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Quesito
Salve padre,
Ho 18 anni e mi sono da poco convertita (credo per grazia) e da li ho cominciato a vivere diversamente. Cioè il mio grafico giornaliero è cambiato da quando vado tutti i venerdì e le domeniche a messa, anche l’ora in cui vado a dormire e l’ora in cui mi alzo perché ormai recito il rosario con devozione tutti i giorni e anche le preghiere al mattino e alla sera. Avrei mille domande da farle, ma la cosa che più mi tormenta è: perché nonostante le preghiere, il sacramento della confessione, l’attenzione a non cadere nel peccato (anche se a volte succede), il digiuno che faccio il venerdì e il mercoledì, non riesco ad amare tantissimo Dio così come lui ama me?
So che pregando il cuore si apre a Dio che opera in lui secondo il suo volere.
Perché invece a me non succede? Non riesco a metterlo al primo posto nella mia vita,non riesco a pregare nel momento del bisogno, a volte mi dimentico di ringraziarlo dopo il pranzo o di rivolgermi a lui nei momenti di difficoltà. Amare Dio è una grazia che viene dal cielo che deve essere coltivata nel tempo o è un mistero irraggiungibile per i comuni mortali? Io parlo con Dio, gli comunico le mie difficoltà, a volte lo ascolto e sembra che abbia un buon rapporto con Lui, se non fosse diciamo per il fatto che non riesco a pensarlo con il fervore dovuto! A causa di questo tormento, a volte penso che il Signore non mi ami perchè magari quello che faccio non è abbastanza.. non riesco ad essere sicura di amarlo e di essere amata.
Poi ho letto anche il diario di Santa Faustina e lei diceva che il Signore le aveva fatto vedere tante crepature nel suo comportamento. Ora penso.. se lei che è una santa aveva le zone d’ombra, figuriamoci io! Forse è questo che mi impedisce di avvicinarmi al Signore? E poi cosa significa condurre una vita santa? Oltre alla confessione, i digiuni, l’Eucaristia e la preghiera per me e per gli altri, non avrei nemmeno tempo di dedicare tutto al Signore visto che comunque vivo nel mondo e vado ancora a scuola..
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. non potremo mai amare Dio quanto Dio ama noi. Dio è infinito e il suo modo di amore è infinito e indicibile.
Noi siamo creature. Siamo esseri finiti.
Anche il nostro modo di amare – per quanto infuso da Dio insieme con la grazia (Rm 5,5) – rimane sempre limitato e finito.
Sotto questo aspetto è anche provvidenziale che sia così perché così possiamo crescere sempre di più nel suo amore.
2. Devo dire anche che la carità è un amore soprannaturale che Dio infonde in noi e ci fa gravitare verso di Lui.
Essendo soprannaturale, la carità non può crescere semplicemente per la nostra buona volontà.
Ebbene, il Signore ormai da diverso tempo sta disponendo la tua vita ad amarlo sempre di più con tutto il cuore.
Le varie pratiche che fai ogni giorno sono suscitate dallo Spirito Santo proprio in ordine a questo.
3. Mi piace fare un riferimento a San Domenico, nostro Padre nell’Ordine domenicano.
Ogni giorno chiedeva a Dio una carità sempre più grande.
Fai anche tu la stessa cosa.
Tutte le pratiche che fai, anzi, tutte le azioni che compi nella giornata siano disposte a questo: per chiedere a Dio di donarti ogni giorno una carità sempre più grande.
E poiché le virtù si ravvivano superando le contrarietà (e non solo con i sospiri dell’anima) il Signore permetterà che capitino delle contrarietà proprio perché diventiamo più capaci di superare ogni avversità per amore suo.
4. Non dobbiamo misurare la nostra capacità di amare Dio con il sentimento che proviamo nel cuore.
I sentimenti sono di ordine sensibile e quindi materiale.
La carità invece è di ordine soprannaturale. Pertanto potrebbe essere molto alta senza essere accompagnata dai sentimenti.
5. Il criterio per verificare il nostro amore per il Signore è la conformità alla sua volontà, ai suoi comandamenti e alle sue ispirazioni.
Noi possiamo dire di amare Dio con tutto il cuore solo quando ogni nostro affetto sia per le cose sia per le persone è per il Signore.
San Paolo dice: “Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1 Cor 10,31).
6. Ora mettendo insieme ciò che dice San Paolo e ciò che si trova nella vita di Santa Faustina ognuno di noi può vedere quanto imperfetto (per usare un eufemismo!) sia il nostro amore per il Signore.
Tante nostre azioni non sono dirette all’amore del Signore né gli possono essere gradite e offerte perché sono un peccato.
Di qui la necessità di essere continuamente purificati e rinforzati dalla sua misericordia, come avviene in particolare nel sacramento della Confessione.
7. Per l’ultima domanda che mi hai fatto, ma anche per l’insieme delle tue domande, è illuminante il passo di San Tommaso che ora ti presento:
“La perfezione della carità si può intendere in due modi: da parte dell’oggetto amato (Dio) e da parte del soggetto che ama.
Da parte dell’oggetto amato la carità è perfetta quando esso è amato quanto è amabile. Ma poiché Dio è tanto amabile quanto è buono, e la sua bontà è infinita, ne segue che è infinitamente amabile. Nessuna creatura dunque può amarlo infinitamente poiché ogni virtù creata è limitata. Perciò in questo senso non può essere perfetta la carità di nessuna creatura, ma lo è solo la carità con la quale Dio ama se stesso.
Da parte del soggetto che ama, la carità è perfetta quando esso ama quanto gli è possibile amare. E questo si può verificare in tre modi:
Primo, perché tutto il cuore dell’uomo è continuamente concentrato in Dio. E questa è la perfezione che la carità raggiunge nella patria e che non è possibile in questa vita per la fragilità umana, che non permette di pensare continuamente a Dio e di amarlo senza interruzioni.
Secondo, quando l’uomo impiega ogni sua capacità nel tendere a Dio e alle cose divine, dimenticando tutto il resto, per quanto glielo permettono le necessità della vita presente. E questa è la perfezione della carità possibile in questa vita, sebbene non si realizzi in tutti coloro che possiedono la carità.
Terzo quando l’uomo mette abitualmente tutto il suo cuore in Dio in modo che non pensa a nulla che sia contrario all’amore divino. E questa è la perfezione comune fra coloro che vivono nella carità” (Somma teologica, II-II, 24, 8, ad 3).
8. Pertanto in te non si richiede di aggiungere nuove pratiche, ma di aver il cuore sempre rivolto verso il Signore nel terzo modo indicato da San Tommaso.
E cioè in modo tale da “non pensare a nulla che sia contrario all’amore divino”.
Ti auguro una bella festa dell’Assunta, ricca di grazie.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo