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Quesito
Buonasera p. Angelo,
le scrivo subito dopo aver visto sul canale YouTube di Interris la dichiarazione di Mons. …, il quale dice testualmente: “l’invito a venire alla Comunione è imperativo. Bisogna confessarsi? Ci si può confessare anche dopo. E perché no, anzi è giusto che la confessione non sia il sacramento che serve per fare la Comunione. La Confessione è chiedere perdono a Dio, la Comunione è per essere in Comunione con Dio e con il mondo intero”.
Questo il link al video:….
Sentire queste parole mi ha fatto saltare dalla sedia, perché l’arcivescovo non sembra interessato a fare nessuna distinzione tra peccato veniale e mortale. Vorrei credere che sia stata una dimenticanza oppure che siano considerazioni legate al clima estivo, ma faccio molta fatica a crederci. Mi chiedo se queste affermazioni debbano essere lasciate correre oppure debbano essere stigmatizzate e segnalate perché generatrici di confusione. Ma poi, segnalate a chi? Chi può correggere un arcivescovo, un successore degli apostoli? A meno che è giusto così ed io sono rimasto fermo ad un catechismo che necessita di essere revisionato e modernizzato.
Attendo una sua gentile risposta.
Grazie.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. è vero che accostarsi all’Eucaristia è un imperativo.
Ma è un imperativo anche quello di accostarsi all’Eucaristia in grazia di Dio.
Dice infatti lo Spirito Santo per mezzo di San Paolo: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.
Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1 Cor 11,27-28).
2. Il santo Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia dice: “L’integrità dei vincoli invisibili è un preciso dovere morale del cristiano che vuole partecipare pienamente all’Eucaristia comunicando al corpo e al sangue di Cristo. A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28).
San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».
In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolicastabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione» (n. 1385; cfr Codice di Diritto Canonico, can. 916; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 711).
Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»” (Ecclesia de Eucharistia 36).
3. Da notare il riferimento a San Giovanni Crisostomo, che è uno dei grandi santi padri della chiesa orientale, e alle sue accorate espressioni: “Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi”.
4. Fin dall’inizio la Chiesa premesso il riconoscimento dei propri peccati alla Santa comunione. Nella Didaké, che è un documento della Chiesa anteriore ad alcuni libri della Sacra Scrittura si legge: “Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro” (14,1).
5. Il Catechismo della Chiesa Cattolica non introduce nulla di nuovo quando dice che prima ci si deve accostare alla confessione sacramentale se si è consapevoli di peccato grave.
È la Sacra Scrittura che parla così quando dice che prima ci si deve esaminare (e, nel caso, fare ciò che si deve fare, cioè celebrare il sacramento della penitenza) e poi…
Mai la Chiesa ha insegnato che chiunque, pur omicida, ladro, adultero, lascivo, ecc…, può accostarsi all’Eucaristia senza aver premesso il sacramento della penitenza.
6. Il Concilio Vaticano II nella sua lettera e nel suo spirito rimane sempre molto aderente alla Sacra Scrittura. Il suo insegnamento parte sempre da quello che ha detto Dio, da quello che ha detto Nostro Signore Gesù Cristo. Le citazioni bibliche sono continue.
Oggi invece si ha l’impressione che non di rado si parta dal proprio pensamento, tralasciando quello che ha detto Nostro Signore, con la conclusione che ci si trova a dire il contrario di quello che ha detto Dio.
7. Tre esempi soltanto.
Il primo, sui divorziati risposati: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” (Mc 10,11-12).
In alcuni documenti anche autorevoli questo testo non viene mai trascritto. Eppure è ciò ha detto Nostro Signore. È il principio dal quale deve partire ogni nostra discussione.
Certo, non ogni caso è identico. È necessario prestare attenzione alle singole situazioni. È doveroso farsi tutto a tutti pur di guadagnare qualcuno, come dice San Paolo. Ma il principio rimane questo.
8. Un secondo caso: viene detto e scongiurato che i sacerdoti diano il perdono di Cristo a tutti, a tutti, a tutti nella celebrazione del sacramento della riconciliazione o penitenza.
Ma Gesù ha detto: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23).
Se si vuole partire da ciò che ha detto il Signore, è necessario fare delle distinzioni.
9. Un terzo caso: prima si faccia la Comunione e poi ci si confessi.
Ma la Sacra Scrittura dice: “prima esamini se stesso e poi mangi di quel pane”.
10. Tornando al nostro caso c’è da domandarsi se si abbia la consapevolezza di che cosa significhi accostarsi al sacramento dell’Eucarestia.
Non basta parlare di come-unione.
La comunione è anzitutto con Gesù Cristo.
Ora, a questo proposito va ricordato che l’obiettivo proprio dell’Eucaristia è la nostra trasformazione in Cristo.
Sant’Agostino riferisce una locuzione da lui stesso sentita: “Tu non muterai me in te, come fai con il cibo che quando lo assumi lo trasformi nella tua carne, ma tu ti metterai in me” (Confessioni, 7,10)
Questo era anche il convincimento di San Leone Magno, papa, che viene citato anche dal Concilio Vaticano II (LG 26): “La partecipazione del corpo e del sangue di Cristo altro non fa se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo” (Sermone 63,7).
Sulla stessa linea si esprime anche San Tommaso quando dice che “l’effetto proprio dell’eucaristia è la trasformazione dell’uomo in Dio” (IV Sent., 12, 12, 2) e che “in virtù di questo sacramento avviene una certa trasformazione dell’uomo in Cristo per via della carità: e questo è l’effetto proprio del sacramento” (V Sent., 12, 12, 2).
Ora per essere trasformati in Cristo è necessario somigliargli mediante la grazia.
11. Sul comando di fare la Comunione: sì, c’è il comando di fare la Comunione, ma non di farla in ogni caso.
C’è una differenza importante tra i precetti morali positivi (quelli che comandano di compiere una determinata buona azione) e i precetti morali negativi (quelli che proibiscono di fare il male).
I primi obbligano sempre ma non in ogni momento e in ogni caso.
I secondi invece obbligano sempre e in ogni caso.
12. Per cui in nessun caso è lecito mangiare o bere indegnamente il Corpo e il Sangue del Signore.
È vero che il sacramento della confessione non è puramente funzionale alla Santa Comunione.
Ma in alcuni casi la necessita.
13. È vero che vi possono essere dei casi in cui c’è urgenza di fare la Santa Comunione e non sia possibile confessarsi.
In questo caso però è previsto che si faccia un atto di dolore perfetta (che riporta già in grazia di Dio) con il proposito di confessarsi quam primum.
14. Chiedi a chi ci si dovrebbe rivolgere per correggere l’affermazione di quell’arcivescovo.
Il primo passaggio consiste nel farglielo presente e di ricordargli quanto insegna il Concilio di Trento nel canone 11 sull’Eucaristia afferma: “E perché un così grande sacramento non sia ricevuto indegnamente e, quindi, per la morte e la condanna, lo stesso santo sinodo stabilisce e dichiara che quelli che sanno di essere in peccato mortale, per quanto si credano contriti, devono accostarsi prima al sacramento della penitenza, se vi è l’opportunità di confessarsi.
Se poi qualcuno crederà di poter insegnare, predicare o affermare pertinacemente il contrario, o anche difenderlo in pubbliche discussioni, sia perciò stesso scomunicato” (DS 1661).
15. Che dire infine?
Non è possibile predicare un Vangelo diverso da quello che è sempre stato annunciato.
Ecco ancora che cosa dice lo Spirito Santo per bocca di Paolo: “Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo.
Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema!
L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!
Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!” (Gal 1,6-10).
Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo