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Quesito
Salve Padre Bellon,
sto studiando in una facoltà teologica e oggi il prof. di teologia fondamentale ha parlato di fede di Gesù, cercando di motivare e riflettere sul fatto che anche Gesù ha avuto fede, intesa come fiducia, abbandono, affidamento al Padre. Ma secondo Lei dal punto di vista teologico-biblico è possibile parlare di fede di Gesù?
Il prof. ha criticato poi il card. Amato, segretario della Congregazione per la dottrina della fede, che ha detto che non si può parlare di fede di Gesù perchè così vorrebbe dire rimanere alla cristologia dualista che distingue Gesù come vero Dio e vero uomo…
Ma secondo Lei non è un po’ pericoloso dire queste cose?
La ringrazio per quanto potrà dirmi
Dio la benedica
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. se per fede teologale s’intende quanto ha definito il Concilio Vaticano I: “La fede è quella virtù soprannaturale per la quale, con l’ispirazione e l’aiuto della grazia di Dio, crediamo essere vero ciò che egli ha rivelato, non per l’intrinseca evidenza delle cose colta attraverso il lume naturale della ragione, ma per l’autorità di Dio stesso che si rivela, il quale non può ingannarsi né ingannare” (DS 3008), allora Gesù non ha avuto la fede, perché ha goduto della visione fin dal primo istante della sua esistenza.
Del resto la Chiesa non ha mai proposto Gesù come modello di fede.
Modelli nella fede sono Abramo per l’Antico Testamento e Maria per il Nuovo Testamento.
2. Il tuo professore, come altri, confonde la fiducia con la fede.
È vero che la fede comporta anche la fiducia, ma la fiducia in teologia viene assimilata alla speranza.
Prima della passione Gesù non possedeva ancora la glorificazione del corpo. E per questo lo rimise nelle mani del Padre perché lo glorificasse: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito (la mia vita)” (Lc 23,46).
Ma anche questa fiducia propriamente non è la stessa cosa che la speranza teologale.
3. Ma procediamo per gradi.
Innanzitutto è certo che Cristo non ebbe la fede.
Ecco il ragionamento di San Tomaso d’Aquino.
Partendo da quanto dice la lettera agli ebrei "la fede è argomento delle cose che non conosciamo" (Ebr 11,1), asserisce: “Ma a Cristo niente era ignoto, come a lui disse S. Pietro: "Tu conosci tutte le cose" (Gv 21,17).
Sicché conclude: “In Cristo dunque non c’era la fede” (Somma teologica, III, 7, 3, Sed contra).
4. San Tomaso argomenta così: “Oggetto della fede è la realtà divina non evidente.
Ora, l’abito della fede, come ogni altro, riceve la sua specificazione dall’oggetto.
Se dunque si toglie l’inevidenza della realtà divina, viene meno la fede.
Ma il Cristo fin dal primo istante della sua concezione ebbe la piena visione dell’essenza di Dio, come vedremo.
Dunque non ci poteva essere in lui la fede” (Somma teologica, III, 7, 3).
5. Non si tratta solo del pensiero di San Tommaso, ma anche della dottrina della Chiesa.
Pio XII nella Mistici Corporis afferma: “Questa amantissima conoscenza, con la quale il Divin Redentore ci ha seguiti fin dal primo istante della sua incarnazione, supera ogni capacità della mente umana, giacché per quella visione beatifica di cui godeva fin dal momento in cui fu ricevuto nel seno della Madre divina, Egli ha costantemente e perfettamente presenti tutte le membra del Corpo Mistico e le abbraccia col suo salvifico amore!” (Mistici Corporis, 76).
Dunque, al dire di Pio XII, Cristo come uomo non solo vedeva Dio, ma vedeva perfettamente ognuno di noi in ogni istante della nostra esistenza: “Signore, Tu conosci tutto” (Gv 21,17).
Ne fa riferimento anche Giovanni Paolo II in Novo millennio ineunte ai nn. 2-27.
6. Più esplicito è il Catechismo della Chiesa Cattolica il quale, dopo aver parlato della conoscenza acquisita di Cristo (n. 472), parla anche di un altro tipo di conoscenza: “è, innanzitutto il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo. Il Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti del cuore degli uomini” (n. 473).
Da notare l’espressione “conoscenza intima e immediata”, che richiama l’affermazione di Benedetto XII nella Bolla Benedictus Deus nella quale si parla della conoscenza dei santi in cielo e si dice che “essi vedono l’essenza divina con una visione intuitiva e, più ancora, faccia a faccia, senza che ci sia, in ragione di oggetto visto, la mediazione di nessuna creatura, rivelandosi invece a loro l’essenza divina in modo immediato, scoperto, chiaro e palese” (DS 1000).
I Santi in cielo non hanno la fede, che è una conoscenza imperfetta, ma la visione.
Pertanto il tuo professore sbaglia a dire che Cristo ebbe la fede.
7. In Cristo non vi fu neanche la virtù teologale della speranza perché godeva dell’unione col Padre: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
San Tommaso dice: “Domanda S. Paolo: "Quello che si vede, come si può sperare?" (Rm 8,24). Ciò vuol dire che al pari della fede anche la speranza è di cose non evidenti. Ma in Cristo non c’era la fede, come si è detto. Quindi neppure la speranza” (Somma teologica, III, 7, 4, Sed contra).
8. Continua San Tommaso: “Come la fede consiste nell’assenso a ciò che non si vede, così la speranza consiste nell’attesa di ciò che non si possiede ancora.
E come la fede in quanto virtù teologale non si riferisce a qualunque cosa non vista ma a Dio soltanto, così anche la speranza in quanto virtù teologale ha per oggetto il godimento stesso di Dio, che è per l’uomo la principale attesa della virtù della speranza. (…).
Ora, Cristo fin dal principio della sua concezione ebbe il pieno godimento di Dio, come vedremo (Somma teologica, III, 34, 4). Quindi non aveva la virtù della speranza” (Somma teologica, III, 7, 4).
9. San Tommaso subito soggiunge: “Tuttavia Cristo aveva la speranza rispetto ad alcuni beni non ancora conseguiti, quantunque non avesse la fede in nessun modo.
Perché, sebbene conoscesse tutto perfettamente e questo gli impedisse totalmente la fede, non possedeva però in pieno tutto ciò che era destinato alla sua perfezione; per esempio l’immortalità e la gloria del corpo, che poteva sperare” (Somma teologica, III, 7, 4).
In questo senso confida nel Padre e dice: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito” perché lo glorifichi.
Ma queste parole non si riferiscono propriamente alla virtù teologale della speranza che ha per oggetto il possesso di Dio, “ma per l’attesa di alcuni beni non ancora da lui posseduti” (Somma teologica, III, 7, 4, ad 1).
Perciò propriamente parlando non ebbe la virtù della speranza teologale perché “la gloria del corpo appartiene alla beatitudine non come suo elemento principale, ma come ridondanza della gloria dell’anima, come abbiamo spiegato nella Seconda Parte (I-II, 4, 6). Perciò la speranza, quale virtù teologale, non ha per oggetto la beatitudine del corpo, ma quella dell’anima, che consiste nel godimento di Dio” (Somma teologica, III, 7, 4, ad 2).
10. Avrai notato come San Tommaso escluda in maniera assoluta e ripetuta che Cristo abbia avuto la fede.
La fede la chiedeva in se stesso nel medesimo modo in cui la si dà a Dio: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1).
È lui l’oggetto della nostra fede, nel medesimo modo in cui lo è Dio.
Ti auguro un buon profitto nello studio della teologia, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo