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Quesito
Caro Padre Angelo ,
ho letto con grande interesse la risposta da lei data al quesito sull’uso del preservativo in caso di AIDS, e la ringrazio per la consueta chiarezza e profondità con cui ha trattato l’argomento.
Prendo anch’io spunto dall’ormai nota intervista al Card. Martini (che, devo ammettere, mi ha destato qualche perplessità – ma di questo, forse, le chiederò in altro momento) per porle un quesito sulla delicatissima questione del destino degli embrioni congelati, tragico frutto della pratica della fecondazione artificiale.
Leggendo diversi articoli in questi mesi, mi è parso di capire che la Chiesa non si sia ancora pronunciata in modo ufficiale, anche se autorevoli prelati hanno espresso le loro opinioni in proposito.
Escludendo, come assolutamente inaccettabili, la soppressione degli embrioni e la loro destinazione alla ricerca scientifica (che li equiparerebbe a materiale da laboratorio qualsiasi), che cosa resta da fare? Consentire la loro adozione (accettando così una fivet eterologa, come sostengono, ad es., il Movimento per la vita ed il teologo padre T. Williams), oppure no (come sostiene il Card. Caffarra) e conservarli a tempo indeterminato, attendendone, di fatto, la morte? Le motivazioni di entrambi i punti di vista mi sembrano convincenti e sinceramente mi pare si sia giunti ad una situazione di “stallo morale”, uno stallo causato – occorre ribadirlo – dalla intrinseca inammissibilità della fecondazione artificiale.
Qual è la sua opinione su questa delicata materia?
Cordiali saluti ,
Pietro Demattei
Risposta del sacerdote
Caro Pietro,
su questa materia è necessario conoscere il problema anzitutto sotto il profilo scientifico. Il giudizio etico è conseguente.
1- Sotto il profilo scientifico: I danni della crioconservazione (= congelamento degli embrioni)
L’Istruzione Donum Vitae avverte che le tecniche di crioconservazione risultano molto rischiose per l’integrità e la sopravvivenza degli embrioni, la maggioranza dei quali muore o subisce danni irreparabili in fase di congelamento o di scongelamento (DV I,6).
Oltre a questi effetti immediati, studi recenti su modelli animali hanno evidenziato in adulti provenienti da embrioni congelati differenze significative in aspetti morfofunzionali e comportamentali.
Nonostante questi dati allarmanti, alcune legislazioni non pongono limiti al numero di embrioni da produrre in vitro e quindi la situazione più comune è che se ne abbiano in soprannumero, e di conseguenza vengano crioconservati.
2- L’immoralità della crioconservazione
Ma, a prescindere dalla pericolosità della metodica per l’integrità e la sopravvivenza dell’embrione, il congelamento è lesivo della dignità della persona umana. Infatti l’immoralità del congelamento degli embrioni umani deriva dal fatto che attua un dispotismo inaccettabile nei confronti della persona umana nei primi tempi della sua esistenza.
Per diritto naturale l’embrione umano, vale a dire la persona umana nei primi tempi della sua esistenza, ha un luogo dove abitare, ed è il grembo materno, dove gode del calore fisico e morale della madre.
Ebbene, qui
1°. non solo lo si sottrae dalla sua naturale abitazione per metterlo fuori (un bidoncino!),
2°. ma lo si arresta nel suo naturale sviluppo (le conseguenze che patirà un domani in parte ci sono note, come gli handicap morfofunzionali e comportamentali, e altre non ancora. Sappiamo però che la natura si ribella sempre alle violenze che le si fanno),
3° e soprattutto lo si estromette dal consorzio degli uomini. Lo si mette in attesa, in parcheggio. Si vedrà cosa farne.
Ora quale persona può usare di un’altra persona in questo modo? Questo è il peggiore dei dispotismi!
Ha ragione la Donum Vitae a dire che questo tecnica esprime un atteggiamento dispotico (DV I,6).
3- A questo punto ci si domanda che cosa si possa fare degli embrioni congelati. La risposta è non solo chiara, ma chiarissima: non si devono affatto congelare.
Non si può rendere legittimo il crimine, e poi domandarsi che cosa si deve fare per porvi rimedio.
La soluzione di darli in affido a chi li chiede non è una soluzione senza problemi.
Infatti da una parte incrementa la mentalità che poi non è un male così grave perché c’è qualcuno che sarebbe disposto ad accoglierli.
Inoltre la salute di questi bambini (perché gli embrioni sono bambini! Tant’è vero che nessuna donna dice: “ho un embrione nel mio grembo, ma ho un bambino!”) è già seriamente e colpevolmente compromessa. A che cosa li si espone?
4. Il Card. Martini ha detto: “Là dove c’è un conflitto di valori, mi parrebbe eticamente più significativo propendere per quella soluzione che permette a una vita di espandersi piuttosto che lasciarla morire. Ma comprendo che non tutti saranno di questo parere. Solamente vorrei evitare che ci si scontrasse sulla base di principi astratti e generali là dove invece siamo in una di quelle zone grigie dove è doveroso non entrare con giudizi apodittici”.
Il cardinale si esprime in maniera cauta, evidentemente perché teme di sbagliarsi.
Al suo ragionamento però si può obiettare:
1°. È vero che c’è un conflitto di valori. Ma questo conflitto è stato causato, voluto, perseguito. Ebbene: non si può legittimare il male e poi dire: adesso abbiamo il conflitto di valori e dobbiamo porvi rimedio!
2°. È giusto dire che è più significativo che la vita si espanda piuttosto che lasciarla morire. E allora fatto il guasto, e cioè messo il bambino fuori del posto dove lo vuole la natura, si rimedi mettendolo dove la natura ha stabilito, e cioè nel grembo della propria madre!
3°. La Donum vitae dice che “in conseguenza del fatto che sono stati prodotti in vitro, questi embrioni non trasferiti nel corpo della madre e denominati ‘‘soprannumerari’, rimangono esposti a una sorte assurda, senza la possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente perseguibili” (DV I,5).
5. Il Card. Martini sa che “non tutti saranno di questo parere”.
E io, caro Pietro, ti ho espresso il mio.
Anzi, ti dirò che se avessi avuto l’opportunità di un’intervista da pubblicare sull’Espresso non avrei esitato a manifestare un pò di parresia dicendo che non è lecito per nessun motivo congelare gli embrioni. E conseguentemente che non è lecito neanche porre le premesse per giungere a questa situazione imbarazzante e aberrante.
Giovanni Paolo II in Veritatis splendor dice: “Sarebbe un errore gravissimo concludere… che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle, si dice, concrete possibilità dell’uomo: secondo un “bilanciamento dei vari beni in questione”. Ma quali sono le “concrete possibilità dell’uomo”? E di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo? Poiché è di questo che si tratta: della realtà della redenzione di Cristo. Cristo ci ha redenti! Ciò significa: Egli ci ha donato la possibilità di realizzare l’intera verità del nostro essere; Egli ha liberato la nostra libertà dal dominio della concupiscenza. E se l’uomo redento ancora pecca, ciò non è dovuto all’imperfezione dell’atto redentore di Cristo, ma alla volontà dell’uomo di sottrarsi alla grazia che sgorga da quell’atto. Il comandamento di Dio è certamente proporzionato alle capacità dell’uomo: ma alle capacità dell’uomo a cui è donato lo Spirito Santo; dell’uomo che, se caduto nel peccato, può sempre ottenere il perdono e godere della presenza dello Spirito” (VS 103).
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di chiarire alcune questioni.
Ti seguo, come sempre, con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo Bellon, o.p.