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Quesito

Salve Padre,
ho letto sul web una sua risposta su questo passo paolino:
“Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole” (1 Ts 4,13-18). “.
Queste parole mi mettono in crisi. La mia fede e’ erosa dal dubbio, eppure non posso che leggere ciò che i miei occhi umani vedono.
Non importa poi tanto se san Paolo viveva nell’attesa della fine come una sua convinzione che poi veniva smentita mi pare che l’importante sia che questa lettera (che mi risulta una delle più antiche, addirittura più antica dei vangeli e risulta anche essere originale mentre sulla II ai tessalonicesi ci sono dei dubbi) scritta da san Paolo sotto ispirazione sia parola di Dio!!
Sulla parola del Signore – scrive l’autore – quella generazione sarà viva alla parusia!
Nessuno sa il giorno e l’ora ma il periodo sì!
E da quel periodo sono trascorsi duemila anni senza nessuna parusia (o ritorno visibile del Cristo).
A questo punto le domando, sa darmi una risposta per non leggere in questa profezia un fallimento, primizia del fallimento della fede che nonostante spiritualizzi tutto all’aldilà vede inefficaci ed in definitiva false le sue promesse?


Risposta del sacerdote

Carissimo,
mi sembra un pò esagerato trovare in questa affermazione di san Paolo la “primizia del fallimento della fede”.
Basta un piccolo sforzo intellettuale e tutto diventa chiaro.

1. Innanzitutto desidero anch’io sottolineare che qui san Paolo rivendica l’autorevolezza della sua affermazione. Dice infatti: “Questo vi diciamo sulla parola del Signore”. Che l’abbia ricevuta personalmente o dagli altri apostoli non importa. In ogni caso si tratta di divina Rivelazione.

2. Va detto chiaramente che San Paolo non afferma che la venuta del Signore debba avvenire prima della sua morte.
Tutti i Santi Padri (Giovanni Crisostomo, Agostino, Teodoreto…) e molti teologi (tra cui san Tommaso) ritengono che le parole “noi che siamo vivi” si riferiscano ai giusti che saranno ancora vivi al momento in cui starà per comparire Gesù Cristo.
Con una figura retorica San Paolo trasporta per così dire in se stesso la persona dei cristiani presenti alla fine del mondo e si pone tra gli spettatori del grande avvenimento, non già perché lo creda prossimo, ma unicamente per dar più forza e vivacità alla sua affermazione.

3. Questa figura retorica è l’enallage.
Per enallage s’intende lo scambio più o meno apparente di una parte del discorso per un’altra.
Qui si tratterebbe di un enallage di persona.

4. La Bibbia di Gerusalemme offre un’altra versione: “Quelli che saranno ancor in vita nel giorno della parusia, tra i quali Paolo si colloca in questo versetto per ipotesi, esprimendo una speranza, ma non certezza”. Tant’è che in 5,1 dice: “Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva”.

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di precisare il significato di queste parole di San Paolo.
Ti prometto un ricordo al Signore ti benedico.
Padre Angelo