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Quesito

Reverendissimo padre,
gradirei molto avere una risposta in merito a una mia perplessità. Oggigiorno ha ancora senso nell’ambito della vita cristiana ricorrere a pratiche di mortificazione corporale, come per esempio portare il cilicio o autoflagellarsi? È considerata dalla Chiesa un valore aggiunto, oppure un retaggio di un messaggio sbagliato? Le faccio questa domanda perché in una congregazione religiosa, della quale non riporto il nome per discrezione, si consigliava vivamente ai confratelli di indossare il cilicio. È risaputo che anche molti religiosi e laici ricorrano a queste pratiche, ma costituiscono davvero un espediente utile per il cammino verso la santità?
Augurandole pace e serenità, la ringrazio infinitamente per la pazienza nel leggere il mio quesito.
Daniele Maria


Risposta del sacerdote

Caro Daniele Maria,
1. prima di parlare delle forme specifiche di penitenza, è necessario dire una parola sull’importanza di questa pratica.
Va ricordato innanzitutto che Gesù Cristo ha iniziato la sua predicazione evangelica dicendo: “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15).
Il convertitevi in passato era tradotto con fate penitenza.
Legare la penitenza al Vangelo fa comprendere che per entrare nel regno di Dio e godere dei beni che ci vengono portati dal Signore richiede un cambiamento profondo e totale della vita, un rinnovamento di tutto l’uomo, di tutto il suo sentire, del suo giudicare e del suo agire. Tutto ormai viene visto in ordine alla santità, che si esprime in una carità sempre crescente verso Dio e verso il prossimo.

2. La penitenza evoca poi il concetto di espiazione. Proprio in ordine alla redenzione Cristo si è sottoposto alla passione alla morte.
Ugualmente anche quelli che sono di Cristo volentieri accettano le penalità della vita presente in espiazione dei propri peccati e a favore della chiesa, della conversione di molti (cfr. Col 1,24).

3. Infine va ricordato che la penitenza si impone per le conseguenze lasciate in noi dal peccato originale, vale a dire per le inclinazioni al male che spingono verso una direzione contraria da quella che porta a Dio (cfr. Rm 7,18-19).

4. Fatte queste premesse, si comprende quanto Papa Paolo VI ha scritto nella costituzione apostolica Poenitemini: “La vera penitenza non può prescindere, in nessun tempo, da una ascesi anche fisica: tutto il nostro essere, infatti, anima e corpo, anzi tutta la natura, anche gli animali senza ragione, come ricorda spesso la Sacra Scrittura, deve partecipare attivamente a questo atto religioso con cui la creatura riconosce la santità e maestà divina. (…).
Tale esercizio di mortificazione del corpo, ben lontano da ogni forma di stoicismo, non implica una condanna della carne, che il Figlio di Dio si è degnato di assumere; anzi, la mortificazione mira alla «liberazione» dell’uomo, che spesso si trova, a motivo della concupiscenza, quasi incatenato dalla parte sensitiva del proprio essere; attraverso il «digiuno corporale» l’uomo riacquista vigore e «la ferita inferta alla dignità della nostra natura dall’intemperanza, viene curata dalla medicina di una salutare astinenza»”.

5. La chiesa nella sua disciplina, tenendo presente le situazioni concrete in cui si trovano le persone, indica penitenze tutto sommato leggere.
E ricorda nello stesso tempo che se queste penitenze fossero di ostacolo al raggiungimento di beni importanti e soprattutto all’esercizio della carità vanno tralasciate o mutate.

6. Va tenuto presente anche che la penitenza viene ricondotta in qualche modo anche all’esercizio della temperanza e che la giusta misura nell’esercizio di questa virtù è essenzialmente soggettiva. Ciò significa che non non si possono dare criteri identici per tutti.
Qualcuno avrà bisogno di un certo tipo di penitenze e dovrà tralasciarne altre.
Al contrario, qualcun altro dovrà agire all’opposto.
Venendo alla tua domanda concreta va riconosciuto che alcune situazioni sono cambiate. Ad esempio in passato alcuni per penitenza dormivano sul pavimento.
Ma un tempo i pavimenti erano prevalentemente in legno e pertanto erano in qualche modo isolanti. I pavimenti oggi sono quasi dappertutto in piastrelle e se uno volesse dormire per terra facilmente si prenderebbe una sciatica.
Tu hai menzionato il cilicio. Non oso affermare che il cilicio abbia perso il suo significato. Stando a testimonianze vicine a noi sappiamo che Papa Paolo VI lo portava.

7. Tuttavia mi pare interessante riportare quanto scrive San Francesco di Sales, grande pastore e maestro di vita spirituale: “Non ho mai approvato il metodo di coloro che per riformare l’uomo cominciano dall’esterno: dal contegno, dall’abito, dai capelli. Mi sembra che si debba cominciare dal di dentro: convertitevi a me con tutto il cuore, dice Dio. Figlio mio, dammi il tuo cuore; e questo perché è il cuore la sorgente delle azioni, per cui le azioni sono secondo il cuore.
Lo Sposo divino invita l’anima e le dice: mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio. È proprio vero perché chi ha Gesù nel cuore lo ha ben presto anche in tutte le azioni esteriori” (Filotea, III, 23).

8. Più avanti scrive: “A tal fine eccoti alcuni consigli.
Se sei in condizione di sopportare il digiuno, farai bene a digiunare qualche giorno in più di quelli che comanda la Chiesa; perché, oltre all’effetto ordinario del digiuno, che è quello di liberare lo spirito, sottomettere la carne, praticare la virtù e accrescere l’eterna ricompensa in cielo, il digiuno ci dà modo di dominare i nostri appetiti, e mantenere la sensualità e il corpo sottomessi allo spirito; e anche se i digiuni non saranno molti, il nemico quando si accorgerà che sappiamo digiunare, ci temerà di più” (Ib.).

9. Poi però aggiunge: “Ripeto volentieri quanto dice San Girolamo a Leta: i digiuni lunghi ed esasperati mi indispongono molto, soprattutto se sono effettuati da persone in giovane età. Ho sperimentato che il somarello fiacco cerca di deviare dal sentiero; ossia, i giovani che si ammalano per digiuni eccessivi, si girano facilmente verso le cose delicate. (…).
La mancanza di misura nei digiuni, nella flagellazione, nell’uso del cilicio, nelle asprezze rende molte persone incapaci di consacrare gli anni migliori della vita ai servizi della carità; questo avvenne anche a San Bernardo che si pentì in seguito di aver abusato di penitenze troppo dure; chi ha trattato con troppa durezza il proprio corpo all’inizio, finirà con blandirlo alla fine” (Ib.).

10. Per questo Paolo VI dice che la prima forma di penitenza consiste nell’essere fedeli al proprio dovere: nell’agire con puntualità, con competenza, sopportando per amore del Signore la fatica e le varie contrarietà.
Mi piace anche aggiungere che secondo la Sacra Scrittura è migliore cosa l’obbedienza che il sacrificio: “Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici
quanto l’obbedienza alla voce del Signore?
Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti” (1 Sam 15,22).
Senza alcun dubbio queste due forme di penitenza sono più purificanti e più santificanti.

Con l’augurio di ogni bene, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo