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Quesito
Caro Padre Angelo,
volevo inserire questa mia richiesta nel forum, perchè di utilità comune, ma benché mi sia iscritta, non riesco ad entrare, mi si dice errore ….
Insegno in un istituto privato, non religioso, non mi pagano, ma emettono busta paga ridotta per i contributi, tutti noi insegnanti firmiamo, benché non riceviamo neanche una lira (un cent).
Quando si fa la dichiarazione dei redditi, bisogna dichiararlo.
Tutti accettano, poiché hanno bisogno del punteggio.
Firmare e dichiarare il falso è peccato? Il compromesso spirituale va confessato?
Il discorso è di dominio pubblico, quindi il peccato è sociale?
gli enti preposti al controllo, benché informati non intervengono, (forse coinvolti? prendono la bustarella? o ……)
Gradirei chiarimenti.
Grazie,
Fernanda
Risposta del sacerdote
Cara Fernanda,
1. da quanto capisco tu non ricevi lo stipendio, ma ti vengono versati i contributi per le previdenze sociali.
Chi agisce in questo modo è scorretto perché chi intraprende un’iniziativa e chiama altri a collaborarvi deve essere in grado di dare quanto è giusto. Altrimenti è meglio che neanche inizi.
Dio ha detto: ama il prossimo tuo come te stesso. Certamente il tuo datore di lavoro non si accontenta di ricevere dalla sua iniziativa solo i contributi per le previdenze sociali, perché altrimenti morirebbe di fame. Perché allora fa con voi quello che non fa per se stesso?
2. Ma il tuo problema è un altro: faccio un peccato quando firmo? Devo confessarmi?
Di per sé né tu né altri dovreste firmare. Perché in questo modo permettete ad una persona di compiere delle ingiustizie.
Si tratta senz’altro di una violenza (oppressione) fatta nei vostri confronti.
Ma se voi acconsentite, non vi si fà ingiuria (consentienti non fit iniuria). E voi firmando accettate.
È vero che questa accettazione vi è praticamente estorta, perché non siete affatto d’accordo. È una vera e propria violenza morale. Sotto questo aspetto, firmando, non commettete peccato.
Voi avete anche il compito della denunzia. In teologia morale si dice che è cooperatore al male anche chi si comporta passivamente: colui che tace (mutus), che non ostacola (non obstans), che non denuncia (non manifestans).
Tu mi dici che la cosa è già stata fatta conoscere a chi di dovere e questi non interviene.
Ma se insistere ulteriormente avesse la conseguenza di essere lasciati a casa e non aver neanche quel poco che avete (punteggio, previdenze), allora è meglio tollerare un male minore che subirne uno più grande.
3. Pertanto, da parte tua, mi pare di poter dire che non hai da inquietare la tua coscienza.
La tua cooperazione passiva al datore di lavoro non è un consenso al male che egli compie. Perché questo male non lo vuoi, è stato denunciato e lo sopporti tuo malgrado.
Forse altri sarebbero più severi di me e direbbero che non ci si deve immettere in strutture palesemente ingiuste.
E tuttavia, pensando che il lavoro fa anche un servizio sociale (perché strutture come quelle sono anche necessarie), e, per quanto pochi, si ricevono alcuni beni, non credo che uno debba sentirsi condannato in coscienza. Perchè allora dovremmo condannare anche tutte quelle moltitudini di poveri lavoratori che nel corso della storia sono state vittime di imprenditori egoisti e ingiusti e hanno accettato salari di fame per mantenere la propria famiglia. Oltre che vittime, vorremmo farli anche diventare cooperatori al male? Questo sarebbe il colmo.
Ma per il tuo datore di lavoro, le cose sono molto serie, perché l’oppressione dei poveri e il frodare la mercede agli operai sono peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. E per un simile comportamento sarà ben difficile (solo per usare un eufemismo) che tanto lui quanto la sua iniziativa possano prosperare.
Spero di essere stato chiaro.
Ti saluto, ti accompagno con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo