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Quesito
Caro Padre Angelo,
cerco di vivere la mia vita di cristiano sempre più intensamente, consapevole dei miei limiti e delle mancanze e con la speranza di migliorare in un cammino continuo di conversione.
Ho un dubbio, fra i tanti: diversi miei conoscenti conducono un’esistenza onesta, dediti al lavoro, alla famiglia e rispettando ogni regola di civile convivenza; ma del tutto disinteressati alla pratica religiosa, atei molte volte.
In sostanza una vita specchiata ma anche una vita del qui e ora.
Qual è il loro destino rispetto al progetto di salvezza?
Grazie
Maurizio
Risposta del sacerdote
Caro Maurizio,
1. la Sacra Scrittura dice che “senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano” (Eb 11,6).
Commenta San Tommaso: “Nessuno più piacere a Dio se non si accosta a lui secondo quanto è scritto in Gc 4,8: “Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi” e nel salmo 33,6: “Guardate a lui e sarete raggianti”.
Ma nessuno si avvicina a Dio se non per la fede perché la fede è la luce dell’intelletto.
Dunque nessuno può essere gradito a Dio se non per la fede. E bisogna che chi si avvicina a Dio per fede creda nel Signore” (Commento a Eb 11,6).
2. San Tommaso ne porta la motivazione dicendo che quando ci si mette in movimento è necessario sapere quale sia l’obiettivo per non sbagliare strada.
Ora se si vive semplicemente alla giornata che cosa si costruisce per la vita eterna?
La conoscenza dell’obiettivo illumina la nostra condotta.
Ora se l’obiettivo è santo ed è di ordine soprannaturale lo si può conseguire solo attraverso una vita santa e vissuta nell’ordine soprannaturale, vale a dire nella grazia.
3. Ma una persona che non conduce una vita santa, pur essendo onesta per quanto riguarda il rapporto con gli altri, inevitabilmente cade in alcuni peccati come ad esempio il non santificare le feste, il non pregare, il non ringraziare mai per i benefici ricevuti e il non fare nulla per Dio.
Ugualmente ci sono altri ambiti, come ad esempio quelli della purezza, per cui pur vivendo in maniera onesta perché non si tradisce il coniuge, non si vive la propria sessualità secondo Dio e in ordine a Dio.
4. A questo proposito desidero riferire un evento particolare di Santa Caterina da Siena. Era ormai particolarmente santificata per mezzo del matrimonio mistico celebrato con il Signore e confermata in grazia. Chiese al Signore di poter entrare subito con lui nella gloria.
Il Signore le rispose che anche lui aveva il desiderio fortissimo di poter consegnare se stesso agli uomini nell’eucaristia tanto che sedendo a tavola per l’ultima cena disse: “Con desiderio ho desiderato di mangiare questa Pasqua insieme con voi”. E però ha dovuto attendere perché doveva prima annunciare la dottrina e confermarla con i miracoli. E quindi era giusto che attendesse anche lei.
Allora Santa Caterina gli chiese di poter vivere tutti i dolori della sua passione.
Il Signore glielo concesse e il dolore fu così grande che le si spezzò il cuore al punto da cessare di vivere.
Tutti la credettero morta e già si davano da fare per la celebrazione delle esequie. Dopo quattro ore, Caterina rinvenne dispiaciuta di essere tornata di qua e capì che quello che nel frattempo aveva visto doveva servirle per accendere in lei un desiderio più veemente per la salvezza di tutti.
5. Il suo padre spirituale, il beato Raimondo da Capua, le chiese che cosa avesse visto e Caterina gli disse: “Padre, l’anima mia vide ed intese tutto quello dell’altro mondo che per noi è invisibile: la gloria dei Santi, cioè, e le pene dei peccatori. (…). State pur certo che l’anima mia ha contemplato la divina Essenza, ed è questa la ragione, per la quale io rimango scontenta, nel carcere del corpo. Se non mi trattenesse l’amore di Lui e l’amore del prossimo, per cui egli mi rimandò nel mondo, io me ne morrei di dolore. (…).
Vidi anche le pene dei dannati e di quelli che sono nel Purgatorio, ma non vi sono parole adatte per descriverle adeguatamente. Se i poveri mortali potessero intravedere la più piccola di quelle pene, preferirebbero certamente dieci volte la morte prima di sopportare per un giorno solo la pena più lieve.
Fui colpita in un modo speciale da come si puniscono coloro che peccano nello stato matrimoniale, non rispettandolo come è loro dovere, e cercandovi le soddisfazioni alla loro concupiscenza”. Il beato Raimondo le domandò allora perché quel peccato, che non era più grave degli altri, fosse punito gravemente. Rispose: «Perché a quel peccato non gli danno importanza, e per conseguenza non ne hanno il dolore come degli altri, e, quindi, vi cadono più spesso e con più facilità». E soggiunse: «Troppo è pericolosa quella colpa, anche per piccola che sia, perché chi la commette, non si cura di allontanarla con la penitenza” (Santa Caterina da Siena, Legenda major, n. 215).
6. Noi siamo persuasi che Dio fa sempre di tutto e fino alla fine per condurre a salvezza le persone.
E siamo anche persuasi che esse, soprattutto attraverso l’onestà di vita e in modo particolare per mezzo dell’elemosina, si aprono a ricevere la grazia.
Ma alcuni peccati, pur gravi sebbene non siano i più gravi, accecano la mente e impediscono di accogliere la luce divina e di avvertire le chiamate del Signore.
C’è il pericolo che si realizzi per costoro quanto ha detto il Signore per alcuni che si accorgeranno di lui solo dopo la morte: “Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: «Signore, aprici!». Ma egli vi risponderà: «Non so di dove siete»” (Lc 13,25).
Con l’augurio che il Signore ti accolga dicendo: “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,21) ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo