto il confessore.
Accennandone al sacerdote durante l’ultima confessione, esso mi ha dato l’assoluzione generale per il passato, tuttavia l’ossessione di aver parzialmente tralasciato "volontariamente" qualcosa per vergogna o dimenticanza, o di non essere stato corretto fino in fondo, non mi fa sentire ancora completamente sereno (mi fa pensare che essa non sia valida), anche se ora va molto meglio rispetto all’inizio. E dico "volontariamente", in quanto non lo faccio per malizia vera e propria, ma per una specie di blocco che mi viene nelle situazioni di tensione e disagio, del quale mi pento subito dopo.
Sono sicuro che a questa inquietudine contribuisca anche il diavolo, perchè io sono veramente pentito, e non vedo l’ora di sentirmi sereno, in grazia.
Vista la sua esperienza, mi basta un suo consiglio, su come mi devo comportarmi, se secondo lei sono già in grazia e non devo proprio più pensare al passato (ma solo a quelli commessi dall’ultima confessione), e su come affrontare questi dubbi.
E mi scuso per la lunga lettera.
Grazie mille, per una sua eventuale risposta
Salve
Risposta del sacerdote
Carissimo,
le tue due confessioni generali sono perfettamente valide.
Era già valida la prima, anche se avevi dimenticato qualcosa. Il Magistero della Chiesa dice che è necessario l’integrità dell’accusa per quanto il penitente se ne ricorda.
Se per caso dopo l’assoluzione gli viene in mente di aver dimenticato un peccato, non deve farsene un’ossessione. Può continuare a fare la Santa Comunione e nella successiva confessione dirà: la precedente confessione era una confessione generale e ho dimenticato di dire un peccato grave, che è questo…
In questo caso non è necessario ripetere di nuovo tutto. Infatti nella disposizione del suo animo il penitente voleva dire tutto. Solo che si è dimenticato qualcosa.
Diverso invece sarebbe stato il caso in cui tu volontariamente avessi taciuto un peccato grave. Qui avresti compiuto un sacrilegio.
Per la seconda assoluzione: il sacerdote ha detto di averti dato un’assoluzione generale. Dunque, tutto è stato assolto e pertanto devi stare tranquillo.
Dici che nella confessione compi alcune imperfezioni circa il tempo dall’ultima confessione. A proposito di questo: è necessario dire all’incirca il tempo perché il sacerdote si faccia un’idea della situazione.
Tu puoi ovviare alle bugie dicendo: “non è molto che mi sono confessato, al massimo una settimana fa”. Oppure: “è solo da qualche giorno che mi sono confessato”. Oppure: “è circa una settimana che mi sono confessato l’ultima volta” (anche se sono solo sei giorni…). Oppure: “mi sono confessato la scorsa settimana” (magari sei al lunedì e ti sei confessato il venerdì precedente).
Ma non vado oltre, perché ho l’impressione di insegnarti dei trucchi “gesuiteschi”.
Sarebbe molto più bello e candido dire: “guardi, sono solo due giorni che mi sono confessato, ma non potevo resistere perché mi trovo in peccato grave”.
Ho l’impressione però che tu sia portato agli scrupoli, e questi vanno cacciati via perché turbano l’anima e non aiutano a progredire.
Il nostro avversario cerca di approfittare di questa tendenza, per mettere scompiglio nelle anime. Don Bosco diceva: “Tutto ciò che turba e porta via la pace, non viene da Dio”.
Ormai sul tuo passato non tornare più. Hai detto tutto e il sacerdote ha capito. Ti ha dato un’assoluzione per tutto il tuo passato.
Anche a me capita di fare così, soprattutto quando penso che il penitente venga successivamente sorpreso da qualche scrupolo.
Dici di aver riferito in famiglia quanto ti ha detto il confessore. Di per sé è lui che è tenuto al segreto, e non tu.
Tuttavia, se ti ha dato dei consigli o ha detto delle parole che da altri potrebbero essere malintese, non rivelare nulla.
Il sacerdote non può difendersi su quanto ha sentito in confessione. Non può dire: è lui che è venuto a dirmi questo e questo e io gli ho risposto così e così…
Se invece lo hanno messo in buona luce, non farti scrupoli. Ma è sempre meglio tacere.
Ti accompagno con la preghiera. Ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo