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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono un ragazzo di 17 anni appassionato di filosofia e religione.
Talvolta mi faccio questa domanda: la nostra fede di cristiani è basata sui vangeli e altri testi sacri che riportano la vita di Gesù e degli apostoli. Sulla base di questi scritti e testimonianze noi crediamo che Gesù è il figlio di Dio.
Ora, anche i teologi religiosi ebrei hanno accesso agli stessi nostri libri sacri. Certamente la gran maggioranza di loro cerca sinceramente la verità. Eppure non si sente dire che tanti teologi ebrei si sono convertiti al cristianesimo dopo aver letto i vangeli, e nemmeno che tanti teologi cristiani si siano convertiti all’ebraismo dopo aver parlato con un teologo ebreo.
Cioè gli stessi testi vengono interpretati in modo completamente diverso da cristiani e ebrei.
Gradirei molto una sua risposta illuminante riguardo a questo dubbio.
Grazie di cuore.
Pietro
Risposta del sacerdote
Caro Pietro,
1. mi compiaccio anzitutto per il tuo interesse per la religione e la filosofia.
La filosofia è importante perché, se bene usata, aiuta a purificare e ad approfondire la nostra fede.
Di qui l’intelligo ut credam, di sant’Agostino, che possiamo tradurre così: voglio ragionare per credere meglio.
Inoltre aderiamo a quanto Dio ci ha rivelato per comprendere ciò che la ragione umana da sola non può conoscere: Credo ut intelligam, che possiamo tradurre così: credo per poter conoscere meglio.
2. Per rispondere alla tua domanda ti dico che c’è un equivoco nella tua premessa: “la nostra fede di cristiani è basata sui vangeli e altri testi sacri che riportano la vita di Gesù e degli apostoli”.
3. È vero che la fede nasce dalla predicazione e la predicazione si basa sui testi sacri.
E tuttavia, sebbene si venga indotti a credere dall’autorità della rivelazione di Dio confermata dai miracoli, siamo stimolati a credere ancor di più per un altro motivo: “per l’ispirazione interna di Dio che invita a credere” (s. tommaso, Somma teologica, II-II, 2, 9, ad 3).
È la sacra Scrittura stessa che ce lo ricorda attraverso San Paolo: “Nessuno può dire ‘Gesù è il Signore’, se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12,3).
4. San Tommaso approfondisce questa affermazione dicendo: “Tre cose ci inducono alla fede di Cristo: anzitutto la ragione naturale (Rm 1,20), poi le testimonianze della legge e dei profeti, e in terzo luogo la predicazione degli apostoli e degli altri.
Ma quando un uomo, introdotto con questa preparazione, crede, allora si può dire che egli non crede per nessuno di questi motivi: né per la ragione naturale, né per le testimonianze della legge, né per la predicazione, ma soltanto per la stessa Verità” (Commento al Vangelo di San Giovanni,IV, lez. 5, 2), che illumina interiormente e attrae al Signore
Come vedi: la ragione naturale (che comprende anche la filosofia), le Sacre Scritture e i miracoli che le confermano, non comunicano la fede, ma sono premesse, una preparazione per avere il dono della fede.
Potrei dire: sono preamboli alla fede.
5. Sull’assoluta necessità di tale illuminazione interiore per poter credere dice ancora San Tommaso: “L’uomo che esteriormente annuncia il Vangelo non causa la fede, ma la causa Dio, l’unico che può mutare la volontà.
Dio causa la fede nel credente inclinando la volontà e illustrando l’intelletto, affinché non opponga un rifiuto alle cose proposte dal predicatore; questi invece dispone esteriormente alla fede” (De Veritate, 27, 3, ad 12).
6. Ecco allora il motivo per cui ebrei e cristiani di fronte ai medesimi testi giungono a conclusioni diverse: “Se lo Spirito Santo non è presente al cuore di chi ascolta, sarà ozioso il discorso di chi insegna, al punto che lo stesso Figlio di Dio con la sua parola umana non sarebbe efficace se Egli stesso non agisse interiormente per mezzo dello Spirito Santo” (s. tommaso, Commento al Vangelo di San Giovanni,XIV,lez. 6, 6).
7. La stessa cosa afferma il teologo francescano S. Bonaventura quando dice che è più determinante a credere la testimonianza interna di Dio che quella esterna dei predicatori o dei motivi di credibilità: “Magis principaliter ratione auditus interioris quam exterioris” (III Sent., d. 24, dub. 2).
8. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riesprime tutto quello che finora ti ho detto con queste parole: “Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo «per l’autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può né ingannarsi né ingannare». «Nondimeno, perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua Rivelazione» (DS 3009). Così i miracoli di Cristo e dei santi (cf Mc 16,20; Eb 2,4) le profezie, la diffusione e la santità della Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità «sono segni certissimi della divina Rivelazione, adatti ad ogni intelligenza», sono «motivi di credibilità» i quali mostrano che l’assenso della fede non è «affatto un cieco moto dello spirito» (DS 3008-3010)” (CCC 156).
10. Pertanto per la propagazione della fede è certamente necessaria e insostituibile la predicazione.
Ma è ancor più necessaria la mozione interiore di Dio.
Dio è pronto per muovere tutti. Non attende altro.
Dobbiamo dunque pregare perché cadano i pregiudizi o i muri che in tanti impediscono di essere illuminati e mossi dallo Spirito Santo.
Ti ringrazio del quesito, ti faccio tanti auguri per il tuoi studi e per il tuo avvenire.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo