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Quesito

Rev.mo Padre,
Visto il recente fatto di cronaca avvenuto in Sicilia e riportato dai maggiori telegiornali, mi sono venute in mente alcune domande che avevo in me sin da quando da studente frequentavo le lezioni di Ginecologia, e che poi avevo sepolto vista la differente specializzazione da me intrapresa.
Ciononostante, la bioetica mi ha sempre interessato, sin da quando studiavo filosofia. Una pratica scientifica per essere d’aiuto all’uomo deve essere etica, altrimenti sarà la sua rovina.
E soprattutto nella mia esperienza professionale mi sono reso conto che sui problemi etici è meglio riflettere e meditare prima di trovarcisi di fronte, altrimenti si ricade quasi sicuramente nell’errore con gravi conseguenze, soprattutto per la propria coscienza ed anima.
Ho cercato sul forum, brevemente, e non ho trovato solo una lettera simile, ma più generale, non specifica. Credo e spero pertanto di non essere ripetitivo.
Ecco che allora le pongo questi quesiti.
Sappiamo bene che la Chiesa condanna l’aborto in tutte le sue forme, anche quella cosiddetta "terapeutica" in quanto l’atto presuppone comunque l’uccisione di uno dei due esseri umani.
Nella pratica medica, vi sono alcune situazioni cliniche in cui l’embrione costituisce un pericolo mortale per la donna, al punto da essere definite urgenze chirurgiche (Esempi di esse sono la gravidanza extrauterina o la gravidanza tubarica). In tali casi se non si interviene, la prosecuzione della gravidanza porterebbe al decesso di ambedue gli esseri umani, madre e figlio. Preciso che la vita del nascituro in tali casi sarebbe comunque compromessa, in quanto in uno stadio di sviluppo per cui la vita extracorporea sarebbe impossibile, ed in quanto col decesso della madre essa verrebbe comunque a cessare.
1. Come si dovrebbe comportare in tal caso il ginecologo dato che si troverebbe in mezzo ad un "bel" problema? Egli non può infatti invocare l’obiezione di coscienza in quanto non è prevista, dato l’immediato pericolo di vita per la donna, né dal codice deontologico né dalla legge 194. Se procedesse incorrerebbe nella scomunica. Se non lo facesse verrebbe accusato e sicuramente condannato per omicidio, oltre che (molto probabilmente) radiato dall’Ordine.
2. Mi rendo conto che il problema risiede in una diversa concezione del nascituro e del suo rapporto con la madre, fra Magistero della Chiesa e Legge dello Stato. Nel primo caso infatti madre e figlio sono ambedue esseri umani, individui e membri fondanti della società, e che è il nascituro, in quanto essere umano in via di sviluppo ed in condizione svantaggiata dal punto di vista anatomico, a dover meritare maggiore tutela e protezione. Nel secondo caso invece è la madre, in quanto già nata ed essere con facoltà intellettive già sviluppate, l’entità al centro della cura e della tutela, il suo riferimento.
Tuttavia noi medici operiamo nello Stato ed in conformità alle leggi, giuriamo di rispettare il codice deontologico, che dice sì di tutelare la vita sin dal concepimento, ma esprime nettamente il dovere di operare in casi come quelli in esame.
Come dobbiamo quindi operare?
3. Visto che dal punto di vista biologico nel caso della gravidanza extrauterina lo è, è possibile considerare l’embrione dal punto di vista etico come una patologia e quindi su questo autorizzare l’intervento? Non si tratterebbe quindi di uccidere una vita, ma di salvarne una.
4. Sia chiaro che ritengo che tutti i medici Cattolici debbano in primis seguire la Legge Naturale, in quanto espressione dell’amore e della volontà creatrice di Dio, e quindi perfetta. Tuttavia in casi del genere quanto dolore causerebbe al medico vedere una madre morire fra le sofferenze quando la si sarebbe potuta salvare? Una famiglia distrutta, con l’intera società che ti ritiene responsabile di tale distruzione.
O forse nell’astensione dal procedere, Dio Padre che ci vuole santi ci richiede un esercizio "eroico" di virtù (date soprattutto le conseguenze legali e sociali dell’atto) a cui abbiamo il dovere di rispondere?
Spero di non essere stato prolisso e che il rispondere alla mia mail (lunga, lo so) non gravi troppo sul suo tempo.
La ringrazio e che Dio la benedica.
Guido


Risposta del sacerdote

Caro Guido,
1. il Magistero della Chiesa non privilegia la vita del nascituro su quello della madre. Ma le privilegia ambedue.
Si deve fare il possibile per salvare tutte e due le vite.
Quando si vede che una sta affondando, nell’impossibilità di salvarla si farà il possibile per salvare almeno l’altra.
Ma non si può mai sopprimere una persona per salvarne un’altra.

2. Diverso è il caso dell’aborto indiretto, quando cioè non si interviene in nessun modo sul bambino, ma su un organo gravemente compromesso della madre.
Vi si interverrebbe anche se non fosse gravida.
In questo caso, se l’intervento si giudica necessario per salvare la vita della madre, si può fare anche se si prevede che ne seguirà un aborto.
Qui , come si vede, l’aborto non è voluto, ma piuttosto è subìto, è tollerato. È un effetto indiretto e indesiderato di un intervento che in quel momento era assolutamente necessario.
Così già si espresse a suo tempo Pio XII: “Di proposito abbiamo sempre usato l’espressione “attentato diretto” alla vita di una persona innocente, “uccisione diretta”, perché se, per esempio, la conservazione della vita della futura madre, indipendentemente dall’essere incinta, richiedesse con urgenza un’operazione chirurgica o un’altra terapia che avrebbe, come conseguenza secondaria, in nessun modo voluta o perseguita, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più essere qualificato come un attentato diretto ad una vita innocente. In queste condizioni, l’operazione può essere lecita, come sarebbero leciti interventi medici similari, purché si tratti di un bene di elevato valore, quale la vita, e che non sia possibile rimandare l’operazione a dopo la nascita del bambino, né far ricorso ad altro rimedio efficace” (26.XI.1951).

3. È invece sempre immorale e non  può mai ricevere alcuna approvazione l’aborto diretto, volontario, procurato.
Ecco la motivazione portata da Pio XII: “Uomo è il bambino, anche non ancora nato; allo stesso grado e per lo stesso titolo che la madre.
Inoltre ogni essere umano, anche il bambino nel seno della madre, ha il diritto alla vita, diritto che proviene immediatamente da Dio, non dai genitori, né da qualsiasi società e autorità umana.
Quindi non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza, nessuna indicazione medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta, deliberata disposizione sopra una vita umana innocente, vale a dire una disposizione che miri alla sua distruzione” (29.X.1951).

4. Nel caso di gravidanza extrauterina è necessario esaminare dove avviene questa gravidanza.
Se avviene ad esempio nelle ovaie o nelle tube, si interviene asportando l’ovaia o la porzione di tuba compromessa.
In questo caso l’aborto che ne segue si configura come un aborto indiretto e pertanto tollerato.

5. Se invece avviene altrove, si cercherà di agire diversamente, ma sempre nel rispetto della vita di tutti e due.
Va detto tuttavia per la precisione che la gravidanza extrauterina si conclude da sola almeno nei due terzi dei casi per la morte naturale dell’embrione o del feto che in quelle condizioni non può svilupparsi.
In questo caso si seguirà per quanto è possibile la gravidanza cercando di lenire le sofferenze della madre nell’attesa dell’esito mortale del figlio o, meglio ancora, inducendo il parto il più presto possibile, salvando in questo modo tutti e due.

6. Purtroppo va anche detto che oggi appena si viene a sapere di una gravidanza extrauterina (e con l’ecografia lo si vede presto e con certezza) si procede subito all’aborto diretto. E questo non è lecito.

7. Da quanto ho capito, per il caso di Catania le cose stavano diversamente perché la donna aveva un’infezione grave.
Per quest’infezione la si sarebbe potuta curare anche con il rischio della perdita dei bambini (ne portava due nel grembo), in forza del volontario indiretto.
Ma nella fattispecie uno dei due gemelli era già morto, e rimuoverlo dal grembo o anche anticipare il parto dell’altro avrebbe potuto comportare uno scompenso grave sulla vita già precaria della donna portandola alla tomba.
Di fatto poi la situazione della donna si è repentinamente aggravata ed è morta.

8. Mi pare pertanto di poter dire che in questo caso non c’era alcun motivo per invocare l’obiezione di coscienza, né è stata invocata.
Dispiacerebbe se il polverone fosse stato sollevato ad arte per screditare gli obiettori di coscienza a favore dell’aborto.

Ti ringrazio di avermi dato l’occasione per presentare la dottrina della Chiesa in merito, ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo