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Quesito

Buongiorno,
Ho una domanda che forse sembrerà stupida.
Io e mia moglie siamo stati richiamati alla fede da Gesù in una grazia molto bella, noi non stavamo cercando Dio, vivevamo le nostre vite normalmente schiavi del mondo! E lui nella sua Misericordia ci ha richiamato a sé e ci sta guidando verso un cammino vocazionale in un’associazione cattolica chiamata Papa Giovanni XXIII.
Cerchiamo di condurre una vita semplice e frugale, ceniamo con un piatto unico solitamente semplice (anche se al weekend ci mangiamo una bistecca ogni tanto!) e beviamo un bicchiere di vino, anche se non sempre. Non usciamo mai al ristorante (forse una volta l’anno) in quanto riteniamo che siano soldi sprecati e cerchiamo di non spendere su cose inutili (scarpe, accessori, vestiti nuovi, a meno che quelli vecchi non siano inutilizzabili!) ma piuttosto di fare opere di carità. Il mercoledì e il venerdì non mangiamo carne.
A volte però leggendo il Vangelo ci rendiamo conto che ci sono passaggi nei quali viene chiesto esplicitamente di lasciare tutto ciò che si possiede per seguire Cristo. Cito per esempio il Vangelo di oggi, Luca 14:25-33.
“Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. (…).
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (Lc 14,25-26.33).
Secondo lei questo è da intendere letteralmente, donare tutto il superfluo ai fratelli più poveri? E come facciamo a sapere se veramente viviamo una vita liberi dal vizio della gola? Dovremmo forse nutrirci di alimenti che non ci piacciono al gusto? Io se mi confronto con le persone attorno a me credo di vivere una vita abbastanza umile e semplice, ma sto forse peccando di superbia a pensarlo?
Mi scuso se la domanda sembra un po’ sconclusionata…
Pregheremo per lei!
God Bless
Andrea


Risposta del sacerdote

Caro Andrea,
1. secondo un autore dell’alto Medioevo, un certo Teofilatto, le parole dette da Gesù in Lc 14,25ss significano questo: “poiché molti di coloro che l’accompagnavano non lo seguivano con tutto il loro affetto ma tiepidamente, Gesù mostra come dev’essere il suo discepolo”.

2. Il Signore dice: “chi non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre…”
A dire il vero il testo greco e anche quello latino usa un’espressione più dura: se uno non odia.
Giustamente la traduzione italiana tiene conto del modo di parlare degli ebrei del tempo di Gesù e traduce secondo quanto mi hai riportato.
Mi pare che il commento più bello a queste parole sia quello di Sant’Ambrogio: “Il Signore non comanda di ignorare la natura né di accanirsi contro di essa, bensì di assecondare talmente la natura da venerare il suo autore e da non allontanarsi da Dio per amore dei genitori”.
Anche i genitori e i coniugi vanno amati in Dio e in ordine a Dio.

3. Quando poi il Signore dice “chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” non chiede che tutti facciano come San Francesco.
Certo, se qualcuno fa come San Francesco fa un’ottima cosa e sommamente grata a Dio. Infatti vivendo così testimonia davanti a tutti che Dio è in assoluto il bene più grande e che provvede come sa fare Lui.
Ma chi ha famiglia non può fare quello che ha fatto San Francesco: deve provvedere al marito, alla moglie, ai figli per il presente e per il futuro.
Dio, quando ha dato l’intelligenza all’uomo, l’ha messo in grado di essere provvidente a se stesso e ai suoi.

4. Dal momento però che il Signore ha detto “chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” ci si domanda che cosa voglia dire, pur tenendo presente il modo di esprimersi di quel tempo.
Ecco che cosa dice Beda, vissuto anch’egli un po’ prima di Teolfilatto, ma sempre nell’alto medioevo: “C’è una differenza tra rinunciare a tutte le cose e abbandonare ogni cosa.
Infatti abbandonare tutto è di pochi perfetti, cioè posporre le cure di questo mondo, mentre rinunciare a tutte le cose è proprio di tutti i fedeli, cioè tenere le cose di questo mondo in modo tale da non essere tenuti da esse nel mondo” (Beda).

5. Pertanto le parole del Signore che mi hai riportato non vanno intese materialmente.
Certo, nell’uso dei propri beni si devono tenere presenti le necessità altrui e non si deve mai dimenticare che il Signore ci ha dato una certa disponibilità di beni perché provvediamo a noi stessi e a chi è in necessità. E perché con il buon uso di questi beni ci guadagniamo il Paradiso.

6. Chiedendo di rinunciare a tutto, il Signore non chiede di mangiare ciò che è disgustoso.
I piaceri stessi sono come dei medicinali che indicano in un certo senso ciò di cui il nostro organismo ha bisogno.
Ugualmente sono degli ottimi espedienti per intrattenersi, far festa, compiacersi con gli altri e in particolare con le persone care…
Certo, se ne deve usare come dice San Beda “tenendo le cose di questo mondo in modo tale da non essere tenuti da esse nel mondo” e cioè da persone interiormente libere e non come persone che ne sono diventate schiave e dipendenti.

7. Infine non confrontarti con quello che fanno gli altri, perché il Signore chiama tutti secondo vie diverse.
L’unico confronto che dobbiamo fare è con la chiamata che il Signore ha rivolto a ciascuno di noi.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo