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Quesito
Caro padre Angelo,
sono un sacerdote di …, don …, e seguo di frequente la sua rubrica. In un tempo in cui non si parla più di casuistica per i confessori è per me molto utile vedere la soluzione pratica di molti casi particolari e di questo la ringrazio di cuore.
Volevo sottoporle un caso di mio interesse: vi sono due persone settantenni (un uomo e una donna – di questi tempi è bene specificare …), entrambe vedove, che hanno deciso di convivere in casa di lui (insieme alla figlia di lui, con marito e nipotini). I due vedovi formalmente sono equiparabili agli altri conviventi (con tutta probabilità condividono il talamo e i servizi), anche se, per l’età, forse sono un po’ come "fratello e sorella". Mi chiedo: è possibile per loro accostarsi ai sacramenti? Mi viene da pensare: forse si se assumessero il preciso impegno di astenersi dagli atti propri dei coniugi; ma dall’altro penso anche: nessuno dei due è comunque costretto alla convivenza (la donna ha una casa propria), e la loro convivenza, di fatto, evangelicamente parlando può essere uno "scandalo" (per esempio proprio per i piccoli nipotini ), quindi una cosa sbagliata in sè. Preciso che le due persone si atteggiano esteriormente e si considerano essi stessi come marito e moglie. Non avrebbero problemi – così mi hanno detto – a sposarsi, ma si vergognano per l’età e temono di perderci dal punto di vista fiscale. Con tutta umiltà vorrei sottoporre il caso a lei, ringraziandola in anticipo per l’attenzione, chiedendole di ricordarsi di me nelle sue preghiere. Il Signore la benedica per il suo servizio.
In Corde Jesu et Mariae.
Don …
Risposta del sacerdote
Caro don…,
1. le osservazioni che hai fatto sono giuste.
Di fatto i due non sono costretti a stare insieme.
Inoltre presentandosi davanti a tutti come marito e moglie, presumibilmente si trattano così anche nella loro intimità.
E qualora si comportassero castamente, tuttavia, andando a dormire insieme nello stesso letto, hanno assunto un comportamento che fa pensare tutto il contrario.
Certamente i bambini presenti in quella casa non ricevono dall’esempio degli adulti quella prima ed indispensabile educazione che passa attraverso la testimonianza della vita. In qualche modo vengono già indotti a pensare che una strada valga l’altra.
2. In questa loro situazione le due persone di cui mi parli non possono accostarsi ai sacramenti perché anche nel caso in cui vivessero in perfetta castità, non sarebbe rimosso lo scandalo.
3. La soluzione sta nell’avvicinarli e nel dire loro che si è disposti a sposarli anche in casa, se non vogliono la celebrazione esterna.
Sono necessari solo i due testimoni, che potrebbero essere al limite anche la figlia col marito.
4. Inoltre, per eliminare in radice il motivo per cui non si vogliono sposare tu dovresti impegnarti ad ottenere dal vescovo il permesso di poter celebrare per loro un matrimonio cosiddetto di coscienza (e cioè un vero sacramento), ma senza la sua trascrizione all’anagrafe civile, in modo che i due continuino a percepire la pensione del consorte defunto.
5. In questo modo i due possono vivere serenamente la loro vita cristiana e fruire della grazia del matrimonio.
Nello stesso tempo possono accedere regolarmente ai due sacramenti dell’Eucaristia e della Confessione che sono così indispensabili per la vita cristiana.
6. È in questo modo che noi sacerdoti dobbiamo andiamo incontro alla gente, ricordando che la normativa (anche quella che in forza del concordato dice di trascrivere i matrimoni sacramento all’anagrafe civile) va interpretata a favore della gente secondo l’antico criterio dei canonisti i quali dicevano che la legge va interpretata nel senso più favorevole ai soggetti, e l’interpretazione che mette intralci va interpretata nel senso più restretto (favorabilia sunt amplianda et odiosa sunt resringenda).
Il Signore benedica anche te e renda molto fruttuoso il tuo ministero.
Contraccambio volentieri il saluto “in Corde Jesu et Mariae”.
Padre Angelo