Questo articolo è disponibile anche in: Italiano
Quesito
Caro Padre Angelo,
Buongiorno padre, vi chiedo come mai il Cantico dei Cantici è parola di Dio. Visto alcune espressioni e contenuti diversi dagli altri libri biblici.
La ringrazio
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. sì, questo libro usa il linguaggio di un amore passionale e per questo ha creato stupore.
Ciò nonostante, la Chiesa fin dall’inizio l’ha sempre considerato come parte della Sacra Scrittura. Del resto, anche gli ebrei lo consideravano tale.
È tra i libri protocanonici, vale a dire ritenuti ispirati da tutti e da sempre e non tra i cosiddetti deuterocanonici, cioè tra quelli che solo in un secondo momento sono stati considerati ispirati.
2. Va detto anche che fin dall’inizio tanto gli ebrei quanto i cristiani hanno interpretato il Cantico dei Cantici in senso figurato, intendendo parlare dell’amore di Dio per il suo popolo e dell’amore di Cristo per la Chiesa.
Il primo dei profeti a parlare dei rapporti tra Dio e il suo popolo con il simbolo dell’amore coniugale è stato Osea (2,4-20). In seguito, ne hanno parlato anche Isaia (54,5ss), Geremia (2,2; 3,1ss) ed Ezechiele (16,6ss).
3. Nel suo commento ai libri sapienziali il padre Giuseppe Girotti scrive: “Il documento esegetico ebraico più antico di questa interpretazione allegorica del Cantico si trova nel quarto libro di Esdra, apocrifo del tempo di Domiziano (della fine del I secolo d.C., n.d.r.), ove il popolo di Israele viene nominato con il nome di giardino, giglio, colomba, proprio come la sposa del nostro Cantico.
Questa esegesi è stata confermata dal Targum e dal Talmud, i quali ritengono che in tutto il Cantico lo sposo è Dio e la sposa Israele; e quando il Targum ci dice che la lettura liturgica del Cantico si faceva all’ottavo giorno di Pasqua, suppone che il poemetto è proprio indicato per ricordare il grande amore di Dio per il suo popolo” (Introduzione al Cantico dei Cantici, cfr. I sapienziali, p. 188).
4. Soggiunge p. Girotti: “Come per gli ebrei, così per i Santi Padri il Cantico era un libro che doveva interpretarsi in senso figurato. Ma il popolo eletto essendo stato rigettato dopo la morte del Messia, l’esegesi cristiana fece una trasposizione: lo sposo è il Cristo e la sposa è la Chiesa. Questa trasposizione si poteva fare tanto più a buon diritto in quanto molti ebrei stessi riconoscevano nello sposo il Messia” (Ib.).
5. Iniziando a commentare il Cantico, il padre Girotti scrive ancora: “Dall’introduzione risulta chiaro che il Cantico è difficilissimo a spiegarsi, onde prima di cominciare la nostra succinta esposizione ci sentiamo molto cruciati e temiamo che ci si rivolga il rimprovero che fece un giorno Sant’Agostino ai Donatisti: Perché volete spiegare ciò che non si comprende neppure da noi? Il Cantico dei Cantici è un lungo enigma: assai pochi lo penetrarono, pochissimi di quelli che bussano alla porta penetrano nel mistero” (Ib., p. 196).
6. E riporta anche quanto ha osservato Antonio Martini (1721-1809), arcivescovo di Firenze, grande studioso e traduttore della Bibbia in italiano: “Questo libro è talmente pieno di altissimi sensi, che secondo che quando uno vuol porsi a svilupparlo, per così dire, e a decifrarlo offre un complesso ed una copia tale di sublimissimo scienza, che a dismisura cresce il lavoro tra mano, e talvolta nell’abbondanza delle cose, che dir si possono, l’animo confuso e perplesso s’arresta” (Ib., p. 196).
7. Per chi obietta che il linguaggio appassionato del Cantico disdice a Dio, figurato nello sposo, padre Giuseppe Girotti scrive: “Nessuna meraviglia che lo Spirito Santo abbia giudicato bene di servirsi della più ardente pittura dell’amore umano per esprimere i sentimenti soprannaturali del più alto e più casto misticismo, perché l’amore di Dio per le sue creature è di ordine intellettuale, ed è un fatto di quotidiana esperienza che non si può parlare di cose intellettuali che per metafora o mediante cose sensibili. Conseguentemente presso tutti i popoli, l’amore terreno servirà a rappresentare l’amore celeste” (Ib., p. 190).
8. E riferisce quanto ha scritto Santa Teresa d’Avila: “Non dovete per nulla meravigliarvi quando incontrate nella Scrittura espressioni verissime dell’amore di Dio per gli uomini… ciò che mi meraviglia molto di più che non le parole del Cantico e mi fa andare fuori di me, è ciò che l’amore di Gesù gli ha fatto soffrire per noi. Sono ben lontana dall’essere sorpresa dalle parole di tenerezza del Cantico. No, non vi sono espressioni troppo forti; esse non si avvicinano neppure all’affetto che questo divino Salvatore ci ha testimoniato durante tutta la sua vita e con la sua morte” (Ib., pp. 190-191).
9. Il fatto che tanto gli ebrei quanto la Chiesa l’abbiano inserito tra i libri sacri e ispirati da Dio e ne abbiano fatto uso in modo particolare nella liturgia obbliga a riconoscere lo scopo religioso e mistico del poemetto, andando dunque ben aldilà di una lettura puramente materiale, che nel nostro caso sarebbe del tutto fuori luogo.
Con l’augurio che tu possa leggerlo con il commento dei più bravi mistici della spiritualità cristiana, ti saluto, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo