Questo articolo è disponibile anche in: Italiano
Quesito
Caro Padre Angelo, come sempre, quando meno me l’aspetto, Dio mi fa dei doni e, oltre che ammaestrarmi, mi rende lieto il cammino talvolta difficile.
Per esempio, ho sperimentato appieno quello che lei ha scritto in risposta a un recente quesito, sull’effetto unico della grazia nella confessione.
Mi è capitato purtroppo di aver commesso un peccato grave. Mi mi sentivo di cattivo umore per quello che avevo fatto.
Appena mi sono confessato, non solo è sparito il senso di colpa, ma persino la stanchezza e lo scoraggiamento sono andati via… insomma un cambiamento radicale, sono stato di buonumore tutta la giornata… e questo grazie a una semplice confessione di pochi minuti. Ciò fa capire la potenza nascosta di questo sacramento.
La saluto augurandole ogni bene.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. il repentino cambiamento di stato d’animo merita di esser sottolineato e presentato a tutti. È stato una vera grazia del cielo. Un segno tangibile della presenza del Signore risorto nella tua anima.
Anche l’esperienza dell’amarezza che provavi quando non eri in grazia è stata a suo modo una grazia.
Non ancora quella grazia che i teologi chiamano santificante. Perché il Signore è tornato ad abitare in te in pienezza come in un tempio attraverso la Confessione.
Ma si è trattato di quella grazia che i teologi chiamano grazia attuale, e cioè di un impulso dello Spirito santo che prepara a ricevere la grazia santificante.
Anche attraverso quell’amarezza il Signore ti chiamava. Sapeva che tu non avresti avuto pace se non incontrando Lui e vivendo in Lui.
2. Il senso di contentezza che hai provato dopo la confessione nasce anche da un altro fatto: a motivo del peccato l’uomo si trova “diviso in se stesso”, come dice il Concilio nella Gaudium et spes n. 13.
Il peccato è una ferita che portiamo nel fondo di noi stessi: ferita nel nostro rapporto con Dio, ferita in rapporto a noi stessi, ferita in rapporto agli altri. Nel sacramento questa ferita viene sanata.
È una guarigione simile a quella operata da San Pietro alla porta del tempio nei confronti dello storpio.
E quello storpio è un’immagine via della realtà del peccato, che ci deforma in tutte le nostre relazioni e ci fa star male.
Pietro, che si trova insieme a Giovanni, gli dice: “Guarda verso di noi. Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!». E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio” (At 3,4-8).
Pensa alla gioia di quell’uomo, si è trovato a camminare, a saltare (per la gioia e la freschezza ritrovata) e a lodare Dio.
E quell’uomo è simbolo di ogni peccatore che viene rimesso in salute dal sacerdote, che in quel momento agisce con la forza stessa di Cristo, nello stesso modo in cui Pietro quella volta non operò con le sue forze, ma con la potenza di Cristo che albergava in lui.
3. La gioia che tu hai provato dopo la confessione è un’eco della gioia di Zaccheo dopo aver ascoltato la chiamata del Signore: “scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19,3). Egli “subito scese lo accolse pieno di gioia” (Lc 19,6).
È un’eco della gioia che nel giorno della risurrezione il Signore ha infuso nel cuore degli apostoli. Dopo aver rinnegato il Signore erano tristi. Ma adesso gioiscono nel vedere il Signore (Gv 20,20).
Sono contento di quanto mi hai scritto e vorrei che tutti sperimentassero quanto hai provato tu dopo la confessione.
Viene da piangere per la commozione perché, dopo i nostri peccati, sappiamo di non meritare un trattamento simile.
Ti ricordo sempre nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo