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Quesito
Caro Padre Angelo,
prima di esporle le mie perplessità premetto che io sono d’accordo con tutte le norme che la Chiesa propone in materia di dogmi, di morale e di Bioetica e che mi fido molto del suo giudizio e non respingo niente di quello che dice.
Dopo aver fatto questa premessa io non riesco a darmi spiegazioni convincenti su alcune considerazioni circa la fine e l’inizio della vita: lei sa che dopo che si è fatta la diagnosi di morte cerebrale il corpo che si ha davanti non è più una persona, non ha più l’anima ma è solamente un cadavere col cuore che batte e che può essere mantenuto in vita solo grazie a delle macchine. A tale diagnosi (è bene precisarlo) si arriva dopo aver osservato l’Encefalogramma piatto e dopo aver rilevato la totale assenza di segnali dal Tronco Encefalico (questo lo si fa con diverse metodiche).
Da questo noi possiamo dedurre che un uomo con il Sistema Nervoso completamente out è morto.
Data l’importanza che riveste questo apparato in una situazione del genere con quali argomentazioni possiamo difendere il grado di persona di un embrione che non ha ancora il suo sistema nervoso? L’embriologia ci insegna infatti che l’Ectoderma, foglietto embrionale da cui incomincerà a formarsi tutto il Sistema Nervoso Centrale, lo riscontriamo a partire dall’ottavo giorno dalla fecondazione.
Anche se non sembra la mia certezza che l’embrione sia una persona dal momento della fecondazione non è assolutamente entrata in crisi, semplicemente ho bisogno di argomentazioni solide che facciano sparire l’inganno che si cela dietro queste informazioni apparentemente sapienti.
Un ringraziamento speciale per tutto
Alessandro
Risposta del sacerdote
Caro Alessandro,
1. i parametri per determinare la fine della vita non sono identici a quelli del suo affiorare, semplicemente perché nel primo caso finisce di vivere un corpo ormai sviluppato e nell’altro siamo di fronte ad un corpo in via di sviluppo.
In ogni caso: per quanto riguarda il termine della vita le tue osservazioni sono esatte.
2. La Pontificia Accademia delle Scienze, al termine di un simposio di scienziati, ha pubblicato la seguente dichiarazione:
“Una persona è morta quando ha subito una perdita irreversibile di ogni capacità di integrare e di coordinare le funzioni fisiche e mentali del corpo.
La morte sopravviene quando:
a) le funzioni spontanee cardiache e respiratorie sono definitivamente cessate,
b) o si è verificata una cessazione irreversibile di ogni funzione cerebrale.
Dal dibattito è emerso che la morte cerebrale è il vero criterio della morte, giacché l’arresto definitivo delle funzioni cardio-respiratorie conduce molto rapidamente alla morte cerebrale.
Il Gruppo ha analizzato i diversi metodi clinici e strumentali che permettono di constatare questo arresto irreversibile delle funzioni cerebrali. Per essere certi, tramite elettroencefalogramma, che il cervello è diventato piatto, vale a dire che non presenta più attività elettrica, è necessario che l’esame sia effettuato almeno due volte a distanza di sei ore” (Cfr. L’Osservatore Romano, 31.10.1985, p. 5).
3. Mi permetto di sottolineare a proposito della cessazione irreversibile di ogni funzione cerebrale che è necessario che tutte le parti interne del cervello sia morte.
Il 15.2.1991 il Comitato Nazionale di Bioetica suggeriva la seguente indicazione: “Il tempo di osservazione attualmente prescritto (12 ore) può essere ridotto a sei ore con l’impiego di alcuni esami strumentali che consentono di confermare la diagnosi di morte cerebrale ottenuta attraverso il rilievo di un EEG. piatto”.
Il 29.12.1993 il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 578 nella quale la morte viene definita come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. È l’encefalo che presiede al funzionamento dell’organismo umano. Esso consta di tre parti: il cervello, il cervelletto e il tronco cerebrale.
Finché c’è vita in qualche parte dell’encefalo, c’è anche l’anima spirituale che lo vivifica. E pertanto si è in presenza di una persona umana ancora viva, anche se ha perso molte delle sue facoltà.
4. Per l’inizio della vita umana invece le cose sono diverse. Non si può attendere la comparsa della stria primitiva (primo abbozzo del sistema nervoso che compare al 16° giorno dal concepimento) per dire che ci troviamo di fronte ad un nuovo essere umano.
Infatti dal momento del concepimento compare un essere umano con un patrimonio cromosomico assolutamente unico e irripetibile.
Inoltre questo essere umano è vivente perché si alimenta del citoplasma presente nell’ovulo fecondato, si sviluppa e possiede dentro di sé un processo di coordinazione irreversibile.
Il minimo che si possa dire è che è vivo.
Questo nessuno lo mette in dubbio.
E nessuno mette in dubbio che questo essere vivo appartenga alla specie umana.
Le conseguenze da trarre sono semplici: se è vivo ed è un essere umano, la sua anima (principio di vita) è un’anima umana.
L’anima non si identifica con il sistema nervoso o con le varie parti del cervello. Queste realtà appartengono alla sfera sensitiva dell’uomo. L’anima invece è spirituale, anche se interagisce con le parti sensitive.
Ti ringrazio per il quesito, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo