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Quesito
Caro Padre Angelo,
da un po’ di tempo mi sto interessando alla vita e al carisma Domenicano.
Addirittura facendo un elaborato-seminario per la mia università (sono iscritto per conseguire la Licenza in pastorale Biblica in un ateneo pontificio di Roma) ho fatto anche riferimento alla forte ed efficace predicazione del Grande Santo Domenico, che parlava sempre con Dio o di Dio a chi incontrava.
L’uomo diventa ciò che ascolta. Se non si ascoltano le cose di Dio chi diventeremo?
Quindi W la predicazione in tutte le sue forme.
Mi chiedo: se per Francesco d’Assisi ci fu un PASSO del Vangelo, anzi due che gli hanno aperto l’orizzonte della vocazione e missione… per Domenico esiste un passo che ha contraddistinto la di lui vocazione o Missione? Esiste un passo del Vangelo che identifica la chiamata alla via Domenicana?
Ancora, desideravo chiedere se il sogno di Papa Innocenzo III fatto ai tempi di Francesco e Domenico circa la caduta delle mura del Palazzo Apostolico, si riferiva solo al santo di Assisi o anche e se non solo a Domenico di Guzman?
Infine, concludo chiedendo, se esistono, oltre l ordinario, particolari segni vocazionali (in relazione al discernimento) che identificano e o aiutano a capire se si è chiamati a questa particolare vita di frati predicatori, annunciatori di verità e grazia.
GRAZIE, Devotamente saluto in Cristo.
DANIELE.
Risposta del sacerdote
Caro Daniele,
1. San Francesco aveva sentito un passo del Vangelo una volta che era entrato nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Gli era parso che indicasse la volontà di Dio su di lui.
Era un giorno tra il 9 e il 14 aprile 1208 e durante una Messa aveva sentito la narrazione della missione degli apostoli: “Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi” (Mt 10,7-14).
2. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, riferisce che “un giorno, in cui in questa chiesa si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli apostoli di predicare, il santo, che era presente e ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la messa pregò il sacerdote di spiegargli il passo. Il sacerdote glielo commentò punto per punto e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di divino fervore, esclamò: «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!».
Si affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia, a realizzare il salutare ammonimento; non sopporta indugio alcuno a mettere in pratica fedelmente quanto ha sentito: si scioglie immediatamente dai piedi i calzari, abbandona il suo bastone, si accontenta di una sola tunica, sostituisce la sua cintura con una cordicella. Da quell’istante confeziona per sé una veste che riproduce l’immagine della croce, per tener lontane tutte le seduzioni del demonio; la fa ruvidissima, per crocifiggere la carne e tutti i suoi vizi e peccati, e talmente povera e grossolana che il mondo non avrebbe mai potuto desiderarla” (Fonti francescane, 356).
3. Ebbene, in San Domenico non c’è un fatto analogo.
Sappiamo che ogni giorno pregava il Signore di donargli una carità sempre più grande, convinto che sarebbe stato vero membro di Gesù Cristo solo se avesse dedicato tutta la sua vita per il bene della Chiesa.
Il Signore approfittò di un’ambasciata che egli fece col vescovo Diego in Danimarca per rivelargli la sua missione. Passati i Pirenei, vide la situazione desolante della Chiesa. Molti passavano tra gli eretici perché mancavano i predicatori.
Tornando dalla Danimarca e andando a Roma, i due chiesero al Papa di poter andare nel nord Europa, tra i cumani. Ma il Papa Innocenzo III chiese loro di predicare piuttosto nel meridione della Francia.
4. Successivamente, quando a San Domenico si unirono a Tolosa i primi due compagni nella predicazione, avvenne un fatto analogo a quello che capitò a San Francesco nella chiesa di San Damiano quando il crocifisso gli disse: “Francesco va e ripara la mia chiesa perché come vedi è tutto in rovina”.
San Domenico quando si trova a Roma in occasione del Concilio Lateranense IV (vi era andato come teologo personale del vescovo di Tolosa), mentre di notte pregava nella basilica vaticana, gli comparvero i santi apostoli Pietro e Paolo e gli dissero: “Domenico va’ e predica perché per questo sei stato chiamato”.
5. A proposito del sogno di Innocenzo III che vede San Domenico sostenere la chiesa di San Giovanni in Laterano ti riferisco quanto scrive il domenicano padre Angelico Iszak: “Nella benevolenza con cui Innocenzo III accolse la domanda di San Domenico e nel consiglio che diede per superare lo scoglio del decreto conciliare i nostri primi frati vedevano la mano di Dio: Dio manifestò la sua volontà nel sogno del vicario di Cristo. Costantino d’Orvieto è il primo autore domenicano che lo racconta.
La basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale del Papa, è simbolo della Chiesa universale, sta per crollare. Ma San Domenico accorre, con le sue spalle robuste la sostiene e salva. Il Papa riconosce nel sogno la volontà divina: per salvare la Chiesa tu devi esaudire fra Domenico. Ecco la spiegazione del consiglio che gli dà e della promessa con cui lo congeda.
Senonché c’è ad Assisi nella basilica superiore il celebre affresco di Giotto e il ben conosciuto racconto della leggenda di San Francesco che riferiscono un identico sogno di Innocenzo III, con la differenza però che a sostenere salvare la pericolante basilica non era San Domenico, bensì San Francesco.
Innocenzo III ha avuto realmente quel sogno visione? E chi ha visto: Francesco o Domenico? Cerchiamo di rispondere a queste domande.
Papa Innocenzo sapeva benissimo che ai suoi tempi una grave crisi minacciava la Chiesa: eresie diffuse un po’ dappertutto; ma più ancora, la nuova società che stava sorgendo, con nuove idee filosofiche e nuovi ideali religiosi. La pericolante basilica è simbolo di questa crisi. Ma la provvidenza veglia sulla sua Chiesa e suscita ogni volta che occorre uomini capaci di darle il necessario aiuto, non per salvare il potere temporale o il fasto dei prelati, ma le anime redente da Gesù. Ai tempi di Innocenzo III, Dio venne in aiuto alla sua Chiesa suscitando grandi santi, fra i quali Francesco e Domenico e i loro ordini religiosi. Il Papa vedeva chiaramente che, confermando i frati minori e predicatori, avrebbe fatto un atto gradito a Dio, perché utilissimo alla salvezza delle anime. Questo è, a quanto pare, il significato spirituale del sogno di Papa Innocenzo. E questo significato è certamente storico” (A. Iszak, La leggenda di San Domenico, pp. 131-133).
6. In nota poi padre Iszak scrive: “È difficile stabilire se il sogno di Innocenzo III fu attribuito per la prima volta a San Domenico o a San Francesco. Infatti pressappoco contemporaneamente compare sia nella tradizione francescana composta tra il 1246 e il 1247 da Tommaso da Celano, sia nella tradizione domenicana nell’opera di Costantino ad Orvieto, nell’inverno 1246-1247.
Se nella vita seconda di San Francesco un et (nell’espressione latina et in hoc homine) fosse da tradursi con anche, sarebbe legittimo vedervi un implicito riconoscimento dell’anteriorità della tradizione domenicana: l’autore conoscendo la visione riferita a San Domenico, avrebbe voluto dire: “il sogno si sarebbe realizzato non solo in San Domenico, ma anche in quest’uomo Francesco che, in quel momento, stava la presenza del Papa”.
Tuttavia quell’et può avere, anche un valore rafforzativo di proprio, per dire: “il sogno si sarebbe realizzato proprio in quell’uomo, Francesco”. Così la questione della priorità cronologica dell’una o dell’altra tradizione rimane insoluta.
Del resto, la questione dell’anteriorità di una delle due tradizioni sembra del tutto oziosa. Si indagherebbe infatti non la storicità del sogno, ma solo una persona che se ne servì per esaltare la missione provvidenziale di uno dei due santi fondatori, e quell’altra che in seguito se ne appropriò per glorificare anche l’altro” (Ib., pp. 133-134).
7. Su particolari segni che possono indicare la vocazione all’ordine di San Domenico puoi leggere qui:
Le chiedo quali potrebbero essere, a suo avviso, i segni e germi di una vocazione all’Ordine dei Padri Predicatori (i domenicani)…
8. Ma, accanto a questo, potrebbe essere quanto mai utile un contatto personale con un sacerdote domenicano.
Certamente l’attrazione che provi per questo ordine e per il suo carisma è il più bel segno.
9. Mi scrivi: “l’uomo diventa ciò che ascolta”.
È vero quanto tu dici, soprattutto se questo ascolto non è soltanto un fatto materiale ma che si traduce nella vita.
Allora per diventare santi e figli di Dio è necessario che qualcuno lo annunci e ne testimoni la bellezza e l’urgenza con la propria vita.
Con l’augurio che tu possa essere tra “gli agni della santa greggia” e realizzare quanto il Signore ha suscitato in te ti assicuro volentieri la mia preghiera, ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo