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Carissimo don Angelo,
leggendo la vita di alcuni santi, ho notato una cosa: tutti sono accomunati dal fatto di aver sofferto e di aver addirittura amato la loro sofferenza abbandonandosi completamente alla volontà divina in tutte le situazioni. Penso al grande San Giuseppe, per fare un esempio. Ora, mi sembra abbastanza chiaro che nella maggior parte dei casi gli esseri umani reagiscono ad ogni minima contrarietà almeno con un moto di stizza o alzando gli occhi al cielo in segno di ribellione. Come è possibile quindi per un uomo diventare santo? E come è possibile che un santo nella sua vita non si sia mai nemmeno una volta arrabbiato per una qualche avversità?
Da un punto di vista umano, mi sembra davvero difficile credere che non abbiano mai perso la pazienza, almeno qualche volta!
Un saluto e un’Ave Maria per lei


Carissima,
1. leggendo la tua mail, anziché correre col pensiero a san Giuseppe, sono andato direttamente a Nostro Signore quando ha cacciato i venditori dal tempio.
C’è da domandarsi se in quel momento abbia perso la pazienza.

2. San Matteo a questo proposito scrive: “Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto:
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri»” (Mt 21,12-13).

3. Ancor più dettagliatamente San Giovanni dice: “Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà” (Gv 2,13-17).

4. Dobbiamo riconoscere che Gesù ha usato maniere forti tanto nelle parole “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri” quanto nelle azioni “Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio”.

5. San Tommaso a proposito dell’ira fa alcune distinzioni molto importanti.
Dopo aver detto che le emozioni o passioni in se stesse sotto il profilo morale non sono né buone né cattive ma dipende dall’uso che se ne fa, dice che “l’ira è desiderio di castigare” e che “il desiderio di castigare può essere buono o cattivo”.
Nel caso della cacciata dei venditori dal tempio erano necessarie le maniere forti ed era necessario anche il castigo.
E Gesù ha usato appunto le maniere forti.

6. San Tommaso afferma inoltre che “il peccato si può riscontrare in una passione per l’intensità di essa, cioè per i suoi eccessi o per la sua debolezza. E da questo lato nell’ira è possibile riscontrare il peccato: cioè quando uno si adira di più o di meno di quel che esige la retta ragione.
Se invece uno si adira conforme alla retta ragione, allora l’ira è lodevole” (Somma teologica, II-II, 158, 1).

7. Prima di san Tommaso San Giovanni Crisostomo aveva detto: “Chi si adira senza ragione è colpevole; ma non chi si adira con ragione. Infatti senza l’ira l’insegnamento non riesce, la giustizia non si pronunzia, e i delitti non vengono repressi”.
Perciò l’ira non sempre è peccaminosa.

8. San Giovanni Crisostomo dice anche che “è cosa lodevole essere pazienti nelle ingiurie fatte a noi: ma sopportare con troppa pazienza le ingiurie fatte a Dio è cosa empia” (Op. imp. in Mt hom. 5, su 4,10).
Anche la pazienza dunque deve avere la sua giusta misura.
Reagire con fortezza quando le circostanze lo richiedono non è impazienza né è contrario alla mitezza.
È invece puntuale e lodevole esercizio del proprio dovere.

Ti ringrazio per la preghiera promessa, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo