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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono un ragazzo di ventiquattro anni e, da poco piu’ di un anno a questa parte, ho fatto la scelta consapevole di condurre una vita di fede, praticando i sacramenti, frequentando il catechismo per ragazzi della mia eta’, svolgendo attivita’ di volontariato per la chiesa, la parrocchia e l’oratorio del mio quartiere, e dedicando dei momenti quotidiani alla preghiera e alla conoscenza della parola.
Dal Signore, mi sento chiamato a diventare un catechista, in futuro! e anche un marito e padre di famiglia, queste tre cose non le considero semplici scelte personali, fatte cosi’, tanto per pormi degli obbiettivi … ma vere e proprie vocazioni per la mia vita! importantissime per il mio cammino personale! ed e’ soprattutto a queste tre cose che penso quando nel Padre nostro dico sia fatta la tua volonta’.
Forse potra’ sembrarti un po’ esagerato, ma se tu conoscessi il mio trascorso, quello che ho vissuto nella mia vita prima della conversione al cristianesimo … allora capiresti perche’ parlo in questo modo.
Comunque, non divaghiamo.
Ti scrivo perche’ volevo un consiglio. Diversi mesi fa, avevo preso l’abitudine di alzarmi di buon’ora tutte le mattine, stendere un tappetino sul pavimento, sedermi a gambe incrociate con una bibbia, un quaderno e una penna davanti a me, leggere un brano di vangelo, meditarlo, pregare, prendere appunti sul quadernino, e poi iniziare la giornata.
Era meraviglioso e mi dava soddisfazione, mi sentivo davvero nutrito spiritualmente, e imparavo tante cose sulla vita di Gesu’.
Poi e’ successo che un giorno ho voluto provare a sostituire questa buona abitudine con quella, altrettanto buona, di andare a messa tutte le mattine.
Se non provo a mantenerle entrambe, e’ per due motivi: il primo, che non ho il tempo materiale di fare entrambe le cose. Il secondo, che non ho, per cosi’ dire, l’allenamento spirituale indispensabile a pregare cosi’ tanto in un lasso di tempo cosi’ esiguo. E sempre per questo stesso motivo, mi sarebbe difficile meditare il vangelo alla sera, perche’ la sera prima di andare a letto gia’ recito il rosario, e aggiungerci anche il vangelo sarebbe troppo.
Andare a messa e’ bello perche’ ricevo il corpo di Cristo, e ogni giorno esco dalla chiesa con l’impegno di essere perfetto riflesso della sua presenza nel mondo, quando faccio l’eucarestia, chiedo sempre che lo Spirito Santo scenda su di me, e su di me rimanga fino a sera, rendendomi degno di essere chiamato cristiano. E poi, andare a messa e’ bello anche perche’ vedo gli altri membri della mia comunita’ parrocchiale.
Ma ecco il problema: ascoltare il vangelo e la predica dal prete, non mi da lo stesso senso di soddisfazione interiore che provo quando lo leggo io! non lo vivo allo stesso modo, e non imparo allo stesso modo.
Percio’ mi sono un po’ pentito di questa scelta, e una parte di me vorrebbe tornare a cio’ che facevo prima, ovvero meditare il vangelo tutte le mattine, e andare a messa solo la domenica. Pero’ mi sento un po’ in colpa a farlo, perche’ so che la chiesa appoggia moltissimo il proposito di andare a messa ogni giorno, se uno ha la possibilita’ di farlo! quindi anche se vorrei tornare sui miei passi, mi sento quasi obbligato a non farlo.
Inoltre, penso che mi rincrescerebbe abbandonare il rituale meraviglioso dell’eucarestia quotidiana.
Quindi sono un po’ indeciso … lei che cosa suggerisce?
Ossequi, M.
Risposta del sacerdote
Carissimo M.,
1. mi dispiace molto risponderti con così grande ritardo. Chissà quante cose sono passate nel frattempo e avrai maturato le tue scelte.
In ogni caso la tua mail farà senz’altro del bene ai nostri visitatori e anche così – sebbene involontariamente – fai il catechista.
2. Intanto mi compiaccio della duplice chiamata che il Signore ti ha rivolto: la prima, che è la più grande, è quella della conversione. Abbandonare la vita precedente e seguire Gesù Cristo è la più grande fortuna. La liberazione degli ebrei dalla dura oppressione degli egiziani è solo una pallida idea della liberazione che si prova quando si è liberati dalla schiavitù del peccato e dei demoni.
Soprattutto adesso sei fra coloro che “hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro” (Eb 6,5). E questa esperienza ti è così dolce, connaturale e indispensabile da sentire una seconda chiamata: quella di fare il catechista.
Quando si gusta “la buona parola di Dio” e si gustano “le meraviglie del mondo futuro” si sente l’esigenza di renderne partecipi tutti.
Come san Paolo, anche tu hai risposto alla prima chiamata dicendo a Gesù: «Che devo fare, Signore?»” (At 22,10).
E adesso che hai capito che cosa vuole il Signore, sempre insieme con San Paolo dici: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9,16).
3. In riferimento alla vocazione del catechista mi piace riportare quanto ha scritto Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Catechesi tradendae: “Nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene insegnato, e tutto il resto lo è in riferimento a lui; e che solo Cristo insegna, mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo portavoce, consentendo al Cristo di insegnare per bocca sua.
La costante preoccupazione di ogni catechista – quale che sia il livello delle sue responsabilità nella chiesa – dev’essere quella di far passare, attraverso il proprio insegnamento ed il proprio comportamento, la dottrina e la vita di Gesù.
Egli non cercherà di fermare su se stesso, sulle sue opinioni ed attitudini personali l’attenzione e l’adesione dell’intelligenza e del cuore di colui che sta catechizzando; e, soprattutto, non cercherà di inculcare le sue opinioni ed opzioni personali, come se queste esprimessero la dottrina e le lezioni di vita del Cristo. Ogni catechista dovrebbe poter applicare a se stesso la misteriosa parola di Gesù: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato».
E’ questo che fa s. Paolo trattando una questione di primaria importanza: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso». Quale frequentazione assidua della parola di Dio trasmessa dal magistero della chiesa, quale profonda familiarità col Cristo e col Padre, quale spirito di preghiera, quale distacco da sé deve avere un catechista per poter dire: «La mia dottrina non è mia»!” (CT 6).
4. Tu dunque sei chiamato ad essere il portavoce di Cristo e far sentire ai ragazzi e ai giovani che mentre parli è il Signore che parla e che cerca di trasferire la sua vita nella loro vita.
È una vocazione molto grande e meritoria.
Ma, come ha ricordato Giovanni Paolo II, richiede “frequentazione assidua della parola di Dio”.
L’esperienza che fai al mattino presto è indispensabile. È il Signore che ti chiama, che ti parla, che ti trasforma, che si fa luce ai tuoi passi.
E come la luce del sole è indispensabile per la vita e per la crescita della campagna e degli alberi, così la parola del Signore ti fa crescere e per mezzo di te fa crescere tanti altri.
5. Anche la Messa è indispensabile. Qui si avverte una grazia particolare.
Potrei dire che mentre sei da solo col Signore e a contatto con la sua Parola la tua anima viene inondata di grazia (i teologi direbbero: di grazia santificante).
A Messa la tua anima viene inondata da una ulteriore grazia: anche dalla grazia sacramentale e ne senti la forza.
Qui, insieme col Sacerdote, offri il sacrificio di Cristo che ha un valore infinito di espiazione, di riscatto, di implorazione di grazie.
Qui fai la santa Comunione per la quale senti tangibilmente che Dio è in te e tu in lui.
Qui, come sottolinei, ti incontri con gli altri fratelli, con la comunità cristiana.
Tu sei contento di vederli e di stare con loro a motivo di Cristo.
Ed essi sono contenti di vedere te e di stare con te nel Signore.
Qui, oltre che a nutrirti di Cristo, ti nutri anche del suo Corpo mistico, perché i meriti e le preghiere dei fratelli diventano tuoi e i tuoi diventano loro.
6. Che fare allora?
Certo meglio sarebbe poter fare una cosa senza tralasciare l’altra (Lc 11,42).
E per questo ti direi di non lasciare mai la Messa e di ridurre a metà tempo la meditazione sulla Sacra Scrittura.
7. Ma forse anche così i tempi a tua disposizione e anche la necessità di non accumulare troppe cose sembrano obbligarti a fare delle scelte.
Questo allora è il momento in cui si deve invocare lo Spirito Santo, che nei suoi sette doni contempliamo e chiamiamo anche col nome di Consiglio.
Il dono del Consiglio, che è sempre accompagnato dallo stato di grazia e dalla carità, indica istantaneamente, come per un’intuizione d’amore soprannaturale, quello che si deve fare.
Allora ti consiglio di invocare lo Spirito Santo perché ti illumini momento per momento.
8. Talora in maniera stabile lo Spirito Santo ti può illuminare dicendoti di partecipare all’Eucaristia quotidianamente almeno nei tempi forti (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) e di dimezzare la tua personale comunione con la Sacra Scrittura.
Nel tempo ordinario ti potrà suggerire di non mancare mai alla Messa quando si celebrano alcune solennità che non sono di precetto, come l’Annunciazione, San Giuseppe, San Giovanni Battista, i Santi Apostoli Pietro e Paolo, alcune altre feste e nei giorni feriali come il sabato mattina e nei tempi di vacanza.
Altre volte invece ti stimolerà con impulsi interiori come ha fatto con il vecchio Simeone quando l’ha spinto ad andare al tempio nel giorno della Presentazione di Gesù oppure con i consigli che ti dà il tuo confessore.
9. Nella mia risposta forse tu avresti desiderato un aut aut.
Ma anch’io, dopo aver invocato lo Spirito Santo, non mi sono sentito di proportelo.
Prova secondo le indicazioni che ti ho offerto.
Ma in queste cose è sempre prezioso anche il consiglio del confessore.
Ti auguro di progredire sempre più nella vita cristiana e di diventare un giorno catechista, sposo e padre di famiglia.
Per questo ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo