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Quesito

Fino a che punto è “corretto” obbedire all’opinione della Chiesa?
Mi spiego meglio. Prendo l’aneddoto di Galileo Galilei soltanto come esempio, ma ce ne potrebbero essere molti altri.
La Chiesa è formata da uomini, e proprio per questo è soggetta ad errore, e forse è proprio giusto così, proprio perché soltanto Dio è infallibile. Questo però pone un problema.
Ad esempio nel processo contro Galileo Galilei le gerarchie ecclesiastiche “imposero” sostanzialmente di abiurare su un tema oggi incontrovertibilmente a favore suo.
Galileo nel caso concreto abiurò, ma immaginiamo che non l’avesse fatto e fosse stato condannato come eretico (perché sicuramente sarebbe finita così).
Come si potrebbe affermare che un cristiano abbia l’obbligo di “rinunciare” alla verità?
 Con questo discorso non sto ovviamente dicendo che in ogni argomento ognuno possa pensare come vuole, però è inevitabile che ci sono argomenti, così come allora, nei quali la posizione ufficiale della Chiesa non ha ancora raggiunto la verità al 100% ed affermare il contrario sarebbe erroneo, e prima ancora illusorio. 
 Arrivo alla domanda: Sono un cristiano cattolico ed ho una mia personale teoria, fondata su un’argomentazione valida, su un qualsiasi argomento della fede/morale. Lungi dal voler essere eretico e/o scismatico, è lecita la mia presa di posizione avversa alla versione ufficiale? Se sì, fino a che punto posso spingermi?


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. L. Todisco, in un suo pregevole manuale di storia della chiesa dei primi decenni del secolo XX, dopo aver ricostruito le varie vicende legate al caso Galileo, scrive: “Le condanne del 1616 e del 1633 furono un errore. Teologi e giudici non seppero applicare la regola di Agostino e Tommaso: per quanto riguarda i fenomeni naturali, i dati dei Libri sacri non si devono prendere con rigore scientifico”.
E dopo aver riportato le attenuanti di alcuni per sminuire la portata dell’errore, scrive ancora: “Ma queste considerazioni, se sminuiscono la gravità dell’errore, non lo distruggono. È un errore che pesa anche oggi come incubo e viene periodicamente riesumato, anche dopo espunto dall’Indice Il Dialogo (uno scritto di Galileo, n.d.r.) e tolto il divieto di insegnare la dottrina in esso contenuta (1833), la Provvidenza permise che è un simile errore, riparabile e riparato, forse ho commesso una volta, perché divenisse impossibile in avvenire” (Corso storia della Chiesa, IV, p. 420).

2. Ulteriormente scrive: “Allora non vigeva l’uso, invalso più tardi, di menzionare nei decreti dell’Indice e del Santo ufficio la ratifica papale; ma questa ratifica, sia nel decreto del 1616 sia nella sentenza del 1633 facilmente si sottintende.
Eppure tutti gli scrittori affermano unanimi che la condanna di Galileo e del sistema copernicano non tocca la prerogativa dell’infallibilità” (Ib.).
Forse il Signore ha permesso questo errore perché nella definizione dell’infallibilità del Papa che sarebbe stata sancita come dogma di fede durante il concilio Vaticano I (1870) si fosse ben precisi nel delimitare l’ambito in cui i fedeli sono garantiti dalla sicurezza dottrinale.

3. Ecco infatti il testo con cui la Costituzione dogmatica Pastor Aeternus definisce l’ambito dell’infallibilità del Papa: “Perciò noi…  con l’approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che: il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando adempiendo il suo ufficio di pastore e di dottore di tutti i cristiani, definisce, in virtù della sua suprema autorità apostolica, che una dottrina in materia di fede o di morale deve essere ammessa da tutta la chiesa, gode, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nella persona del beato Pietro, di quell’infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto fosse dotata la sua chiesa, quando definisce la dottrina riguardante la fede o la morale. Di conseguenza queste definizioni del Romano Pontefice sono in riformabili per se stesse, e non in virtù del consenso della chiesa” (DS 3073-3074).

4. All’inizio della tua mail chiedi: Fino a che punto è “corretto” obbedire all’opinione della Chiesa?
Ebbene, bisogna distinguere tra opinione e dottrina.
Se il Romano Pontefice esprime una sua opinione su materia di carattere scientifico si dovrà dire che la sua opinione è da rispettare, ma non si può dire che sia infallibile, perché non rientra nell’ambito della fede e della morale di cui Nostro Signore l’ha costituito “pastore e di dottore di tutti i cristiani”.
Se invece si tratta di dottrina il discorso cambia perché sappiamo che nell’insegnamento della dottrina il Magistero è garantito dall’Alto.

5. Alla fine poni una domanda: “Sono un cristiano cattolico ed ho una mia personale teoria, fondata su un’argomentazione valida, su un qualsiasi argomento della fede/morale. Lungi dal voler essere eretico e/o scismatico, è lecita la mia presa di posizione avversa alla versione ufficiale? Se sì, fino a che punto posso spingermi?”.
Ebbene, si deve fare una distinzione tra magistero infallibile e magistero autentico.
Quando un pronunciamento è infallibile perché è proclamato ex cathedra oppure perché tutti i vescovi convengono con il Romano Pontefice nell’insegnare quella determinata dottrina come definitiva, dovresti conformare il tuo pensiero a quello della chiesa. È un atto di fede.
Avere fede in Dio e nell’insegnamento di coloro ai quali Dio ha garantito l’infallibilità e poi pensare come si vuole è in contraddizione con lo statuto stesso della fede.
La fede è di per se stessa adesione a verità che per noi non sono evidenti.
Se invece si tratta di magistero ordinario autentico, puoi dire che la pensi diversamente, ma sempre prestando ossequio di intelletto e di volontà a quanto insegna la chiesa. In termini molto semplici dirai che è necessario stare a quanto insegna la chiesa perché è la via più sicura.
Questo evidentemente quando si tratta di insegnamento che ha a che fare con la fede o con la morale.
Non invece quando si tratta di argomenti scientifici, circa i quali la chiesa di per sé non ha una specifica competenza.

Ti ringrazio anche per questo quesito, ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo