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Quesito

Salve Padre Angelo Bellon,
ho sentito un sacerdote appena ordinato come pure un altro giovane sacerdote che al momento della consacrazione hanno detto: “…prese il pane e rese grazie e lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e discepole … e lo stesso per il vino.
È giusto dire discepole? Potrebbe invalidare la consacrazione?
Grazie.


Risposta del sacerdote

Caro Ricardo (visitatore di lingua spagnola),
1. il Vangelo dice in maniera chiara che Gesù consumò l’ultima cena con i dodici.
Ecco che cosa si legge nel Vangelo di Matteo: “Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici” (Mt 26,20).
E poi: “Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo»” (Mt 26,26).
In Luca: “Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,14-15). E: “Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me»” (Lc 22,19).
In Marco: “Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici” (At 14,17); “E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo»” (Mc 14,27).

2. Nei Vangeli il nome discepolo indica spesso, ma non esclusivamente, i dodici. Talvolta è sinonimo di cristiano.
Nell’ultima cena erano presenti solo gli apostoli.
Quel pane, ormai è diventato sua carne, Gesù lo dà solo agli apostoli. E solo gli apostoli dice: Fate questo in memoria di me.

3. Ciò che hanno fatto i due sacerdoti di cui mi parli è particolarmente grave.
Perché qui la preghiera eucaristica riprende le parole del Vangelo.
Ciò che hanno compiuto non è semplicemente di un abuso, ma è un errore grave.
C’è da domandarsi dove abbiano studiato la teologia e se l’abbiano studiata.

4. Questo errore, per quanto grave, tuttavia non intacca la validità del sacramento perché per la valida consacrazione sono richieste le parole: “Questo il mio corpo” e “Questo è il calice del mio sangue”.

5. L’Istruzione Redemptionis sacramentum della Congregazione per il culto divino e la celebrazione dei sacramenti, pubblicata il 25 aprile 2004, scrive: “Troppo grande è il Mistero dell’Eucaristia «perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale».
Chi al contrario, anche se Sacerdote, agisce così, assecondando proprie inclinazioni, lede la sostanziale unità del rito romano, che va tenacemente salvaguardata, e compie azioni in nessun modo consone con la fame e sete del Dio vivente provate oggi dal popolo, né svolge autentica attività pastorale o corretto rinnovamento liturgico, ma priva piuttosto i fedeli del loro patrimonio e della loro eredità” (RS 11).

6. E poi: “Tutti i fedeli, invece, godono del diritto di avere una liturgia vera e in particolar modo una celebrazione della santa Messa che sia così come la Chiesa ha voluto e stabilito, come prescritto nei libri liturgici e dalle altre leggi e norme.
Allo stesso modo, il popolo cattolico ha il diritto che si celebri per esso in modo integro il sacrificio della santa Messa, in piena conformità con la dottrina del Magistero della Chiesa.
È, infine, diritto della comunità cattolica che per essa si compia la celebrazione della Santissima Eucaristia in modo tale che appaia come vero sacramento di unità, escludendo completamente ogni genere di difetti e gesti che possano generare divisioni e fazioni nella Chiesa” (RS 12).

7. Sicché “non si può tollerare che alcuni Sacerdoti si arroghino il diritto di … modificare il testo delle preghiere eucaristiche approvate dalla Chiesa” (RS 51).
Per questo “ogni cattolico, sia Sacerdote sia Diacono sia fedele laico, ha il diritto di sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano o l’Ordinario competente a quegli equiparato dal diritto o alla Sede Apostolica in virtù del primato del Romano Pontefice. È bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto possibile, presentata dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con spirito di verità e carità” (RS 184). 
In un caso del genere, non c’è solo il diritto ma anche il dovere di correggere il sacerdote nelle dovute maniere.

Con l’augurio che tu possa fruire della celebrazione dei sacramenti sempre secondo le modalità previste dalla Chiesa, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo