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Quesito

Caro Padre Angelo,
mi chiamo M. da b. volevo rivolgerle una domanda particolare.
Poiché ho svolto un lavoro che opera nel mondo dei motori (per 12 anni), in particolare nelle due ruote (moto), mi sono chiesto più volte, in modo particolare dopo aver risposto alla chiamata del Signore sulla via della conversione, come valutare nella coscienza il rischio e il pericolo che il mondo delle corse presenta, con tutte le sue sfaccettature. Pensavo tra me che Dio ci ha donato la vita, e poiché la vita è soggetta alla morte, ai pericoli e alla malattia, necessita di cura, attenzione e protezione, insomma la carità a noi stessi. So che questo argomento non è facile e che poco o mai addirittura si sente da qualche parte.. ma se Dio mi ha ispirato ad esso probabilmente mi chiede di approfondire per meglio servirlo nella verità.
Parto da un elementare ragionamento, pensando ai bambini che non consapevoli dei pericoli e rischi si possono spingere fino a pericoli mortali, ma appunto senza alcuna consapevolezza. Cosa succede però se un adulto consenziente e libero, spinto chiaramente dalla passione come per tutti, pratica sport pericolosi che possono anche trasformarsi in professioni vere e proprie, come può essere il mondo della formula uno, o altro, che però presenta dei rischi mortali? Cosa dire davanti ad un quesito del genere, visto che si tratta di un rischio che l’uomo accetta, e talvolta lo sfida?
Grazie per l’attenzione.


Risposta del sacerdote

Caro M. da b.,
1. vi sono sport che indubbiamente hanno un certo tasso di pericolosità perché per la vittoria è determinante la velocità; tra questi le corse di formula uno.

2. Se queste corse sono preparate in modo da scongiurare qualsiasi pericolo mortale per sé o per gli spettatori non sussistono problemi morali.

3. Certamente la responsabilità del pilota è chiamata in causa nell’eventualità di incidenti pericolosi per sé e per altri.
Egli deve sapere che vi sono dei costi che non si possono pagare.
Pertanto se prevede che vi sia qualche seria e oggettiva pericolosità deve rinunciare a correre.
Egli non deve sottovalutare l’incidenza che può avere ad esempio un fondo stradale bagnato o anche la pericolosità di una curva.
Sì, è in gara per vincere. Ma deve sapere che non si può vincere ad ogni costo.
Il problema morale più importante per il guidatore è più a monte, e cioè nella formazione della sua volontà e nella sua capacità di autodominio.

4. È un problema analogo a quello della guida in automobile.
Quando ci si mette per strada si sa a priori che ci si espone sempre a qualche pericolo.
Ma se non si prende la guida sottogamba e si è autodisciplinati si possono scansare tutti i pericoli.

5. Questo richiede che il pilota giunga alla gara nelle migliori delle condizioni psico fisiche per essere in grado di affrontare l’esercitazione in stato ottimale.
Ciò comporta un preciso dovere di rinunciare alla gara se già in partenza si trova in condizioni di stanchezza o di insufficiente prontezza di riflessi.

6. Ma oltre che nel pilota, vi sono responsabilità anche in altri operatori in questo settore.
Ve ne sono nel costruttore, il quale corre il rischio di badare più alla velocità della macchina che alla sicurezza del pilota.
La sicurezza del pilota deve essere proporzionata alla velocità della macchina.

7. Ma si richiedono responsabilità morali anche negli organizzatori delle gare, i quali devono scartare tracciati e percorsi particolarmente pericolosi.
Inoltre devono approntare un’assistenza tempestiva ed efficace in caso di sinistro e provvedere con misure efficaci a prevenire ogni rischio per gli spettatori.

Ecco queste sono le condizioni morali perché questo sport possa essere praticato in modo degno dell’uomo e a lode del Creatore.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo