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Quesito

Buongiorno Padre Angelo.
È la prima volta che le scrivo, ma ho scoperto già da qualche tempo il suo servizio on line che è davvero utilissimo e che mi ha rassicurato in tanti aspetti spirituali. Che Dio vi conservi ancora a lungo in questa vostra preziosa iniziativa!
Avrei un dubbio importante sulla Morte in croce di Gesù. Con essa mi è stato insegnato che sono stati redenti tutti i nostri peccati, e grazie a questo siamo stati salvati. Ma non comprendo esattamente come davvero siamo stati salvati. La nostra salvezza non dipende in ultima analisi nel nostro personale accoglimento o meno dell’Amore di Dio? E non è vero che il cumulo dei nostri peccati può essere pesantissimo, tanto da farci perdere l’amore, il contatto, il senso stesso di Dio, tanto da poterci indurre a opporgli un rifiuto, quello finale che ci può dannare? Eppure questi stessi peccati, che hanno la spaventosa potenzialità di pervertirci fino a spingerci all’inferno, erano già stati “pagati”, “rimessi” duemila anni fa con il sacrificio della Croce. Non capisco. Quindi, che debito è stato saldato davvero sulla Croce?
Le sarei grato di una spiegazione che mi illumini un po’. Grazie per il tempo che potrà dedicarmi, la ricorderò nelle mie preghiere.
Andrea

 


 

Risposta

Caro Andrea,
1. San Paolo dice che “nella speranza siamo stati salvati” (Rm 8,24).
Siamo stati salvati perché Cristo ci ha “comprati a caro prezzo” (1 Cor 7,23).
Eravamo tutti presenti in lui sulla croce. E non semplicemente in maniera generica, ma personale, individuale perché nella sua perfettissima conoscenza Cristo vedeva e amava ognuno di noi personalmente.
Vedeva i nostri peccati che avevano bisogno di espiazione.
Ed Egli al posto nostro pagava per meritarci il perdono.
E non solo, ma anche per riammetterci come figli ad una vita di comunione con Dio senza fine.

2. San Paolo dice che siamo già stati salvati “nella speranza”.
Sì, perché è necessario appropriarci dei meriti di Cristo.
Per fare un esempio: non basta che il benzinaio abbia il serbatoio pieno perché si possa andare in macchina. È necessario che si vada ad attingere e introdurre nell’automobile ciò che le serve per correre.
Diversamente si rimane sempre a piedi.

3. Noi abbiamo iniziato ad appropriarci dei meriti di Cristo nel Battesimo.
Ulteriormente quest’appropriazione viene accresciuta rimanendo aperti all’azione della sua grazia e in particolare ogni qual volta noi accediamo ai Sacramenti.

4. Ma c’è una cosa che ci rende insicuri circa la salvezza: la nostra fedeltà.
A motivo del nostro volontario allontanamento da Dio, e cioè a motivo della nostra libertà e dei nostri peccati, possiamo sprecare il tesoro dei meriti di Cristo e rendere vano per noi il sacrificio di Cristo.
Il figliol prodigo della parabola evangelica non ha forse sperperato il patrimonio che suo padre aveva acquisito con il proprio lavoro e la propria industria?

5. È proprio quanto tu osservi nella tua mail: “Eppure questi stessi peccati, che hanno la spaventosa potenzialità di pervertirci fino a spingerci all’inferno, erano già stati “pagati”, “rimessi” duemila anni fa con il sacrificio della Croce. Non capisco. Quindi, che debito è stato saldato davvero sulla Croce?”.
Sì, è stato saldato, te ne sei appropriato. Addirittura ti è stata consegnata la ricevuta e ti è stata messa in mano.
Ma poi l’hai stracciata, hai voluto perderla volontariamente.
Ad un certo momento le hai preferito il peccato, come ha fatto Esaù quando alla benedizione eterna della primogenitura (il primogenito aveva il diritto dei due terzi dell’eredità del padre) ha preferito un bene fuggevole come quello di un piatto di lenticchie.

6. Per questo diciamo con San Paolo che siamo salvi nella speranza.
Infatti da parte di Nostro Signore siamo salvi con assoluta certezza perché c’è di mezzo il suo sacrificio e la sua risurrezione.
Ma da parte nostra non siamo certi di essere sempre fedeli. Temiamo di fare come ha fatto Esaù.
Per questo “speriamo” di salvarci con la volontà di essere perseveranti sino alla fine e confidando nell’assistenza e nell’aiuto di Nostro Signore.

7. C’è da dire infine che, pur sperperato il patrimonio, finché siamo nella vita presente la porta della casa del Padre non viene chiusa, rimane misericordiosamente sempre aperta.
E ad un cenno di pentimento, veniamo subito riabbracciati dall’amore del Padre e resi di nuovo compartecipi di tutti i suoi beni.

Con l’augurio di essere salvo non solo nella speranza, ma anche nel possesso definitivo e inalienabile del Paradiso, ti ricordo volentieri al Signore e ti benedico.
Padre Angelo