Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro Padre Angelo,
 recentemente ho approfondito la tematica della Diagnosi Prenatale ed ora la conosco abbastanza bene in tutti i suoi aspetti ed in tutti i suoi rischi.
Le mie domande sono queste:
– Un medico cristiano (ma anche non credente poiché siamo nel campo della legge naturale) può, dal punto di vista etico, praticare la diagnosi prenatale?
– A parte il rischio incredibile che corre il bambino nelle metodiche invasive se io praticassi una diagnosi prenatale sapendo che, a seconda dell’esito, la coppia potrebbe abortire non sarei complice di quell’omicidio?
La ringrazio del suo servizio
Alessandro


Risposta del sacerdote

Caro Alessandro.
1. non tutte le tecniche invasive, e cioè le tecniche che entrano dentro il corpo della madre e anche del bambino, sono inaccettabili.
Ad esempio l’amniocentesi ha una bassa percentuale di rischio per il bambino e per questo è considerata accettabile.
Così anche per la funicolocentesi o cordocentesi che consente il prelievo di sangue fetale mediante puntura del funicolo o cordone ombelicale.
Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae scrive: “Quando le tecniche diagnostiche prenatali sono esenti da rischi sproporzionati per il bambino e per la madre e sono ordinate a rendere possibile una terapia precoce o anche a favorire una serena e consapevole accettazione del nascituro, queste tecniche sono moralmente lecite” (EV 63).
“E se, come spesso avviene nelle scelte umane, un coefficiente di rischio dovrà essere affrontato, ci si preoccuperà che esso sia compensato da una vera urgenza della diagnosi e dall’importanza dei risultati con essa raggiungibili in favore del concepito stesso” (Giovanni Paolo II, 3.12.1982).

2. Le altre tecniche invasive, invece, che hanno un tasso insopportabile di abortività, sono inaccettabili.
Nessun medico dovrebbe praticarle, perché ipso facto ci si espone ad un intervento abortivo.

3. Rimane il problema per le prime due.
E qui il problema è duplice.
Il primo riguarda l’intenzione della donna, perché se “la donna richiedesse la diagnosi con l’intenzione determinata di procedere all’aborto nel caso che l’esito confermi l’esistenza di una malformazione o anomalia”, colui che si presta ad attuare la diagnosi “commetterebbe un’azione gravemente illecita”.
“Parimenti agirebbero in modo contrario alla morale il coniuge o i parenti, o chiunque altro, qualora consigliassero o imponessero la diagnosi alla gestante con lo stesso intendimento di arrivare eventualmente all’aborto.
Così pure sarebbe responsabile di illecita collaborazione lo specialista che nel condurre la diagnosi e nel comunicare l’esito contribuisse volutamente a stabilire o a favorire il collegamento tra diagnosi prenatale e aborto” (DV I,2).
Dice Giovanni Paolo II: “Accade non poche volte che queste tecniche siano messe al servizio di una mentalità eugenetica, che accetta l’aborto per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile mentalità è ignominiosa e quanto mai riprovevole, perché pretende di misurare il valore di una vita umana soltanto secondo parametri di normalità e di benessere fisico aprendo così la strada alla legittimazione anche dell’infanticidio e dell’eutanasia” (EV 63).
Il secondo è legato all’esito rassicurante della diagnosi.
Infatti le diagnosi prenatali danno esito rassicurante nel 90% dei casi. E per questo molti medici accettano di compiere le diagnosi prenatali senza chiedere alle donne se hanno intenzione di abortire in caso di diagnosi infausta.
Se infatti la donna manifestasse questa volontà, il medico non potrebbe prestarsi. E allora, a motivo della legge 194, per la donna sarebbe sufficiente ricorrere in qualsiasi consultorio pubblico per ottenere il permesso di abortire. E pertanto il medico giustamente si presta proprio per evitare aborti.
Se poi l’esito della diagnosi fosse infausto il medico deve dire non solo la verità sulla diagnosi, ma anche quella sulla dignità umana del feto, del rispetto che gli si deve, e proporre gli eventuali mezzi di sostegno, gli aiuti necessari e le strutture disponibili per una accoglienza adatta alle necessità del nascituro.

Ti ringrazio del quesito, ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo