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Quesito

Reverendo Padre Angelo,
le scrivo per sottoporle un quesito molto privato, ma del quale può pubblicarne il contenuto, se ritiene che possa essere di conforto anche per altri, che sono nella mia stessa situazione. (Ovviamente omettendo il cognome presente nella mail).
Detto senza mezzi termini, non so più come far convivere la mia fede con la mia omosessualità. Sin da bambino ho provato particolare ed esclusiva attrazione (solo estetica negli anni pre-pubertà) verso i miei coetanei del medesimo sesso. Tuttavia ho sempre cercato di vivere da cattolico e reprimere l’esercizio di tale orientamento.
Nella pubertà, poi, quando si è fatto evidente, ho cercato di respingerlo con ogni mezzo: Rosario e Messa quotidiana, contemplazione fino alle lacrime, ho provato anche penitenze corporali e addirittura a giurare sulle Scritture, perché Dio me ne liberasse. Ma quel giuramento diventò solo un peccato quando non lo seppi mantenere. Dopo qualche anno di continua sofferenza, non solo non ottenni nulla, ma mi innamorai anche di un mio coetaneo ed ebbi le mie prime esperienze.
Non mi stupirei che chi legga questo ne rimanga schifato se è etero, come quei due sacerdoti dai quali mi confessai in quel momento; i quali mi risposero di abbandonare la cattiva strada per orientare la mia sessualità verso il gentil sesso… Peccato che questo sia praticamente impossibile… La cura rimasta è una e se non funziona sei perso.
Ovviamente lasciai quel ragazzo, per amore di Dio e amore suo, per obbedire al primo e non infettare col mio peccato il secondo. Pregai Dio di condannare me per quel peccato e non lui, ormai di me non me ne importava più nulla. Pregai anche perché Dio, se fosse stata la sua volontà, mi facesse morire in stato di grazia e il prima possibile, affinché non fossero prolungate le mie sofferenze. Ma se ora le scrivo è perché, a quanto pare, non fu nei suoi progetti il concedermi tale sollievo.
Forse penserà che una simile frustrazione venga dalla mia omosessualità, e che questa può generare solo tali cose, ma la mia angoscia veniva dalla contraddizione di amare qualcuno più di me stesso e al contempo amare anche Dio sopra me stesso, ma non poter conciliare le cose per ciò che afferma la Santa Romana Chiesa Cattolica in proposito. E volendole essere obbediente in tutto, rinunciai alla felicità, che per me non sarebbe stata contraddittoria, cioè vivere la mia omosessualità e la fede in Dio.
So che lei ha risposto ad altre lettere di questo tipo e pubblicandole mi ha fornito una serie di questioni interessanti, ma che non hanno fatto altro che ispirarmi ulteriori domande.
Anzitutto la questione dell’apparato riproduttivo. Mi pare che sia riduttivo chiudere la questione sessuale all’interno di una definizione così materialista, senza tener conto degli affetti che vanno oltre ad una mera funzione meccanica. Proprio la Chiesa, forse ultimo baluardo di ricche considerazioni metafisiche, vuole veramente cedere ad una simile definizione positivista dell’apparato citato? Ed è possibile che tale affetto sia possibile esprimerlo solo nella riproduzione? Perché non vi sono allora sposi ancora vergini nella Chiesa o con dozzine di figli come una volta? Non vorrei risultarle irriverente, ma mi pare che ormai certe cose rimangano solo dette. Ma avrebbe ragione a rispondermi che il comportamento altrui non giustifica la cosa.
Altra questione è la normalità. Mi pare ovvio che l’omosessualità non è normale, ovvero non è nella norma. Ma neanche l’intelletto di un genio non lo è, eppure non lo riteniamo una cosa negativa. Davvero la normalità è sintomo di correttezza? Vado subito al Catechismo della Chiesa Cattolica, per chiederle delucidazioni in proposito. “La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale”.
Ora io mi chiedo se si può dar sentenza su qualcosa la cui eziologia è ignota. Non si può approvare, è vero, ma neanche condannare. E questo non vale solo per la tendenza in potenza, ma anche per il proprio atto, essendo ciò che è in potenza per natura predisposto a perfezionarsi nella sua attualizzazione. Anche l’appoggio alle Scritture fa riferimento al Levitico “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro”. Il quale però mi pare variato nel discorso di Cristo sulla purezza: “Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l’uomo”.
Non mi pare siano citate cose come la masturbazione e l’omosessualità, ma riguardo alla sessualità si parla solo di adulterio (dunque con donna d’altri, ovvero già sposata) e di prostituzione. E affermare che neanche siano state negate, significa affermare che a parte il cibo e il lavarsi le mani, il resto del Levitico sia da rispettare, come non toccare donne col mestruo o non portale abiti di due o più componenti e via dicendo. Ma rimarrebbe la questione di San Paolo “né effeminati, né sodomiti… erediteranno il Regno di Dio” e “gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini”. Qui parla di effeminati, cosa che non sono, e sodomiti. Riguardo a Sodoma mi pare che non si parli di omosessualità nel testo originale, ma di violenza (tra l’altro verso gli angeli, che, se non erro, dovrebbero essere asessuati). Per quanto riguarda il “lasciare il rapporto naturale con la donna”, mi pare che San Paolo si riferisca solo a chi prima ne avesse l’orientamento, poiché non si può lasciare qualcosa che non si è mai avuto; dunque non varrebbe per chi si è sempre sentito omosessuale. In più mi chiedo: se le Sacre Scritture sono ispirate dallo Spirito Santo, ma scritte da mano d’uomo, cosa impedisce che San Paolo si possa essere sbagliato come San Pietro, ancora legato alle norme di purezza sui cibi negli Atti degli Apostoli e ripreso da Dio? Qui non parla il Cristo, ma San Paolo e cosa garantisce che la Sacra Tradizione non sia contaminata dalla “tradizione di uomini” condannata da Cristo?
Non ho voluto parlare di genere, perché ritengo che molti omosessuali siano effeminati per pura reazione di ripicca ad un mondo che li condanna, né delle adozioni, perché ritengo che vi sia una naturalezza della famiglia dove la natura ne permette la nascita e lì devono crescere. Mi chiedo se anche gli orfanotrofi siano naturali. Credo di no e credo che in situazioni di emergenza, come per gli orfani, si possa fare un’eccezione. Tralascio la presunta omosessualità di alcuni santi: i Santi Sergio e Bacco (il primo nella loro “Passio” descrive il secondo come “dolce compagno e amante”), San Aelredo di Rievaulx (è noto quanto dice del confratello Simone nella “Amicizia Spirituale”) e il Beato John Henry Newman (che volle farsi seppellire nella stessa tomba di un amico molto intimo).
Nonostante il mio intelletto non abbia saputo ancora confutare tutto questo, finora ho perlomeno cercato di obbedire a Santa Madre Chiesa, non ho ritenuto convincenti le sue motivazioni, ma ho obbedito ugualmente al suo Magistero ed a ogni peccato ho chiesto perdono. Ma le contraddizioni che vivo mi hanno portato a dubitare. Sì, lo ammetto, ho pensato anche ad altre religioni o confessioni, per vivere pienamente la mia natura e se non mi concede tale termine, almeno il mio desiderio, il quale non credo si possa aristotelicamente frustrare. La verità è però che credo fermamente nel Dio cristiano e che il Papa è il Successore di San Pietro.
L’amore che Cristo mi concede nella preghiera è immenso e se solo mi concedesse di andarmene da questo mondo, fosse anche l’inferno, a me basterebbe che ci sia Lui. L’esperienza dice ciò che i concetti non possono sequestrare. Ora che ho gustato la gioia di appartenergli non potrei vivere che da cattolico e al limite potrei passare la vita a fare finta di odiarlo, rimanendo come colui che aspetta l’amato e non osa più chiedergli perdono. Tuttavia la Chiesa mi offre una sola possibilità: non poter esprimere negli atti la mia sessualità. Quale vocazione di vita mi rimane? Non mi prenderò sicuramente gioco né del Sacramento del Matrimonio né di quello dell’Ordine, quando sento in me forte il desiderio di amare un compagno. Non mi rimane che morire, o vivere infelicemente per la carne (con Dio, ma senza un compagno) o per lo spirito, (con un compagno, ma senza Dio) e dato che certi dualismi sono eresia, non mi rimane che morire o vivere interamente nell’infelicità.
Preghi per me, Padre, perché io non ne ho più la forza.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. nessuno proibisce l’amicizia con una persona dello stesso sesso.
Ma altro paio di maniche sono gli atti omosessuali che contraddicono l’intrinseco significato di quegli stessi atti.
I sessi non sono fatti per congiungersi in quel modo.
Per questo certi atti sono detti contro natura.

2. Il paragone che fai con un’intelligenza superiore alla norma non tiene.
Infatti l’intelligenza superiore alla norma non contraddice il significato dell’intelligenza, ma lo realizza in maniera più profonda.
Essere super dotati nell’intelligenza, non è nella norma, ma non è contro natura.
Mentre gli atti omosessuali non solo non sono normali, ma contro natura.

3. Non sto a ribattere tutte le obiezioni (perfino nei riguardi di Sodoma!) che si tirano fuori per dire che la Sacra Scrittura non condanna gli atti omosessuali.
È sorprendente questa cecità, probabilmente frutto della pratica sodomitica, che rende ragione di quanto san Paolo dice: “Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne. (…)
E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa” (Rm1,26-28.32).

4. A proposito di Sodoma l’autorevole Bibbia di Gerusalemme annota a Gn 19,5: “Il vizio contro natura, che trae il nome da questo racconto, era in abominio agli israeliti (cfr. Lv 18,22: “Non avrai con un maschio relazioni come si hanno con una donna: è abominio”) e punito con la morte (cfr. Lv 20,13: “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro”), ma era diffuso intorno a loro (Lv 20,23: “Non seguirete le usanze delle nazioni che io sto per scacciare dinanzi a voi. Esse hanno fatto tutte quelle cose; perciò io le ho in abominio”).
Non basta quest’affermazione?

5. Di San Paolo però non c’è solo il testo che ti ho citato.
C’è anche quello da te menzionato dove si parla di “effeminati e sodomiti”.
Ebbene qui San Paolo dice: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti…. erediteranno il regno di Dio” (1 Cor 6,9.10).
I sodomiti vengono chiamati “arsenokoitai”, che nel dizionario base del Nuovo Testamento curato da B. Corsani (protestante), viene tradotto: “sodomita, maschio sessualmente depravato”. In latino “masculorum concubitores”.
San Paolo non è Nostro Signore, certo.
Ma la parola di San Paolo è Parola di Dio.
L’autore principale delle lettere di san Paolo è Dio. San Paolo è lo strumento umano di cui Dio si è servito.
San Paolo esprime la medesima dottrina anche in 1 Tm 1,10-11 dove la sodomia è condannata come una pratica “contraria alla sana dottrina, secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato”.

6. Ma, oltre a san Paolo, c’è anche S. Pietro che parla di questo peccato quando dice che Dio “condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente.
Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati.
Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie” (2 Pt 2, 6-8).
E, a consolazione dei giusti che soffrono per quelle depravazioni e sono derisi o anche perseguitati da quelli che le compiono, soggiunge: “Il Signore sa liberare i pii dalla prova e serbare gli empi per il castigo nel giorno del giudizio, soprattutto coloro che nelle loro impure passioni vanno dietro alla carne e disprezzano il Signore” (2 Pt 2,9-10).

7. Un giudizio analogo si trova nella lettera di Giuda: “Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno” (Gd 7).

8. Sicché dall’insieme della S. Scrittura appare netto il giudizio sulle relazioni omosessuali.
Tanto che un apprezzato studioso dell’omosessualità, Hermannn Hartfeld, pastore protestante a Zurigo, ha affermato che, nonostante i costumi dei popoli vicini, il mondo giudaico cristiano ha rifiutato sempre e risolutamente ogni pratica omosessuale (H. HARTFELD, Homosexualität im Kontest von Bibel Theologie und Seelsorge. Cfr. L. CICCONE, Etica sessuale, pp. 192-193).

9. Fai riferimento anche all’ipotesi di qualcuno, che arrampicandosi sugli spechi per negare ciò che è evidente, dice che San Paolo in Rm 1 condannerebbe l’inversione o la deviazione dall’eterosessualità all’omosessualità, ma non l’omosessualità come inclinazione psicofisica.
Ma questa distinzione, a parte la mancanza di fondamento biblico, non regge di fronte allo spirito della Scrittura che nella sua globalità è contrario all’omosessualità.
Per questo il magistero ha dichiarato che “la dottrina della Chiesa non è basata su frasi isolate, da cui si possano trarre discutibili argomentazioni teologiche, ma piuttosto sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica.
L’odierna comunità di fede, in ininterrotta continuità con le comunità giudaiche e cristiane all’interno delle quali le antiche Scritture furono redatte, continua a essere nutrita da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di verità di cui esse sono Parola.
È egualmente necessario riconoscere che i testi sacri non sono realmente compresi quando vengono interpretati in un modo che contraddice la tradizione vivente della chiesa.
Per essere corretta, l’interpretazione della Scrittura dev’essere in effettivo accordo con questa tradizione” (Homoxessualitatis problema 5).

10. Il biblista M. Gilbert dice che “l’omosessualità è il flagello del paganesimo, e colui che crede nella Rivelazione non può trovare lì la via della sua vita” (Che cosa dice dell’omosessualità il Nuovo Testamento, cfr. O. R. 8.11.1996, p. 2).
Per questo la Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede Persona humana afferma che “le relazioni omosessuali sono condannate nella Sacra Scrittura come gravi depravazioni” (PH 8).
Il CCC: “La tradizione catechistica ricorda pure che esistono peccati che gridano verso il cielo”.
Indiscutibilmente questa è la dottrina di sempre della Chiesa.

11. Dici poi: “Io mi chiedo se si può dar sentenza su qualcosa la cui eziologia è ignota”.
Già, ma non si può forse dire che uno ha ammazzato una persona anche se non conosciamo il suo movente?
Qui si valuta l’atto, non il soggetto che l’ha compiuto.
La valutazione del soggetto è un altro paio di maniche.

11. Infine dai per buona l’asserzione di chi dice che alcuni Santi sarebbero stati omosessuali.
Ma anche ammesso questo, che è tutto da dimostrare, l’inclinazione omosessuale non è un peccato.
Il che sta a dire che anche coloro che hanno tali tendenze possono giungere a vertici di comunione molto alta con Dio.
Ciò che ostacola la santità e la vita di grazia non è l’inclinazione omosessuale, ma il peccato.
Per questo anche tu con la castità puoi diventare un grande santo.

Te lo auguro di cuore, perché solo così potrai essere pienamente felice, a dispetto di coloro che si definiscono gay (felici) ma che dentro di sé provano un’amarezza tale da chiedere non di rado a Dio (come è capitato anche a te) di togliere loro questo supplizio chiamandoli direttamente all’altra vita.
Non è la presenza del compagno con relativi atti che fa star meglio, ma solo una vita santa, vissuta secondo Dio.

Ti assicuro ben volentieri la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo