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Quesito

Salve caro p. Angelo,
le scrivo per chiederle un chiarimento sulla dottrina della Chiesa riguardo una tematica molto attuale: il "miglioramento" delle capacità psico-fisiche umane. Mi spiego meglio:
Una volta, il compito del medico era quello di prevenire e trattare le malattie, dare sollievo ai malati e curarli. Oggi non è proprio così. Con il progresso scientifico l’uomo non si accontenta più di essere curato, ma vuole "potenziare" le proprie capacità e migliorare il proprio corpo. Basti pensare al ricorso alla chirurgia estetica non perché si ha qualche problema oggettivo, ma perché un certo "ideale" di uomo/donna è più adatto alla società odierna, alla competizione. Inoltre, con il progredire della genetica e delle biotecnologie, si fa sempre più reale per l’uomo la possibilità di modificare il proprio corpo anche a livello genetico, con lo scopo di "migliorarlo" per far fronte alle necessità della vita che sempre si trasforma. Ciò che una volta era solo fantascienza, oggi è sempre più realtà. Quindi, la mia domanda è questa:
Come vanno considerate moralmente le trasformazioni fisiche e l’uso di farmaci (o sostanze chimiche) di cui l’uomo si potrebbe servire abitualmente per potenziare le proprie facoltà fisiche, mentali ecc., in modo temporaneo o permanente, (magari anche ipotizzando una garanzia di rischio zero e assenza di effetti collaterali)?
Grazie della disponibilità e della sua chiarezza.
Un saluto.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. la valutazione morale sugli interventi che si possono fare sulla persona umana dipende dal tipo di intervento e dalla sua finalità.
Una finalità terapeutica ordinata a sanare qualche difetto della natura non è che auspicabile.
Gesù ha guarito e sanato molti infermi.
In “Salvifici doloris” Giovanni Paolo II dice che “Il Vangelo è la negazione della passività di fronte alla sofferenza. Cristo stesso in questo campo è soprattutto attivo” (SD 30).

2. Inoltre la Chiesa guarda con fiducia al progresso scientifico e tecnologico nelle sue varie applicazioni alla vita umana volte ad un miglioramento della qualità della vita.
Il progresso scientifico e tecnologico in quanto tale rende lode al Creatore, che ha dato all’uomo l’intelligenza, la creatività e la connessa capacità di essere provvidente a se stesso.
In questo orizzonte comprendiamo bene quanto viene detto già nell’Antico testamento: “Onora il medico per le sue prestazioni, perché il Signore ha creato anche lui”(Sir 38,1).

3. Nell’istruzione di bioetica “Dignitas personae” dell’8.9.2008 si legge: “Il Magistero intende portare una parola di incoraggiamento e di fiducia nei confronti di una prospettiva culturale che vede la scienza come prezioso servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano” (DP 3).
Proprio per questo “La Chiesa guarda con speranza alla ricerca scientifica, augurando che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito” (Ib., 3).

4. In Donum Vitae (22.2.1987), che è la precedente istruzione di bioetica, la Congregazione per la dottrina della fede ricordava che la scienza e la tecnica sono preziose risorse dell’uomo quando vengono poste al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti (cfr. (DV Introd., 2).
Ma ricordava anche che “la scienza senza la coscienza ad altro non può portare che alla rovina dell’uomo” (Ib.).

5. Nessun problema pertanto se la finalità d’intervento è terapeutica, come si è detto, e se viene attuata con procedimenti che sono a servizio dell’integrità e della dignità di ogni persona.

6. Rimanendo nel tema della tua mail, la chirurgia estetica può rientrare nei trattamenti e nelle finalità terapeutiche.
E questo non solo per riportare a una certa normalità un corpo o un volto devastato dalla malattia o da incidenti, ma anche per ridurre o annullare certi difetti che possono causare sofferenza o problemi psicologici.

7. Ugualmente non vi sono problemi per l’assunzione di sostanze che hanno lo scopo di integrare l’alimentazione soprattutto in riferimento a diete cosiddette povere di determinate sostanze e che possono influire sul rendimento di una persona.
Ma lo stesso discorso non si potrebbe fare se si facesse riferimento a stupefacenti (in altre parole “droghe”) che di fatto hanno effetti collaterali devastanti sull’organismo o sulla mente di una persona e in modo particolare sulla sua libertà.

8. Altri problemi invece sorgono per diversi tipi di trattamento legati non tanto alla malattia, ma un modo distorto di comprendere la qualità della vita.
Per cui sarebbe diversa la valutazione morale qualora si trattasse di attuare alterazioni nel patrimonio genetico non già per riparare un difetto o curare una malattia, ma con l’intento di «produrre» soggetti iperdotati.
In questo caso si eserciterebbe una forma di dominazione dispotica dell’uomo sull’uomo, il cui valore sarebbe dato non più dal fatto di essere una persona, e pertanto con una dignità superiore a quella di tutto il cosmo, ma dal suo rendimento o dalla sua prestazione.
Senza dire che tale tipo d’intervento introdurrebbe una disuguaglianza discriminatoria tra le persone, valutate ormai solo con il criterio dell’utile.

9. Nell’enciclica Sollicitudo rei socialis  il Santo Papa Giovanni Paolo II ricordava che “il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di «usare e abusare», o di disporre delle cose come meglio aggrada.
La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio, ed espressa simbolicamente con la proibizione di «mangiare il frutto dell’albero» (Gn 2,16), mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire” (SRS 34).

Ecco a grandi linee i criteri per una risposta alla tua domanda.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo