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caro padre Angelo,
mi presento sono Gaetano … da ., ho … anni e sposato da un anno e mezzo con M. ed abbiamo una figlia di 7 mesi ed un’altra in attesa.
Non è la prima volta che le scrivo. Sono molto felice e soddisfatto di questa rubrica che il Signore le ha ispirato, gli sono grato.
Faccio parte di un percorso di studi di teologia di base, una scuola per i ministeri laicali (accolito e lettore). Per me questo è il terzo anno. La domanda che volevo porle questa volta riguarda i criteri di storicità sulla composizione dei vangeli.
Siccome quest’anno scolastico stiamo studiando di sacre scritture i “vangeli sinottici e gli atti degli apostoli”.
Uno dei criteri di storicità è l’attestazione multipla, quindi il fatto che gli evangelisti abbiano composto le scritture a distanze geografiche attesterebbe una certa veridicità. Anche lei in alcune risposte ha ribadito la stessa cosa.
Però continuando a studiare ho capito che Luca e Matteo erano a conoscenza del vangelo di Marco che, secondo alcuni studiosi, sarebbe stato composto prima degli altri ed avrebbe iniziato questo nuovo genere letterario. Quello che non riesco a capire (che ho chiesto anche al docente, ma non ho capito bene la risposta) è: come va preso in considerazione questo criterio di storicità se già Luca e Matteo conoscevano il vangelo di Marco?
Grazie in anticipo e Buon avvento del Signore (2017).


Carissimo,
1. quando parlavo dell’autenticità dei Vangeli non mi riferivo alle distanze geografiche nelle quali i Vangeli furono scritti, ma alle testimonianze extrabibliche che riferivano fatti e detti di Gesù.
Per cui sebbene i codici e cioè i testi più antichi dei Vangeli che noi possediamo risalgano al IV secolo, tuttavia la letteratura cristiana antecedente che noi possediamo documenta ampiamente sia l’autenticità dei Vangeli sia la veridicità della trasmissione della fede.

2. La domanda che tu mi poni invece riguarda la storicità dei fatti trasmessi.
Tu alleghi come primaria motivazione le distanze geografiche e di tempo in cui i Vangeli sono stati scritti, senza contraddirsi.
Ma poi ti accorgi che i Vangeli, almeno tre su quattro, proverrebbero da una medesima fonte.

3. Inoltre a conferma della storicità degli eventi narrati dici che l’attestazione multipla di un determinato evento conferma la sua storicità.
Questo criterio evidentemente è insufficiente perché allora dovremmo affermare che gli eventi che sono narrati in un solo Vangelo, come la presenza di Gesù alle nozze di Cana, il colloquio con la Samaritana, la risurrezione di Lazzaro, le parole di Gesù alla Madonna ai piedi della croce sarebbero meno certi perché narrati solo da Giovanni.

4. Come vedi, le argomentazioni che porti mostrano da se stesse di essere insufficienti.
Mentre la prima motivazione per cui affermiamo la storicità dei fatti contenuti nel Vangelo è di fede e deriva dall’Autore principale del Vangelo, che è lo Spirito Santo.
È dall’ispirazione divina che deriva l’inerranza e la storicità di quanto è narrato.

5. Si legge nell’enciclica Provvidentissimus Deus di Leone XIII: “Tutti i libri e nella loro integrità, che la chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore”.
“Infatti egli stesso così li stimolò e li mosse a scrivere con la sua virtù soprannaturale, così li assisté mentre scrivevano, di modo che tutto quello e solo quello che egli voleva, le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontà di scrivere fedelmente e le esprimessero in maniera atta con infallibile verità: diversamente non sarebbe egli stesso l’autore di tutta la sacra Scrittura”.
“San Gregorio Magno dice: “È davvero vano il voler cercare chi abbia scritto tali cose, quando fedelmente si creda che autore del libro è lo Spirito Santo.
Scrisse dunque tali cose chi le dettò perché si scrivessero; scrisse colui che anche nell’opera di quello, fu l’ispiratore”.

6. Prosegue Leone XIII: “Ne viene di conseguenza che coloro che ammettessero che nei luoghi autentici dei sacri Libri possa trovarsi alcun errore, costoro certamente o pervertono la nozione cattolica della divina ispirazione o fanno Dio stesso autore dell’errore.
Tutti i padri e dottori erano talmente persuasi che le divine Lettere, quali furono composte dagli agiografi, sono assolutamente immuni da ogni errore, che non pochi di quei passi che sembrano presentare qualcosa di contrario e di dissimile (e cioè quasi i medesimi che ora vengono proposti come obiezioni sotto il nome della nuova scienza) cercarono non meno sottilmente che religiosamente di comporli e conciliarli tra loro, professando all’umanità che quei libri, sia interi sia nelle loro singole parti, erano in pari grado divinamente ispirati e che Dio stesso, che parlò per mezzo dei sacri autori, non poté affatto ispirare alcunché di alieno dalla verità.
Valga per tutti ciò che lo stesso Agostino scriveva a Girolamo: “Io, infatti, confesso alla tua benevolenza che soltanto al libri delle Scritture, che già vengono chiamati canonici, ho imparato a prestare una tale venerazione e onore, da credere fermissimamente che nessuno dei loro autori abbia commesso errore alcuno nello scrivere.
Qualora poi, mi imbattessi in essi in qualche cosa che sembrasse contrario alla verità, non avrò il minimo dubbio che ciò dipenda o dal codice difettoso, o dal traduttore che non ha interpretato rettamente ciò che fu scritto, o che la mia mente non è arrivata a capire“.

7. Un’Istruzione della Pontificia Commissione biblica del 1964 intitolata Sancta Mater Ecclesia ricorda come vada ricercata la verità di quanto è trasmesso dai Vangeli:
“Invero fra tutto il materiale di cui disponevano, gli agiografi scelsero in modo particolare ciò che era adatto alle varie condizioni dei fedeli e al fine che si proponevano, narrandolo in modo da venire incontro a quelle condizioni e a quel fine.
Dipendendo il senso di un enunciato dal contesto, quando gli evangelisti nel riferire i detti e i fatti del Salvatore presentano contesti diversi, è da pensare che ciò fecero per utilità dei lettori.
Perciò l’esegeta ricerchi quale fosse l’intenzione dell’evangelista nell’esporre un detto o un fatto in un dato modo o in un dato contesto.
Invero, non va contro la verità del racconto il fatto che gli evangelisti riferiscano i detti e i fatti del Signore in ordine diverso, e ne esprimano i detti non alla lettera, ma con qualche diversità, conservando il loro senso.
Dice infatti Sant’Agostino: «E’ probabile che ogni evangelista si sia creduto in dovere di narrare con quell’ordine che Dio volle suggerire alla sua memoria quelle cose che narrava: ciò vale riguardo a quelle cose nelle quali l’ordine, qualunque esso sia, nulla toglie all’autorità e alla verità evangelica. Perché poi lo Spirito Santo, distribuendo i suoi doni a ciascuno come gli pare (cf. 1 Cor 12,11), e perciò anche governando e dirigendo la mente dei santi destinati a un così alto culmine di autorità, nel richiamare le cose da scriversi, abbia permesso che ognuno disponesse il racconto a modo suo, chiunque cerchi con pia diligenza lo potrà scoprire con l’aiuto divino» (De consensu Evang., 2, 21, 61s)”.

8. Il Card. Martini quand’era professore di Sacra Scrittura scriveva:
Appare dunque che il materiale che nei sinottici è tramandato riguardo a Gesù era già solidamente formato prima del lavoro dei redattori, e veniva tramandato uniformemente nelle varie comunità.
Esso comprendeva un prospetto della vita e dei discorsi di Gesù, dal battesimo di Giovanni fino all’annuncio della risurrezione, e probabilmente una fonte supplementare di detti di Gesù.
Il rispetto di cui tali fonti unanimemente godevano nelle varie comunità ci fa comprendere che esse apparivano come degne di fede in un tempo in cui ancora vivevano parecchi dei testimoni oculari” (Il messaggio della salvezza, p. 137).

9. È partendo da questi criteri che il Concilio Vaticano II a proposito della storicità dei contenuti evangelici afferma:
“La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr At 1,1-2).
Gli apostoli poi, dopo l’Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza delle cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano.
E gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre, o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere.
Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla testimonianza di coloro i quali «fin dal principio furono testimoni oculari e ministri della parola», scrissero con l’intenzione di farci conoscere la «verità» (cfr. Lc 1,2-4) degli insegnamenti che abbiamo ricevuto” (Dei Verbum, 19).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo