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Quesito
Caro Padre Angelo,
grazie per il servizio che offre e in cui si impegna con amore di carità. Ho letto oggi alcune pagine del suo sito in cui tratta l’argomento della povertà di spirito e della gioia che si vive in questa beatitudine. L’esempio più bello in assoluto è quello di Gesù. Anche gli altri esempi che ha riportato sono nutrimento per l’anima. Mi sono venute però tante paure e ansie. Difendersi dalle eventuali calunnie ricevute, adoperarsi per far valere le proprie ragioni dinnanzi ad alcuni comportamenti ingiusti, rispondere al momento giusto con rettitudine ma con una certa incisività rappresenta peccato? Si può conciliare la povertà di spirito con un atteggiamento assertivo?
Grazie in anticipo per la sua risposta.
Simonetta
Risposta del sacerdote
Cara Simonetta,
1. la povertà di spirito è certamente un atteggiamento molto bello e raccomandato da Nostro Signore.
2. Tuttavia per motivi di giustizia e di carità ci può essere il dovere di difendersi.
Penso ad esempio al caso di una calunnia che diffama non sono la persona coinvolta, ma anche la famiglia, e in particolare i figli.
3. Solo per portare un esempio: San Luigi Orione chiese che fosse ritrattata pubblicamente una calunnia nei suoi confronti proprio perché aveva gravemente danneggiato la sua figura dinanzi ai suoi seminaristi.
I suoi seminaristi avevano il diritto di avere un padre da imitare e da seguire fiduciosamente.
4. Penso anche a San Paolo che sfruttò il titolo di cittadinanza romana per non essere processato a Gerusalemme.
Volle infatti appellarsi all’imperatore. Coloro che erano onorati del titolo di “cittadini romani” avevano questo privilegio.
Ecco il testo degli Atti degli Apostoli che fa riferimento a questo: “Festo, volendo fare un favore ai Giudei, si rivolse a Paolo e disse: «Vuoi salire a Gerusalemme per essere giudicato là di queste cose, davanti a me?». Paolo rispose: «Mi trovo davanti al tribunale di Cesare: qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente. Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c’è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare». Allora Festo, dopo aver discusso con il consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai»” (At 25,9-12).
5. Fece così anche mentre stava subendo un processo da parte del sinedrio.
In quel processo Paolo agì d’astuzia. Sapendo che è una parte dei membri del sinedrio era di sadducei e un’altra di farisei (i primi negavano la vita futura e la risurrezione dei morti mentre i secondi vi credevano fermamente), disse: “Io sono fariseo, figlio di farisei”. Ed effettivamente prima della conversione faceva parte del partito dei farisei.
Scoppiò allora una grande discussione al punto che i farisei cominciarono a difenderlo.
Ed ecco cosa dice il testo sacro: “La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma»” (At 23, 10-11).
Così, rinforzato da quanto gli aveva detto il Signore, non esitò ad appellarsi a Cesare.
6. Gesù stesso, che è il povero in spirito per eccellenza, non ha rinunciato ad ammonire il servo del sommo sacerdote quando gli diede uno schiaffo.
Lo fece per il bene di quel servo stesso per reprimere la sua arroganza e per insegnare a difendersi con le armi della verità.
Gli disse infatti: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,23).
7. Lo stesso discorso vale anche quando una persona o una nazione viene colpevolmente aggredita da un’altra.
In tal caso, come insegna la Chiesa, c’è il diritto e anche il dovere di difendersi per tutelare il bene delle persone che ci sono affidate.
Pertanto vi possono essere situazioni che impongono di appellarsi alla giustizia.
Ti ringrazio di avermi dato occasione di fare questa puntualizzazione.
Ti benedico e ti ricordo nella preghiera,
padre Angelo