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Quesito

Caro Padre Angelo,
ho bisogno di una guida spirituale per comprendere quanto mi sta accadendo. Mio marito ha deciso di lasciarmi e vuole procedere con la separazione legale (quella materiale già l’ha pretesa ed ottenuta). Io mi sento in uno stato di prostrazione e depressione, amo mio marito e sono disposta a qualsiasi cosa pur di ritornare sul nostro cammino. Lui dice di non voler tornare più indietro. Io sono profondamente convinta della sacralità e dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale e continuo a ripetergli che non basteranno documenti ed istanze di separazione a mutare la nostra condizione di sposi che ci deriva da Cristo e dall’impegno assunto con Lui di essere sempre l’uno per l’altra. Gli continuo a ripetere che se dovesse affiancarsi ad un’altra donna sarebbero entrambi nel peccato e che quella donna non sarebbe mai sua moglie, perché io lo rimarrò per sempre. Ogni volta che affronto questo argomento mi chiama bigotta (mio marito è credente e da quel che mi risulta continua a partecipare alla messa) e dice che le mia argomentazioni sono da medioevo. Io vorrei innanzitutto capire, anche alla luce del recente sinodo sulla famiglia, quanto le mie motivazioni sono giuste, se è ancora da ritenersi indissolubile il vincolo del matrimonio, come si può farlo sentire tale e quali argomentazioni a sostegno possono essere portate, insomma come posso fargli capire che sta sbagliando. "Non osi separare l’uomo ciò che Dio unisce". Come posso fargli sentire il peso di questo monito? Io non penso che il Sinodo abbia potuto svilire il matrimonio decretando la possibilità di ricorrere alla separazione e liberando le coscienze da ogni colpa. E dunque se cosi fosse, mi chiedo se esista un metodo, un percorso che possa mettere un cristiano di fronte alle sue responsabilità. Lo so è solo un problema di coscienza, ma come risvegliarla? Al riguardo aprirei un’altra questione: io sto pregando (e le mie preghiere non sono isolate, tanti pregano insieme a me) perché Dio ci aiuti a riprendere il nostro cammino nel matrimonio, ma mi chiedo, anzi mi tormento in tal senso, come si conciliano le mie insistenti e continue preghiere con il fatto che Dio ci lascia liberi e che pertanto mio marito non sarà in alcun modo "costretto" da Dio a cambiare idea; insomma, hanno un fondamento le mie preghiere che sono dirette a chiedere a Dio che il matrimonio non si sciolga. Le assicuro che pure non essendo io la parte attiva in questa decisione (nel senso che subisco mio malgrado) e pur avendo tentato e proposto di tutto per risolvere i problemi che mio marito reputa essere la causa di questa insanabile frattura, io mi sento parimenti colpevole di quanto produrrà una separazione legale. Mi sento sin d’ora non vittima, ma corresponsabile.  Mi chiedo: io continuo a comunicarmi, ma sono e soprattutto sarò indegna di ricevere l’Eucarestia? Vorrei continuare, ma già l’ho disturbata a sufficienza.
La ringrazio per una sua risposta.
Cari saluti


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. c’è un passaggio nel documento emanato dal papa dopo il Sinodo dei Vescovi che fa per il tuo caso. Le sottolineature sono mie.
 “I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale.
Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione» (FC 84).
C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di «coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (FC 84).
 Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia.
I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei Pastori deve sempre farsi «distinguendo adeguatamente» (Relativo Synodi, 26) con uno sguardo che discerna bene le situazioni (Ib., 45). Sappiamo che non esistono «semplici ricette» (AL 298).

2. Ma al di là di questa affermazione di Amoris laetitia rimangono eternamente nella pienezza del loro significato le parole pronunciate da Dio quando si è fatto carne: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” (Mc 10,11-12).
Sono queste le parole dalle quali deve partire ogni nostra discussione o elaborazione.
La teologia la si fa partendo da quello che ha detto Dio.
Quando questo non è il punto di partenza, è facile col fare di quello che passa per la nostra mente, magari corrotta da un cattivo comportamento, il criterio veritativo.
Ma questo non ha alcuna garanzia.

3. Desidero ricordare anche quanto dice il catechismo della Chiesa cattolica: “Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte. Il divorzio offende l’Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente:  «Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un’altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un’altra» (San Basilio di Cesarea, Moralia, regola 73)” (CCC 2384).

4. Sono discorsi medievali?
Gesù è ancora più in là del medio evo. E tuttavia, come ha detto Dio, “Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!” (Eb 13,8).
È Colui che ha detto: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35).
E da Lui saremo giudicati.

5. Hai fatto bene a ricordare a tuo marito che se si mettesse assieme ad un’altra donna questa non diventerebbe mai sua moglie.
È con te e solo che te che è diventato una cosa sola, sancita e benedetta da Dio.

6. Da parte tua continua a fare la Santa Comunione.
Ti è di grande aiuto in questo momento per vivere queste vicende con i sentimenti di Gesù e per superarle con la sua forza.
Che anche tu possa dire insieme con san Paolo: “Io posso tutto in Colui che mi dà la forza” (Fil 4,13).

Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo