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Quesito
Caro Padre Angelo,
Mi può spiegare queste parole di San Paolo nella Lettera agli Ebrei:
"Per fede, Mosè, divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere momentaneamente del peccato. Egli stimava ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto l’essere disprezzato per Cristo; aveva infatti lo sguardo fisso sulla ricompensa".
Come poteva Mosè conoscere Cristo?
Grazie per una sua sempre gentile risposta.
Rosa
Risposta del sacerdote
Cara Rosa,
1. mi hai presentato il versetto della lettera agli Ebrei secondo la traduzione approvata dalla Conferenza episcopale italiana del 2008 che talvolta, contrariamente alla volontà stessa di chi ha proceduto nella revisione della traduzione, l’ha resa più oscura e più difficile.
Questo è avvenuto anche a proposito del versetto in questione.
Ti presento la traduzione precedente, quella del 1974, che per tanti anni abbiamo sentito nelle nostre Chiese: “Questo perché stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; guardava infatti alla ricompensa” (Eb 11,26).
2. Quell’obbrobrio di Cristo è reso nella Volgata con “improperium Christi” e traduce fedelmente il testo greco, che è l’originale, “tòn oneidismòn tou Chistou”.
La traduzione del 2008 invece ha voluto girare l’espressione con “l’essere disprezzato per Cristo” rendendo così più difficile la comprensione per un lettore che non ha a propria disposizione il testo latino e il testo greco.
3. Effettivamente la traduzione del 2008 potrebbe indurre a pensare, come è avvenuto nel tuo caso, che Mosé abbia visto Cristo, sebbene questo non lo possiamo escludere a priori perché Gesù dice di Abramo: “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia” (Gv 8,56).
Tuttavia il testo non lo dice a proposito di Mosè né lo fa pensare.
4. Che cosa si deve dunque intendere per obbrobrio di Cristo?
Leggo in un Commentario biblico: “San Paolo chiama l’obbrobrio di Cristo gli oltraggi e le persecuzioni sostenute dal nostro Salvatore per la redenzione del mondo (Rm15,3: “Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me”).
Ora tutti coloro che nell’antichità furono come Mosè figure e tipi di Gesù Cristo ebbero a soffrire persecuzioni di ogni sorta sia dai loro connazionali sia dagli estranei, e quindi vennero a partecipare all’obbrobrio di Cristo.
Né San Paolo usò a caso tale espressione, ma per consolare con l’esempio di Mosè gli ebrei esposti ogni giorno alla persecuzione per il nome di Gesù Cristo”.
5. Al di là della traduzione del versetto, desidero però richiamare l’attenzione su quanto lo Spirito Santo chiede a tutti: di guardare a Cristo quando si è nella sofferenza, soprattutto in quella morale causata dalle incomprensioni e talvolta anche dalla malizia degli uomini, e di tenere presente la testimonianza di Mosè il quale “stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; guardava infatti alla ricompensa”.
La ricompensa che ci attende da parte del Signore è un motivo così forte che aiuta a sopportare ogni avversità con maggiore pazienza e amore.
6. Ad avere lo sguardo fisso sulla ricompensa aveva già richiamato il Signore nel discorso delle beatitudini: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi” (Mt 5,11-12).
Auguro anche a te di avere come Mosè lo sguardo fisso sulla ricompensa che il Signore ti sta preparando.
Per questo di ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo