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Quesito
Gentilissimo Padre,
Le scrivo circa due chiarimenti.
Il mio parroco durante un momento di preghiera davanti al santissimo Sacramento ha detto “Potete stare come volete in piedi seduti o in ginocchio”
Ma è corretto?
Davanti al Santissimo Sacramento si può stare solo in ginocchio?
Il secondo chiarimento è sul fatto di fare dire le messe ai vivi.
Posso fare dire delle Messe per me che sono vivo?
Attendo un Suo contatto, mi scuso e ringrazio.
Simone
Risposta del sacerdote
Caro Simone,
1. l’adorazione è l’atto che manifesta la nostra sottomissione a Dio, la sua sovrana signoria e che tutto quanto abbiamo è dono suo.
La parola latina adoratio significa anche abbracciare e quindi, in fondo, amare. Sicché si tratta di una sottomissione piena d’amore.
2. Poiché non siamo puri spiriti, l’adorazione si esprime con i sentimenti dell’anima ma anche con i gesti “essendo connaturale per l’uomo raggiungere le cose spirituali attraverso quelle sensibili” (San Tommaso, Somma Teologica, II-II, 84, 2).
Per questo “l’adorazione principalmente consiste in un interiore ossequio verso Dio, ma secondariamente si estrinseca in certi gesti corporali di umiltà: e così pieghiamo le ginocchia per esprimere la nostra miseria di fronte a Dio, e ci prostriamo come per confessare che da noi stessi siamo nulla” (Ib., II-II, 84, 2, ad 2).
3. Si distingue dalla lode anche perché ha una gravità maggiore. La lode si esprime con parole, con canti, con una certa allegrezza e talvolta anche con profonda esultanza (giubilo).
L’adorazione invece per se stessa è silenziosa, anche se spesso è accompagnata dalla lode, particolarmente nelle preghiere liturgiche in cui i canti o la recita di preghiere si mescolano armoniosamente alle genuflessioni, agli inchini, alla congiunzione delle mani o all’elevazione delle braccia.
4. Nella Sacra Scrittura si trovano diversi esempi di adorazione. Abramo si prostra con la faccia a terra dinnanzi ai tre uomini che stavano in piedi dinanzi a lui (cfr. Gn 18,2).
Gesto di adorazione è anche quello che faceva “tutto il popolo quando insieme si prostrava con la faccia a terra, per adorare il Signore, Dio onnipotente e altissimo” (Sir 50,17) mentre il sommo Sacerdote Simone officiava nel tempio.
I Magi “entrati nella casa, videro il bambino, con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11).
Il cieco nato “si prostrò innanzi” ai piedi di Gesù che l’aveva guarito e gli aveva rivelato di essere il Figlio dell’uomo (cfr. Gv 9,38).
Nella trasfigurazione “i discepoli caddero con la faccia a terra” (Mt 17,6).
Al mattino della risurrezione, alla vista di Gesù “Maria di Magdala e l’altra Maria… avvicinatesi gli presero i piedi e lo adorarono” (Mt 28,9).
Così pure nell’Apocalisse: “I ventiquattro vegliardi si prostravano davanti a colui che siede sul trono e adoravano colui che vive nei secoli dei secoli e gettavano le loro corone davanti al trono” (Ap 4,10).
5. La postura del corpo nell’atto di adorazione ha subito delle trasformazioni nel corso dei secoli.
La genuflessione e anche il pregare in ginocchio esprimono l’adorazione.
Anche la prostrazione è una forma di adorazione. Era frequente in Israele e anche tra i primi cristiani. Si fa con il corpo e il volto stesi a terra.
Altra forma di adorazione è anche quella di pregare con le mani alzate verso il cielo: “Innalziamo i nostri cuori al di sopra delle mani verso Dio nei cieli” (Lam 3,41). San Benedetto morì in piedi con le mani alzate al cielo” (San Gregorio magno, Dialoghi, 2,37)] .
Un altro gesto di adorazione consiste nel congiungimento delle mani. Così Santa Scolastica († 547) pregava per ottenere che suo fratello rimanesse più a lungo con lei (Ib., 2, 33).
Nei primi tre secoli i cristiani pregavano soprattutto in piedi, come gli ebrei (cfr.Ne 8,5; Ez 2,1) e come si faceva al tempo di Gesù (cfr. Mc 11,25; Lc 18,13). Nelle catacombe gli oranti sono rappresentati così.
6. Venendo al tuo primo quesito, il parroco si è espresso in termini corretti.
Prevedendo che alcune persone, soprattutto anziane, non avrebbero potuto a lungo né stare sempre in piedi o in ginocchio, ha aggiunto: anche seduti.
7. Passando adesso il problema delle messe per i vivi, bisogna subito dire che non c’è dono più grande che si possa fare ad una persona che far celebrare una Santa Messa per lei.
Dunque è anche il più bel regalo che si possa fare a se stessi.
Non è necessario che tu manifesti al sacerdote quale sia l’intenzione.
È sufficiente che tu gli dica che celebri secondo le tue intenzioni.
7. Il Santo Curato d’Ars in termini molto semplici ma precisi diceva che “tutte le opere buone riunite non equivalgono al santo sacrificio della Messa, poiché esse sono opera degli uomini, mentre la Messa è l’opera di Dio. Anche il martirio è niente, in confronto: è il sacrificio che l’uomo fa a Dio della propria vita: la Messa è il sacrificio, invece, che Dio fa all’uomo del Suo Corpo e del Suo Sangue” (A. Monnin, Spirito del Curato d’Ars, p. 80] .
8. Del medesimo avviso è Sant’Alfonso dei Liguori: “Dio stesso non può fare che vi sia nel mondo un’azione più grande della celebrazione di una Messa. Tutti i sacrifici antichi, con cui fu tanto onorato Iddio, furono solo un’ombra e una figura del Sacrificio dell’altare. Tutti gli onori che da sempre gli hanno dato e gli daranno gli angeli con i loro ossequi, e tutti gli onori che gli uomini gli hanno dato e gli daranno con le loro opere, con le loro penitenze e i loro martiri, non hanno potuto e non potranno giungere a dar tanta gloria al Signore, quanta gliene dà una sola Messa. Perché mentre tutti gli onori delle creature sono onori finiti, l’onore che riceve Iddio nel Sacrificio dell’altare, venendogli offerta una vittima d’infinito valore, è un onore infinito” (Sacerdote, ascoltami, p. 162).
9. Un riferimento prezioso sull’utilità delle Sante Messe per i vivi, per qualsiasi causa, lo troviamo nella Sacra Scrittura, e precisamente nel libro di Giobbe dove si legge: “I suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti per ognuno di loro. Giobbe infatti pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno maledetto Dio nel loro cuore». Così era solito fare Giobbe ogni volta” (Gb 1, 4-5).
L’olocausto offerto da Giobbe non era la Messa, non era il sacrificio di Gesù. Ne era tuttavia una prefigurazione.
Con l’augurio che tu possa ottenere le grazie più belle per la vita presente e soprattutto per quella futura mediante la celebrazione di Sante Messe per te, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo