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Quesito

Buongiorno Padre Angelo.
Le vorrei chiedere di chiarirmi bene due punti che stanno mettendo in difficoltà la mia Fede.
1. Cosa significa “adorare Dio”? Perché Lui desidera che Lo adoriamo?
2. Cosa significa “lodare Dio”? Perché è necessario lodarLo?
Grazie in anticipo
Mattia 


Risposta del sacerdote

Caro Mattia,
1. va detto anzitutto che la preghiera non giova a Dio, ma a noi.
La Liturgia della chiesa nel prefazio IV del tempo ordinario si esprime così: “Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri né di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva”.
Pertanto sia l’adorazione sia la lode sono come due finestre che vengono spalancate a Dio perché vi entri con tutta la ricchezza della sua grazia.

2. L’adorazione è la preghiera nella quale riconosciamo la sovrana signoria di Dio. Tutto è suo. Anzi, tutto è dono suo.
Fruire dei benefici delle creature non è un diritto, ma è un suo dono, una manifestazione del suo amore.
L’uomo ha bisogno di adorare Dio per essere stabilito nella verità delle cose. Siamo portati a pensare che tutto sia nostro, mentre è vero il contrario: tutto è di Dio.
Anche gli eventi che accompagnano la nostra vita non sfuggono al governo della sua provvidenza. Sia nel bene sia nel male “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”, come egli stesso ha affermato per bocca di Paolo (Rm 8,28).

3. Mettersi in atteggiamento di adorazione significa dunque contemplare il suo disegno d’amore in tutto.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “della virtù di religione (vale a dire del nostro rapporto con Dio), l’adorazione è l’atto principale” (n. 2096) e San Tommaso: “L’adorazione è il massimo degli atti esterni con cui esprimiamo il nostro ossequio interiore” (Somma Teologica, II-II, 84, 1, ad 1).

4. Proprio perché la sorgente di ogni bene è Dio, solo a Dio va data l’adorazione, come ha ricordato Gesù: “Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto” (Mt 4,10).
E poiché Gesù è Dio, noi adoriamo anche Gesù: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nel cielo, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,19).
Questa è una prima differenza tra adorazione e lode: si possono e si devono offrire lodi agli angeli e ai santi, in particolare alla Vergine Santissima, ma l’adorazione è riservata a Dio solo.
Con l’adorazione si riconosce che solo Dio è Dio, e cioè il nostro creatore e salvatore, il Signore e il padrone di quanto esiste.
Scrive San Tommaso: “Dio non soltanto è causa principale del nostro essere, ma tutto il nostro essere è in suo potere. Tutto quello che abbiamo, lo abbiamo da lui, e quindi, essendo nostro Signore, si chiama servizio ciò che facciamo in suo onore” (Somma contro i gentili, III, 119).

5. Poiché non siamo puri spiriti, ma fatti di anima e di corpo, l’adorazione si esprime sia con i sentimenti dell’anima sia con gesti del corpo “essendo connaturale per l’uomo raggiungere le cose intelligibili attraverso quelle sensibili” (San Tommaso, Somma Teologica, II-II, 84, 2).
“E così pieghiamo le ginocchia per esprimere la nostra miseria di fronte a Dio, e ci prostriamo come per confessare che da noi stessi siamo nulla” (Ib., II-II, 84, 2, ad 2).
Anche in questo l’adorazione si distingue dalla lode: ha una gravità (compostezza) maggiore.  Se la lode si esprime con parole, con canti, con una certa allegrezza e talvolta anche con  profonda esultanza (giubilo) l’adorazione per se stessa è silenziosa,anche se spesso è accompagnata dalla lode, particolarmente nelle preghiere liturgiche in cui i canti o la recita di preghiere si mescolano armoniosamente alle genuflessioni, agli inchini, alla congiunzione delle mani o all’elevazione delle braccia.

6. La lode e ringraziamento sono la logica conseguenza dell’adorazione. Dice il Salmista: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (Sal 116,12).
Giova all’uomo lodare e ringraziare Dio perché attraverso queste espressioni si aprono gli occhi a un dono.
Così si impara a dire grazie per ogni cosa, per i beni di ordine temporale e per quelli di ordine soprannaturale: di Gesù Cristo, della rivelazione, della Chiesa, dei santi, delle persone care, di tutti gli uomini e anche delle croci e delle sofferenze. 
Proprio come ripete sempre la Chiesa in ogni prefazio della liturgia eucaristica: “È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per il Cristo Signore nostro”.
Così si impara a vivere come persone che hanno conosciuto il dono di Dio (cfr. Gv 4,10).

7. Dice San Tommaso: “La ragione per cui rivolgiamo la parola a Dio è diversa da quella per cui la rivolgiamo a un uomo. A quest’ultimo infatti la rivolgiamo per esprimere con essa il nostro pensiero, che altrimenti non potrebbe conoscere. E quindi ricorriamo alla lode per far conoscere all’interessato la buona opinione che abbiamo di lui: al fine d’incitarlo a far meglio, e per indurre gli altri, dinanzi ai quali lo lodiamo, a stimarlo, a onorarlo e a imitarlo.
A Dio invece rivolgiamo la parola non per manifestare il nostro pensiero a lui, scrutatore dei cuori; ma per indurre noi stessi e coloro che ci ascoltano ad onorarlo. Perciò la lode delle labbra non è necessaria per Dio, ma per chi la pronuncia, stimolandone gli affetti verso il Signore, conforme alle parole del Salmista “Egli mi offrirà il sacrificio della lode, e questa è la via per cui gli mostrerò la salvezza di Dio” (Sal 49,23). E l’uomo, per il fatto che con la lode divina s’innalza verso Dio, per ciò stesso viene distolto dalle cose a lui contrarie, secondo le parole di Isaia: “Ti terrò a freno con le mie lodi, affinché tu non perisca” (Is 48,9).
Inoltre la lode esterna serve a provocare l’affetto di altri verso Dio. Di qui le parole del Salmista: “La sua lode sarà sempre sulla mia bocca” (Sal 33,2), alle quali aggiunge “Ascoltino gli umili e si rallegrino. Celebrate con me il Signore” (vv. 3-4)” (Somma Teologica, II-II, 91, 1).

8. Nella lode di Dio la liturgia fa largo uso anche del canto.
Scrive ancora San Tommaso: “Se uno canta con devozione, considera più attentamente le parole che dice, sia perché vi si ferma più a lungo, sia perché, come si esprime Sant’Agostino, ‘tutti i diversi sentimenti del nostro spirito trovano nel canto una loro propria modulazione, che li risveglia in forza di un occulto intimo rapporto’. Lo stesso si dica per coloro che ascoltano: i quali, sebbene talora non comprendano ciò che si canta, tuttavia comprendono il motivo per cui si canta, cioè per dar lode a Dio; e questo basta per ravvivare in essi la devozione” (Somma Teologica, II-II, 91, 2, ad 5). “Perciò in maniera salutare fu stabilito che nelle lodi divine si facesse uso del canto per incitare in modo più efficace alla devozione le anime più deboli” (Ib., II-II, 91, 2).
È attribuita a Sant’Agostino la nota espressione qui cantat bis orat(chi canta prega due volte) secondo il quale “il cantare è espressione di gioia e, se pensiamo a ciò con un po’ più d’attenzione, è espressione di amore” (Sermo 34,1).

Con l’augurio che l’adorazione e la lode esprimono tutta la tua dedizione e il tuo amore a Dio, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo