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Quesito
Gentile Padre Angelo,
sono un ragazzo di 23 anni, cattolico. Prendendo sul serio la mia fede, cerco di viverla nella quotidianità, vagliando con un sano discernimento alla Luce di Dio la bontà delle mie scelte e delle mie aspirazioni.
Vorrei, a tal proposito, sottoporle una questione riguardante proprio la coerenza tra fede personale e pratica di vita.
Recentemente, è rinato in me il desiderio di praticare il karate, sport che intrapresi per un brevissimo periodo di tempo prima della mia conversione. Il motivo alla base di questo desiderio, più che nel voler acquisire capacità di legittima difesa personale, consiste nell’aspirazione a rafforzare il carattere e il controllo sul mio corpo; oltre ciò, vi è in me uno stimolo a sperimentare nuovamente questa disciplina che, almeno ai miei occhi, non manca di fascino.
Documentandomi su Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Karate) trovo tutto sommato i principi su cui basa questa arte marziale, a livello morale e spirituale, buoni e corretti anche dal punto di vista cristiano. Ma il dubbio permane: può questa disciplina, che mira in un certo senso anche allo sviluppo interiore della persona, essere conciliabile nei suoi fondamenti con il percorso cristiano? O, al contrario, dovrei rinunciare a questo desiderio, proprio perché può essere dannoso a livello di cammino spirituale?
La ringrazio per la cortese attenzione, e la saluto con i miei complimenti per il prezioso servizio di ascolto e di guida.
Lorenzo
Risposta del sacerdote
Caro Lorenzo,
1. sono andato anch’io a visitare Wikipedia per saperne di più.
Mi pare di poter dire che se si tratta solo di un metodo per sviluppare meglio le proprie capacità fisiche e intellettuali non ci sia nulla da dire.
2. Sullo sviluppo interiore della persona invece è necessario intenderci.
Se per questo sviluppo s’intende il concetto di perfezione tipico del buddismo, allora non ci siamo.
Il porto della pace al quale aspira il buddista consiste in uno stato di felicità assolutamente negativo, in quanto ogni sensazione è annientata e, di conseguenza, rimane annientato anche il dolore. A questo nirvana (= estinzione) si giunge definitivamente solo dopo una lunghissima serie di reincarnazioni e di progressive purificazioni.
Come vedi, lo sviluppo interiore del cristiano è tutta un’altra cosa: è la crescita in Cristo e nella partecipazione alla vita divina. Il cristianesimo non è estinzione (se non del peccato), ma pienezza di vita, e questa pienezza di vita comprende anche i sentimenti.
Per questo sono sempre attuali le considerazioni fatte sul buddismo originario da un grande filosofo cristiano del nostro tempo, J. Maritain: «Questa dottrina di disperazione non è soltanto un’eresia riguardo al brahmanesimo, è un flagello intellettuale per l’umanità, poiché deriva dalla dissoluzione della ragione. E vi si trovano già quasi tutti i grandi errori che s’attaccano alla ragione nei tempi moderni. Se essa viene esaltata ai giorni nostri con tanto favore in certi ambienti europei, questo avviene perché tutti gli spiriti che vogliono trarre dall’umanitarismo una morale di bontà per un mondo senza Dio, sono già virtualmente buddisti» (J. Maritain, Elementi di filosofia. I: Introduzione generale alla filosofia, p. 48).
3. Ma io penso che questa mentalità sia del tutto al di fuori da te, che intendi essere un buon cristiano.
Cristo deve rimanere la Luce che brilla sul tuo cammino. La tua aspirazione suprema, come quello di ogni buon cristiano, deve essere quella di poter giungere a dire insieme con San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.
Continua a seguire il cammino che stai compiendo.
Ti seguo con la preghiera e con un ricordo nella Messa perché tu possa sempre vagliare alla Luce di Dio la bontà delle tue scelte e delle tue aspirazioni.
Ti benedico.
Padre Angelo