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Quesito
Rev.mo Padre Angelo,
Mi chiamo …, ho anni e scrivo da…. Mi complimento enormemente per la sua rubrica sul web e prego il Signore che Le conceda generosissime benedizioni per questa sua attività pastorale svolta a beneficio di tutti coloro che la contattano per ricevere da Lei un buon consiglio.
L’importanza delle tematiche trattate e la profondità delle risposte mi spingono a sottoporre alla sua cortese attenzione un mio problema in materia di morale sessuale e matrimoniale.
Le chiedo perdono in anticipo per la lunghezza di questa lettera, ma preferisco illustrare tutte le problematiche personali e familiari al fine di fornirLe sufficienti elementi di valutazione.
Sono sposato da 5 anni e ½ con rito cattolico, essendo mia moglie di nazionalità … e di religione ortodossa. Al momento non abbiamo figli. Stimo tanto mia moglie e andiamo abbastanza d’accordo. Penso che le differenze in alcune tematiche della “comune fede” non costituiscono un problema per il nostro cammino. Tuttavia io partecipo sempre alla messa domenicale mentre mia moglie non frequenta alcuna comunità ortodossa locale, partecipa raramente alla messa cattolica insieme a me (principalmente in occasione delle grandi solennità) e accede ai sacramenti solamente quando si reca in visita dalla madre al suo paese. Diciamo che non abbiamo mai fatto proselitismo reciproco. Da parte mia, infatti, non mi sento proprio di salire in cattedra perché, essendo un peccatore, manco di autorevolezza e preferisco tacere.
Il mio principale problema nella vita matrimoniale consiste nell’essere certamente affetto dalla cosiddetta sindrome di Rebecca, ossia da quella gelosia retroattiva che riguarda il passato sentimentale e sessuale di mia moglie. Prima del matrimonio ero a conoscenza del fatto che lei non fosse più vergine e le confesso che questa situazione mi arrecava non poco dolore. Tuttavia ci siamo sposati ugualmente perché io, mentendo colpevolmente a me stesso, feci finta che questo mio tormento non esistesse. Ma, come Lei sa, prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. A volte mi capita, proprio come da sintomatologia di chi è affetto da questo disturbo, di immaginare situazioni sessuali vissute da mia moglie con gli altri partner del passato, specialmente nel momento in cui ha perso la verginità, sciupando nel nulla questo grande dono. Può immaginare la mia sofferenza….mi ribolle il sangue dentro le vene! A volte penso che sto raccogliendo quello che ho seminato con i miei peccati di gioventù. Purtroppo anche io da giovane ho fornicato e ho commesso atti impuri, ma non mi sono mai permesso di defraudare una ragazza del dono della verginità, pur avendone avuto la possibilità.
Una prima conseguenza di questo mio problema consiste nell’insorgenza di un sentimento di disistima o, peggio, di velato rancore nei confronti di mia moglie. Ci tengo però anche a precisare che la reputo una persona speciale, matura, sensibile, onesta. Da un punto di vista puramente spirituale vorrei tanto amarla ancora di più, donargli tutto me stesso….ma non posso…non ci riesco…sono come bloccato a causa di questa onta del passato.
Una seconda conseguenza di questo problema consiste nella mia paura ad accogliere una nuova vita. Ovviamente, nel caso in cui dovesse accadere, l’opzione aborto non sarebbe assolutamente contemplata. Inoltre io e mia moglie non pratichiamo la contraccezione ma facciamo ricorso al metodo naturale, ovvero l’unione nei soli giorni di infertilità. La paura di avere un figlio da mia moglie deriva, appunto, dalle sue trascorse esperienze sessuali che, peraltro, neppure conosco. A volte mi capita di paragonare il grembo di mia moglie ad un “tempio orribilmente profanato” e la perdita della sua verginità ad un abominio indicibile, sebbene ella fosse consenziente… e, con questi pensieri, cado in una desolante tristezza.
La terza problematica riguarda, invece, una forma di attuale chiusura alla vita da parte di mia moglie, che ha 37 anni, e adduce delle motivazioni di ordine pratico. Infatti per circa tre volte all’anno, per un periodo che va dalle due alle tre settimane, si reca al suo paese per stare vicino all’anziana madre e ai suoi parenti, specialmente a pasqua, a natale (7 gennaio natale ortodosso) e durante l’estate. Umanamente la comprendo perché anche io sono abbastanza presente nella vita dei miei anziani genitori e offro un sostegno specialmente a mio padre che non è, in nulla, autosufficiente. Io, tuttavia, ho la fortuna di abitare a pochissimi chilometri di distanza dai miei genitori. Va pure detto che in passato abbiamo provato l’esperienza di una convivenza a tre (io, mia moglie e mia suocera) con risultati catastrofici che ci stavano portando verso una separazione.
Dopo avere descritto le suddette problematiche vorrei esporLe i miei dubbi di coscienza. Infatti ogni qualvolta avviene un’unione fisica con mia moglie io mi sento in stato di peccato perché penso che stiamo abusando del metodo naturale, degradandolo ad un vero e proprio metodo contraccettivo e usando del matrimonio solamente per sopire la concupiscenza della carne. A questo punto ho anche pensato che, vista la situazione, sarebbe meglio vivere come fratello e sorella; ma poi la reciproca passione prende il sopravvento e avviene l’unione. Quando ciò accade io mi astengo dal ricevere l’Eucaristia fino alla successiva confessione, alla quale ricorro, come Lei consiglia, con umile perseveranza. Tuttavia, in confessione non riesco a esporre così dettagliatamente la nostra condizione, come faccio ora per iscritto, e forse è anche per questo che, a volte, ho ricevuto dai confessori dei pareri contrastanti. La mia coscienza mi dice, con voce debolissima ma nitida, che per poter ricevere l’Eucaristia, senza commettere sacrilegio, mi devo confessare. Lei, Padre Angelo, cosa ne pensa? Faccio una confessione inutile oppure commetterei sacrilegio qualora mi accostassi all’Eucaristia senza confessione?
La ringrazio infinitamente per i preziosi consigli che vorrà donarmi e che terrò in grande considerazione. Che il Signore benedica Lei e questa sua opera pastorale.
Le assicuro la mia personale preghiera e La saluto con molto affetto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. ti ripropongo quanto ha detto Pio XII nel discorso alle ostetriche del 29.10.1951.
Faccio una premessa: il Papa prende in considerazione due ipotesi.
La prima che i due prima del matrimonio si siano promessi nell’intimità coniugale solo nei giorni infertili. In questo caso il matrimonio sarebbe nullo.
La secondo ipotesi: non se lo sono promessi, ma di fatto si comportano così. In questo caso il matrimonio è valido.
2. Dice allora il Papa:
“Se invece quella limitazione dell’atto ai giorni di naturale sterilità si riferisce non al diritto stesso, ma solo all’uso del diritto, la validità del matrimonio resta fuori discussione; tuttavia la liceità morale di una tale condotta dei coniugi sarebbe da affermare o da negare, secondo che l’intenzione di osservare costantemente quei tempi è basata, oppure no, su motivi morali sufficienti e sicuri. Il solo fatto che i coniugi non offendono la natura dell’atto e sono anche pronti ad accettare ed educare il figlio, che, nonostante le loro precauzioni, venisse alla luce, non basterebbe per sè solo a garantire la rettitudine della intenzione e la moralità ineccepibile dei motivi medesimi.
La ragione è perchè il matrimonio obbliga ad uno stato di vita, il quale, come conferisce certi diritti, così impone anche il compimento di un’opera positiva, riguardante lo stato stesso. In tal caso si può applicare il principio generale che una prestazione positiva può essere omessa, se gravi motivi, indipendenti dalla buona volontà di coloro che ne sono obbligati, mostrano che quella prestazione è inopportuna, o provano che non si può dal richiedente — in questo caso il genere umano — equamente pretendere.
Il contratto matrimoniale, che conferisce agli sposi il diritto di soddisfare l’inclinazione della natura, li costituisce in uno stato di vita, lo stato matrimoniale. Ora ai coniugi, che ne fanno uso con l’atto specifico del loro stato, la natura e il Creatore impongono la funzione di provvedere alla conservazione del genere umano. È questa la prestazione caratteristica, che fa il valore proprio del loro stato, il bonum prolis. L’individuo e la società, il popolo e lo Stato, la Chiesa stessa, dipendono per la loro esistenza, nell’ordine da Dio stabilito, dal matrimonio fecondo. Quindi abbracciare lo stato matrimoniale, usare continuamente la facoltà ad esso propria e in esso solo lecita, e, d’altra parte, sottrarsi sempre e deliberatamente, senza un grave motivo, al suo primario dovere, sarebbe un peccare contro il senso stesso della vita coniugale.
Da quella prestazione positiva obbligatoria possono esimere, anche per lungo tempo, anzi per l’intera durata del matrimonio, seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta «indicazione» medica, eugenica, economica e sociale. Da ciò consegue che l’osservanza dei tempi infecondi può essere lecita sotto l’aspetto morale; e nelle condizioni menzionate è realmente tale. Se però non vi sono, secondo un giudizio ragionevole ed equo, simili gravi ragioni personali o derivanti dalle circostanze esteriori, la volontà di evitare abitualmente la fecondità della loro unione, pur continuando a soddisfare pienamente la loro sensualità, non può derivare che da un falso apprezzamento della vita e da motivi estranei alle rette norme etiche”.
3. Come vedi, il papa lega la bontà di quegli atti a delle motivazioni gravi. Tra esse ha menzionato “seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta «indicazione» medica, eugenica, economica e sociale”.
Qui il Papa non intendeva enumerare tutte le motivazioni.
Forse tra voi vi sono motivazioni psicologiche serie.
Questo lo dovete giudicare voi, in coscienza coram Domino (davanti al Signore).
4. Scrivi “la mia coscienza mi dice, con voce debolissima ma nitida, che per poter ricevere l’Eucaristia, senza commettere sacrilegio, mi devo confessare… Faccio una confessione inutile oppure commetterei sacrilegio qualora mi accostassi all’Eucaristia senza confessione”.
La confessione non è mai inutile, anche se non vi sono colpe gravi. Anzi è sempre utile e ti esorto ad accostarti in maniera regolare e frequente a questo prezioso Sacramento anche se non vi sono peccati gravi.
Mi pare che secondo te i motivi non siano sufficienti, perché una voce debolissima ma nitida, ti dice che non ti comporti bene.
In questo caso confessati, tanto più che come ho detto la confessione non è mai inutile.
5. Per conto mio, buttatevi nell’avventura della generazione di un figlio.
Il vostro matrimonio rifiorirà. Sentirete una perenne benedizione del Signore sopra di voi.
Anche per questo motivo assicuro la mia preghiera e vi benedico.
Padre Angelo