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Reverendo Padre
mi chiamo …, ho 33 anni e scrivo da …, presso la cui università collaboro con la cattedra di Letteratura italiana, occupandomi principalmente di studi danteschi. Mi rivolgo a Lei per sottoporLe un dubbio di natura – diciamo così – “teorica”, legato proprio ai miei studi: secondo la teologia, favorire (pur inconsapevolmente, attraverso le proprie opere) la conversione di un non credente può costituire un atto meritorio ai fini della salvezza?
La ringrazio per l’attenzione che vorrà dedicarmi e Le porgo cordiali saluti
Con osservanza
Carissimo,
1. avrai sentito parlare di Edith Stein, la filosofa ebrea convertitasi al cristianesimo dopo aver letto la vita di Santa Teresa d’Avila.
Dopo la conversione andò ad insegnare in un istituto delle suore domenicane a Spira. Nel frattempo la chiamavano a tenere conferenze e lezioni da tutte le parti.
Qualcuno le fece osservazione e le disse di parlare un po’ meno di Gesù Cristo, perché in tutti i suoi discorsi vi entrava sempre.
Lei rispose che ormai non riusciva a fare diversamente.
2. Del resto San Paolo ha detto che “tutto è stato fatto per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col 1,16).
Ebbene, se questo è vero, come non si può non riferire anche i propri discorsi verso il loro obiettivo ultimo che è quello di parlare di Cristo e di unirsi a Lui?
Giorgio La Pira, facendo riferimento alle parole dell’Apocalisse dove si afferma che Cristo è l’alfa e l’omega che sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco diceva che Cristo è il senso anche del nostro parlare e dei nostri discorsi.
3. Non si tratta di sfruttare il proprio ruolo per fare proselitismo nel senso deteriore del termine, perché questo risulterebbe stucchevole e non di rado estuerebbe nell’effetto contrario.
Per un cristiano dovrebbe essere normale compiere tutto quello che fa verso il suo obiettivo ultimo.
Non c’è da mettersi in posa per rendere testimonianza al Vangelo.
Lo si fa nel medesimo modo in cui una lampada accesa non fa alcuna fatica ad illuminare.
4. Non credo che Leon Bloy avesse l’obiettivo di convertire qualcuno quando scrisse il suo famoso romanzo “La femme pauvre”.
Ma Raissa e Jacques Maritain, dopo aver letto in una recensione che se si voleva occupare il tempo in qualcosa di intelligente quella era la lettura adatta, lo lessero e durante la lettura approdarono alla fede.
5. Nel messaggio del Concilio Vaticano II rivolto agli uomini di pensiero (questo messaggio fu consegnato da Paolo VI proprio a Jacques Maritain) si leggono queste parole: “Per questo, senza turbare i vostri passi, senza accecare i vostri sguardi, noi vogliamo offrirvi la luce della nostra lampada misteriosa: la fede.
Colui che ce l’ha affidata è il Maestro sovrano del pensiero, colui di cui noi siamo gli umili discepoli, il solo che abbia detto e potuto dire: Io sono la luce del mondo, io sono la via, la verità e la vita” (n. 6).
6. Si tratta dunque di fare anzitutto bene il proprio dovere.
Per un cristiano è normale che l’esercizio del proprio dovere rifletta implicitamente il Maestro sovrano del pensiero e conduca a confrontarsi con Lui.
7. Mi chiedi infine se “favorire (pur inconsapevolmente, attraverso le proprie opere) la conversione di un non credente può costituire un atto meritorio ai fini della salvezza”.
La risposta ci viene dallo Spirito Santo che ha detto per bocca di San Giacomo: “Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5,20).
8. Qui viene fatta una duplice affermazione.
La prima: “chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte”.
La seconda: “e coprirà una moltitudine di peccati”.
Ebbene proprio la seconda affermazione ha ricevuto una doppia interpretazione.
Alcuni dicono che si tratta della copertura dei peccati di chi si converte, secondo quanto si legge in Proverbi “Universa delicta operit caritas” (la carità copre tutti i peccati, Prv 10,12) e anche quanto dice San Pietro: “La carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pt 4,8).
Altri dicono che viene coperta la moltitudine dei peccati di chi converte.
Le due interpretazioni stanno bene insieme.
Sicché chi coopera per la conversione, dal momento che compie un grande atto di carità, riceve il beneficio della copertura (del perdono) dei propri peccati.
Mentre ti auguro di fare del bene a te e a molti altri per mezzo del tuo insegnamento, ti assicuro il mio ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo