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Quesito
Caro Padre Angelo,
Mi chiamo Alessandro, ho 15 anni (perciò mi scuso per l’eventuale informalità).
Ammiro la vostra bella opera di predicazione, il sito, che più volte mi sono trovato a leggere e quindi oggi ho deciso di chiederle un parere. Mi è venuto in mente di come mesi e mesi fa ho avuto diversi discorsi con mia sorella riguardo la religione, in quanto non è proprio aderente alla Chiesa, seppure si definisce cristiana. Un giorno lei, stufatasi di parlare con me, mi invitò con moltissima insistenza a parlare via Skype con un suo amico del sudamerica, che era a sua volta un “cristiano fai-da-te”. Ci tengo a precisare che sono stato convertito, battezzato e cresimato 2-3 anni fa (a me sembra passata un’eternità)[questo passaggio potrebbe non includerlo nella pubblicazione per privacy?] e perciò quella volta ho detto che non mi avrebbe fatto piacere parlare della religione (non mi sentivo in grado di fare un dibattito del genere), ma alla fine cedetti all’insistenza di mia sorella. Giusto per farle capire a che livello ho dovuto argomentare un discorsino: lui non sapeva parlare italiano e quindi mia sorella faceva da traduttore, di parte, per me e per lui. Comunque andando al sodo: l’amico sudamericano mi incomincia a parlare della cristianità fin quando non si aprì un discorso sulla cattolicità. Mi disse che lui non era cattolico perché secondo lui i cattolici erano degli sviati che si erano fatti ingannare dalla Chiesa (….sì) la quale aveva tenuto loro nascosta la verità (ovvero i vangeli apocrifi) per affermarsi, e con ciò mi allegò dei passi di vangelo: uno era quello dei sepolcri imbiancati (riferiti ai sacerdoti); un altro era un passo apocrifo che diceva tipo: ”non ci saranno più altari né sacerdoti” (?); e l’altro era quello in cui Gesù spiega che un albero buono si riconosce dai frutti. In relazione all’ultimo verso che mi citò, incominciò a raccontarmi leggende nere sulla Chiesa, in particolare quella della colonizzazione dell’america latina per mano di cattolici dicendomi che si raccontano alcuni aneddoti riguardo a dei sacerdoti che condannavano migliaia di nativi all’esecuzione permettendo però loro di confessarsi. Dunque, sempre secondo il suo racconto, un sacerdote avrebbe detto ad un nativo che si doveva confessare cosicché poteva andare in Paradiso, ma l’indiano gli avrebbe risposto: ”Se c’è gente come voi, non ci voglio andare!”. Mi piange il cuore a sentire queste infami diffamazioni. Poi inizia a dire che la Chiesa Romana in realtà era un fantoccio di Costantino (un sudamericano che spiega agli italiani la storia della loro capitale è a dir poco ironico) perché l’imperatore aveva capito che la religione cristiana poteva essere l’unico mezzo di unificazione dell’Impero. Al di là di tutte queste storie da falò, la cosa strana è che io non seppi davvero cosa rispondere e quello che disse influì negativamente sul mio animo ed in particolar modo su quello di mia sorella, che si era quasi riavvicinata alla Chiesa, che peccato!! Ne uscii dopo un mesetto di combattimenti contro assillanti dubbi, armato di Rosario e corazzato dalla Fede. Ora che è passato tanto tanto tempo, ripenso a quell’evento, e mi rode l’animo per il mio scandaloso silenzio! Avrei voluto far vedere che il cattolico non è zittito in materia di fede, ma nulla, non ci sono riuscito. Adesso mi rivolgo a voi, famosi per la vostra lotta continua contro le eresie a gloria del Santo Nome di Cristo, della sua Sposa, della sua Verità e della sua Unità: come avrei potuto e potrei (casomai si ripresentasse l’occasione) rispondere a queste accuse? Qual’è la posizione della Chiesa sui vangeli apocrifi? Come potrei riavvicinare mia sorella alla Fede Cattolica? Cosa potrei replicare a chi tira fuori questi scheletri nell’armadio della cristianità? Mi interessa la vostra risposta personale, perché io non sono bravo a parole e non so come esprimere quelle tante risposte che mi serbo dentro in modo da essere benevolo e non vanamente rigido.
Mille grazie in anticipo per la risposta e l’impegno, vi ricorderò in alcune preghiere!
Risposta del sacerdote
Caro Alessandro,
1. capisco il tuo disorientamento di fronte ad una sequenza di accuse, finora mai sentite e sulle quali non potevi avere una risposta pronta.
Tuttavia sebbene inconsapevolmente hai continuato per la strada giusta: hai continuato a recitare il Rosario, corazzato della fede.
E questa è pure la via segreta per rispondere alle accuse più strane.
E cioè sei rimasto attaccato alla tua esperienza di fede, che senti essere vera, perché ti dona luce e respiro.
San Tommaso d’Aquino dice che una vecchietta cristiana quando sente una sequenza di eresie non è in grado di dare una risposta. Ma sente che quello che dicono gli eretici non è vero.
Pertanto la prima cosa che ti dico è proprio questa: continua sempre a vivere l’esperienza cristiana, la vita di fede, l’unione con Gesù nei sacramenti, nella preghiera, nell’ascolto della sua parola.
Questo è il retroterra indispensabile per non rimanere disorientati.
È questo retroterra o questa vita di fede che ti illumina, ti dà forza e ti dà la capacità di rimanere in piedi nonostante qualsiasi urto improvviso.
Questo invece è ciò che è mancato a tua sorella, che stava facendo i primi passi nell’avvicinarsi a Cristo, ma ha trovato qualcuno che le ha mostrato delle obiezioni, e incapace di rispondervi e soprattutto non avendo il retroterra dell’esperienza della fede, ne è rimasta bloccata.
2. Ma vengo adesso alle singoli obiezioni che ti sono state presentate.
La prima obiezione riguarda gli apocrifi che la Chiesa non considera testi sacri, ragion per cui la Chiesa avrebbe nascosto la verità ai fedeli.
Probabilmente chi dice queste cose non ha mai letto gli apocrifi che sono di epoca tardiva (secondo e terzo secolo) e quasi tutti (soprattutto i vangeli) si differenziano dai testi sacri per lo stile miracolistico e fantasioso.
Ebbene, la prima cosa da dire è questa: la Divina Rivelazione, ciò che Dio ha voluto dire e comunicare agli uomini, si è chiusa con la morte dell’ultimo apostolo. Gli apostoli sono stati i testimoni diretti e oculari dell’insegnamento di Cristo.
Ora la morte dell’ultimo apostolo è avvenuta verso il 100, qualcuno dice anche un decennio dopo, dal momento che Giovanni fu chiamato dal Signore quando era neanias (e cioè adolescente). Così riferisce Papia, morto nel 125 e amico di Giovanni.
Già nel secondo secolo, di fronte al pullulare di varie eresie, soprattutto dell’eresia gnostica, per discernere la vera interpretazione della Divina Rivelazione i santi Padri si sono rifatti al criterio della Tradizione, e cioè al modo di vivere, di comprendere e di predicare il Vangelo che è antecedente agli stessi scritti del Nuovo Testamento.
E hanno detto: andiamo a vedere nelle Chiese fondate dagli apostoli come hanno inteso il Vangelo, come lo hanno interpretato, come lo hanno vissuto.
E hanno trovato una straordinaria concordanza, sebbene queste chiese fossero sparse ai quattro venti dell’orbe terracqueo.
E hanno preso questo criterio: il modo giusto di intendere il vangelo è quello dato dalla Tradizione e cioè è quello che da tutti, dovunque e da sempre è stato ritenuto: “quod ab omnibus, quod ubique, quod a semper creditum est”
Questo è il criterio, certamente ignoto al tuo interlocutore sudamericano.
Pertanto tra i testi che circolavano sono stati ritenuti ispirati da Dio solo quelli che da sempre, da tutti e dovunque erano stati ritenuti tali.
Dal momento poi che la divina rivelazione era chiusa con la morte dell’ultimo apostolo, ne seguì che gli apocrifi, scritti per lo più posteriormente, non furono mai considerati autentici da tutti, da sempre e dovunque. E proprio per questo furono detti apocrifi.
Pertanto nessun nascondimento. Anzi, tutto il contrario, tutto alla luce del sole, alla luce di tutti.
3. Gli apocrifi contengono anche delle affermazioni che meritano di essere soppesate, ad esempio sul fatto che non ci saranno più altari o sacerdoti.
Sappiamo che in Israele c’era un unico tempio e un unico altare sul quale si offrivano i sacrifici.
Altrove, in tutte le altre località della Palestina, ma anche dove gli ebrei erano sparsi nel mondo, c’erano le sinagoghe.
Ma la sinagoga non è mai stato il luogo in cui si offrivano i sacrifici. Nella sinagoga ci si radunava e ci si raduna il sabato per l’ascolto della parola di Dio, per sentirne un commento e per elevare salmi a Dio.
L’altare si trovava solo nell’unico tempio, a Gerusalemme.
Con la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio gli ebrei sono rimasti senza altare e senza sacerdoti che officino.
Ma questo sta a ricordare anche in maniera tangibile che Cristo è l’unico, vero, sommo ed eterno sacerdote e che tutti i sacerdoti dell’Antico Testamento erano un simbolo e una prefigurazione di Lui.
Gesù ha offerto il sacrificio espiatorio per l’umanità. Non l’ha offerto all’interno del tempio, ma sul Calvario.
E l’altare era lui stesso, il suo cuore.
La vittima da offrire non era costituita da agnelli o altro bestiame, ma da lui stesso.
Cristo dunque sulla croce è altare, vittima e sacerdote.
Ai suoi ha comandato nell’ultima cena: “fate questo in memoria di me”.
Noi a Messa celebriamo il memoriale del sacrifico del Signore.
Memoriale significa che quel sacrificio viene reso presente, attuale, viene offerto come se fosse la prima volta che viene compiuto.
Anche a Messa Gesù è altare, vittima e sacerdote.
Quelli che noi chiamiamo sacerdoti sono ministri di Cristo, unico, vero sommo ed eterno Sacerdote.
L’altare su cui celebriamo il sacrificio di Cristo è solo un segno, un simbolo: il vero altare è il cuore stesso del Signore e per prolungamento il cuore di ognuno di noi.
Dal momento poi che già nell’Antico Testamento il popolo di Dio era chiamato popolo sacerdotale perché offriva sacrifici per se stesso e anche per tutta l’umanità, anche la Chiesa come dice San Pietro e come ricorda l’Apocalisse, è un popolo di sacerdoti.
Tutti diventiamo sacerdoti col Battesimo, nel senso che siamo abilitati a offrire noi stessi come sacrificio a Dio in unione con la vittima spirituale Gesù.
Tra questi sacerdoti alcuni lo diventano anche in modo ministeriale, come i presbiteri (i preti), che noi più comunemente chiamiamo sacerdoti perché abilitati da Cristo stesso a renderlo presente nell’Eucaristia.
Il sacerdozio di tutti i battezzati e dei presbiteri è una partecipazione dell’unico sacerdozio di Cristo.
Senza Cristo né i fedeli né i sacerdoti potrebbero far nulla.
Sotto questo aspetto dunque è vero che non ci sono più i sacerdoti, come erano intesi nell’Antico Testamento, e sotto questo aspetto non c’è neanche più altare, che si poteva trovare solo a Gerusalemme, perché adesso dovunque può essere offerto il sacrificio di Cristo, anche se non c’è l’altare materiale, come avviene quando l’eucaristia viene celebrata in maniera clandestina nelle carceri o nei gulag.
L’aveva già predetto l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento, Malachia: “Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le nazioni e in ogni luogo si brucia incenso al mio nome e si fanno offerte pure, perché grande è il mio nome fra le nazioni. Dice il Signore degli eserciti” (Mal 1,11).
4. Vengo adesso alla vicenda di Costantino che si sarebbe servito della Chiesa per unificare l’Impero romano.
A parte la lettura ideologica fatta dal tuo interlocutore sudamericano, ci si può domandare: su quali testi antichi può documentare una tale affermazione?
Su nessuno.
A meno che il tuo interlocutore ne abbia sottomano qualcuno e allora ce lo fornisca!
Sappiamo invece che le cose stanno diversamente.
La madre di Costantino era cristiana, sant’Elena, e lui rimase pagano fino all’ultimo.
Perché rimanere pagano se la religione cristiana unificava l’impero?
Non avrebbe dovuto darne l’esempio lui? Tanto più che ai suoi tempi la maggior parte della gente era ancora pagana.
E invece quest’esempio non l’ha dato, né l’hanno dato quelli che erano a corte con Lui.
Pertanto al tuo interlocutore sudamericano, come a tanti altri, bisogna rispondere: meno ideologia (ricostruzione della storia secondo i propri paraocchi) e più documentazione, più fatti.
5. Adesso una parola sulla vicenda della conquista dei nuovi continenti, in particolare dell’America.
Va detto che la conquista non fu fatta dalla Chiesa, che tra l’altro a quei tempi aveva ancora un dominio temporale (lo stato pontificio), ma da altri, e cioè principalmente dai poteri civili dell’Inghilterra, della Spagna e del Portogallo.
Che i conquistatori fossero avidi di potere e di denaro non ci vuole molto per riconoscerlo.
Che abbiano trattato male le popolazioni indigene è altrettanto vero. Non sono andati lì ad accarezzarle.
Sebbene gli storiografi unanimemente debbano riconoscere (e l’hanno riconosciuto) che mentre i conquistatori britannici che non erano cattolici hanno sterminato le popolazioni indigene (si è salvato per miracolo qualche gruppo di pellerossa), i conquistatori cattolici non le hanno sterminate, e poco per volte si sono integrati con quelle indigene, dando origine al meticciato, che costituisce la caratteristica prevalente nella maggior parte dei Paesi latinoamericani. Forse anche il tuo interlocutore lo è.
6. Inoltre va anche detto che di fronte ai soprusi compiuti dai conquistatori la Chiesa ha levato altamente la sua voce a difesa degli indios.
Come non ricordare l’opera dei domenicani Bartolomeo Las Casas, Antonio de Montesinos e Pietro di Cordova?
Il 21 dicembre del 2013 i domenicani sono stati esortati a ricordare nelle Messe la famosa predica che il loro confratello Antonio de Montesinos aveva fatto proprio 500 anni prima in quel medesimo, dopo un anno che i domenicani erano sbarcati nell’Isola che oggi porta il loro nome (Santo Domingo).
Davanti all’evidente oppressione degli indios, la comunità dei domenicani dedicò molte ore di riunione per studiare a fondo il problema, finché decisero di denunciarlo pubblicamente. Non potevano tacere, poiché “a questo si sentivano obbligati dalla professione che avevano fatto”.
Prepararono la denuncia in forma di omelia alla quale dedicarono lunghe discussioni con la partecipazione di tutti i membri della comunità. Una volta redatto il testo, e avendolo firmato tutti, fra Pedro de Cordoba, che era il Vicario, incaricò fra Antonio de Montesinos di pronunciarlo nella messa principale della quarta domenica di Avvento: era il 21 dicembre 1511.
Ecco quanto fra Bartolomeo de Las Casas riporta nella sua opera Storia delle Indie (libro III, capitolo 4):
“… Sono la voce di Cristo che grida nel deserto di quest’isola. Pertanto si conviene che con attenzione, non un’attenzione qualsiasi, ma con tutto il vostro cuore e tutti i vostri sensi, l’ascoltiate, la qual voce sarà per voi la più nuova che mai udiste, la più aspra e dura e la più spaventevole e pericolosa che mai avreste pensato di ascoltare…
Questa voce vi dice che siete tutti in stato di peccato mortale a causa delle crudeltà e dei soprusi che fate subire a queste popolazioni innocenti.
Ditemi: con quale diritto, in nome di quale giustizia tenete gli indiani in una schiavitù così crudele e terribile?
Con che diritto avete scatenato così tante guerre esecrabili contro questa gente che viveva in pace nella propria terra e che voi avete oppresso con innumerevoli morti e stragi mai udite?
Perché li opprimete così tanto e li sfinite, non dando loro da mangiare e non curandoli quando sono malati dal momento che essi si ammalano e muoiono a causa del lavoro eccessivo a cui voi li costringete; o meglio, perché li uccidete per ammassare ogni giorno un po’ di oro in più?
E che premura avete perché si insegni loro la dottrina, conoscano il loro Dio e creatore, siano battezzati, ascoltino la Messa, rispettino le feste e le domeniche? Non sono anch’essi degli uomini? Non hanno anch’essi un’anima come ogni creatura razionale? Non avete il dovere di amarli come voi stessi? Proprio non capite? Siete forse immersi in un profondissimo letargo?”.
Questi sono fatti, sono documenti, non il racconto che ti ha fatto l’interlocutore sudamericano che ha il sapore della favola.
E quand’anche fosse realmente accaduto (ma non c’è da stupirsi di niente in questo mondo, perché dove ci sono uomini ci sono miserie) non s’identifica evidentemente con l’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei confronti delle popolazioni del Sud America.
È come se volessimo giudicare dell’insegnamento di Cristo e del comportamento degli Apostoli dal comportamento di Giuda.
Ti ringrazio per avermi sollecitato questa risposta.
Ti ringrazio anche delle tue preghiere.
Ti ricorderò volentieri nelle mie e ti benedico.
Padre Angelo