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Quesito

salve padre Angelo,
parlando con mia moglie mi è venuto in mente questo quesito.
Premetto che quello su cui le scriverò, a onor del vero, è ipotetico, perché è una supposizione che data da commenti raccolti parlando con altre persone che non ci hanno esplicitato la cosa ma l’abbiamo intuito noi e quindi potremmo anche aver intuito male. Ciò non toglie che sia una possibilità su cui riflettere.
Ecco la domanda: se fosse vero che alcune coppie cattoliche, impegnate in parrocchia, nel catechismo e magari con la conduzione di un percorso formativo per giovani coppie di sposi che si siano chiuse all’arrivo di figli propri per poi magari farsi affidare un sacco di bimbi da famiglie problematiche oppure addirittura adottarli, come ci si dovrebbe porre davanti a questa eventualità?
Io onestamente non riuscirei a dire che hanno fatto tutto bene pur essendo lodevole il prendere in casa questi bimbi disagiati perché vorrebbe dire che, come hai mantenuto figli non tuoi potevi mantenerne a maggior ragione dei tuoi naturali!
Voglio fare l’avvocato del diavolo: in tutto questo si potrebbe dire che magari hanno sacrificato la loro fecondità naturale per una fecondità spirituale? Partendo dal presupposto che per non avere altri figli propri siano per lo meno ricorsi ai metodi naturali…
La mia risposta purtroppo è negativa ma mi rendo conto che così dicendo potrei ferire molta gente di buona volontà con questa mail nel momento in cui verrà pubblicata, anche se la Verità non ci ha mai promesso di stare bene quaggiù ma dopo, parafrasando ciò che disse la Madonna a Bernadette.
Come sempre grazie del suo splendido servizio.
Viva Gesù e Maria.
Alex


Risposta del sacerdote

Caro Alex,
1. è dall’amore naturale per i propri figli che si impara ad amare anche quelli degli altri.
Quante volte mi è capitato nel corso del ministero sentir dire da alcune persone: quella si comporta così perché non sa che cosa significhi avere figli.

2. C’è qualcosa che viene dal sangue e che insegna tante cose, anche se non si sanno esprimere a voce.
È per questo che in passato si sentiva dire che per quanto attiene all’educazione dei figli il migliore collegio non vale una mediocre famiglia.

3. Vale anche qui quanto si insegna in teologia: che si impara di più su Dio stando con Lui che sui libri.
Chi vive con Dio ha delle intuizioni e degli slanci d’amore che chi si limita a studiare sui libri non può immaginare.
È la cosiddetta conoscenza per connaturalità per cui San Tommaso amava far propria l’affermazione di Dionigi il mistico, e cioè che l’uomo di Dio dotto non è semplicemente colui che studia le realtà divine, ma chi le sperimenta in se stesso (Jeroteus doctus est non solum discens sed et patiens divina; Somma teologica, I, 1, 6, ad 3).
Senza nulla togliere agli educatori con tanto di diploma o di laurea, tuttavia tante mamme senza diplomi hanno compiuto e compiono egregiamente il proprio dovere per una certa istintualità naturale.
Si potrebbe dire che hanno imparato il loro mestiere sul campo, attraverso la strada dell’amore materno.

4. Senza dubbio prendere in affido o in adozione i figli degli altri, degli abbandonati, degli orfani è cosa altamente meritevole e non si finirà mai di lodare e di apprezzare persone tanto generose.
Il Signore aggiunge il resto dicendo: “Chi accoglie uno solo di questi piccoli nel mio nome, accoglie me” (Mt 18,5) e anche “L’hai fatto a me” (cfr. Mt 25,40).

5. Ma, a mio parere, sposarsi, decidere di non avere figli pur essendo fertili per dedicarsi a quelli degli altri – per quanto l’intenzione e l’opera sia ugualmente tanto meritoria – è come partire con una marcia in meno.
Sotto questo aspetto mi pare avvantaggiato chi insieme ai propri figli ne accoglie anche altri.
Dico questo senza escludere che vi possano essere persone senza figli che sappiano educare meglio di chi ha figli.

6. Con questo non entro nel merito delle singole coppie che avessero deciso il percorso che mi hai esposto.
Come sul numero dei figli da mettere al mondo il giudizio dei coniugi è insindacabile come dice il Concilio (Gaudium et spes 50), così analogamente anche qui va detta la stessa cosa.
Quanto ho scritto non è dottrina della Chiesa, ma è il mio pensiero personale.
Per cui aggiungo volentieri: “salvo meliori iudicio”, e cioè salvo un giudizio migliore, pronto ad accoglierlo da qualunque parte venga.

Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo al Signore.
Padre Angelo