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Quesito
Caro Padre Angelo,
due anni fa ho deciso di abortire volontariamente il mio bimbo perché affetto da un anomalia genetica rara.
Era il mio primo bambino, tanto desiderato.
Da allora dopo un periodo di apparente sollievo e serenità ,continuo ad avere rimorso opprimente .
Quello che mi tormenta è pensare che il mio bimbo non sia in paradiso e che Dio non mi possa perdonare per aver scelto di non donare vita di sofferenza al mio bimbo.
Ad oggi non riesco a restare incinta e la sento come un’atroce punizione che aggiunge dolore ad altro dolore….nessuna mamma saprà mai che significa uccidere il proprio figlio e vederlo in ogni bambino che ti passa accanto tutti i giorni…se non ha provato questa tragica esperienza.
Mi sento sola nel mio dolore… chiedo tutti i giorni a Dio e al mio bambino di perdonarmi.
Uccidere il tuo bambino è un sacrificio troppo grande e forse non si dovrebbe sopravvivere ad un sacrificio così … Sola in mezzo a tanta gente che crede di saper tutto e fino in fondo, è la punizione più oscura e atroce con cui si deve convivere. La scienza non è onniscienza e non rende i casi della vita tutti uguali.
Padre Angelo vorrei che pregasse per me e per il mio Matteo a cui chiedo aiuto ogni giorno nella speranza del suo perdono.
Spero che Dio mi mandi un fratellino del mio piccolo e vorrei che lui sapesse che lo volevo tantissimo e gli volevo tanto bene.
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. ti ringrazio per quanto hai scritto.
Hai condensato tutto quello che mi è capitato di sentire nelle varie confessioni di aborto che ho ascoltato.
Ben presto come sacerdote ho imparato a capire che non c’è nessuna esperienza tanto tragica e carica di conseguenze come quella dell’aborto.
Non so come alcuni possano dire che l’aborto è un diritto, che l’aborto non si tocca!
2. Il pensiero di quella creatura innocente che hai portato nel tuo grembo per alcuni mesi non lo puoi dimenticare.
Come non puoi dimenticare tutto quello che ha preceduto, accompagnato e seguito quella terribile azione.
Rivedi le persone che hanno acconsentito e che lo hanno attuato. Forse adesso ti parrà di vederle con la morte nel cuore. Erano ministri di morte.
3. L’unica consolazione è quella che deriva dalla fede: sapere che il bambino, al quale ha dato il nome di Matteo, ti ha perdonata e ti ama.
Se Matteo potesse parlarti ti direbbe forse quanto Giuseppe il patriarca disse ai suoi fratelli quando li ritrovò davanti a sé.
Bisogna ricordare che i suoi fratelli avevano deciso di ucciderlo. Poi cambiarono idea e decisero di venderlo ad una carovana di madianiti che andava in Egitto.
Qui Giuseppe divenne vice re e messo a capo della distribuzione dei viveri.
In Egitto poi vi andarono anche i suoi fratelli costretti dalla fame e dalla generale carestia. Non sapevano però che il loro fratello avesse fatto una così grande fortuna e che fosse proprio lui a presiedere alla distribuzione dei beni.
Quando Giuseppe se li vide davanti non riuscì a trattenere il pianto e disse: “Io sono Giuseppe! È ancora vivo mio padre?” (Gn 45,3).
“Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché sconvolti dalla sua presenza” (Gn 45,4).
Allora Giuseppe fece avvicinare i fratelli e disse: “Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto.
Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita” (Gn 45,5-6).
4. Giuseppe aveva visto un disegno di Dio nell’azione compiuta dai fratelli.
E insistendo una seconda volta sul disegno di Dio dice: “Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura.
Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione” (Gn 45,6-7).
5. Poi per una terza volta Giuseppe sottolinea il disegno divino: “Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto” (Gn 45,8-9).
6. L’espressione “è stato Dio a mandarmi qua” è un’iperbole.
Vuol dire che Dio aveva permesso quel male solo in vista di un bene molto grande.
E questo bene molto grande Giuseppe l’aveva visto chiaro: “per conservarvi in vita” (Gn 45,6), “per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione” (Gn 45,7), “Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto” (Gn 45,9).
7. Così è successo anche per il tuo Matteo.
Quanto è stato fatto su di lui rimane un male gravissimo.
Ma l’ultima parola su questa dolorosissima vicenda non è stata e non è la tua, ma quella di Dio.
Così come avvenne per Giuseppe e per i suoi fratelli.
8. Certo non verrà meno la voce della tua coscienza.
Ma insieme con questa cerca di fissar la tua attenzione sull’ultima parola, che è quella di Dio: ha permesso questo male per un grande disegno di bene per te, per Matteo e per molti.
Sì, come Dio ha permesso la crocifissione di Gesù in vista di un bene più grande (la redenzione e la risurrezione), così il Signore ha permesso questa tragedia per dei beni più grandi.
E forse qualcuno di questi beni più grandi li stai già sperimentando proprio per quello che hai fatto: è accresciuto il pentimento, il pianto, l’espiazione, il merito, la redenzione!
Il merito! Questo sembra pazzesco. Ma Dio fa così con tutti i nostri peccati quando per essi ce ne pentiamo, piangiamo e domandiamo il suo perdono.
9. Siamo alla vigilia di Natale.
Pensa al Natale di Matteo, come lo vede e come lo vive in Paradiso.
Chiedi a tuo figlio che è andato avanti prima di te per conservarti in vita di domandare al Signore un fratellino.
Chiedigli anche di pregare per te perché tutti insieme possiate un giorno ritrovarvi a lodare e benedire per sempre la misericordia del Signore.
Digli di domandare a Dio anche questa grazia: che il suo fratellino possa compiere sulla terra anche il bene che avrebbe potuto compiervi lui.
Ti assicuro la mia preghiera per quanto mi hai chiesto.
Che in questo Natale sovrabbondi in te la grazia e con essa ogni altro bene.
Ti benedico e ti abbraccio.
Padre Angelo