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Quesito
Caro padre Angelo,
seguo con molto piacere ed entusiasmo la sezione del vostro sito sulle risposte ai fedeli, che trovo molto utili e sincere. Diverso tempo fa ho iniziato a leggere il “Trattato della vera devozione alla Vergine Maria” di san Luigi Maria G. di Montfort. Il testo è a tratti affascinante, a tratti profetico e persino ampiamente rigoroso in alcuni insegnamenti Mariani: questo spinge molto ad essere largamente devoti alla Madonna e a cancellare tracce di eresia e superbia che possono risiedere dentro il cuore nei Suoi confronti.
Da diverso tempo ormai ho deciso di custodire la mia castità essendo io un giovane fidanzato ma non sposato, aggiungendo a tale esercizio di custodia della castità anche il rosario quotidiano (preferisco in latino) e magari qualche altro momento di raccoglimento serale o l’adorazione eucaristica il giovedì in Chiesa.
Così ho maturato il desiderio di provare ad avvicinarmi in modo più profondo e radicale a Gesù e Maria…
Quindi da diversi giorni ho iniziato il mese di preparazione per poi recitare, al termine, la preghiera di consacrazione a Gesù per mezzo di Maria. E’ qui che vorrei farle alcune domande per meglio comprendere questo tipo di consacrazione e gli effetti derivanti:
1. Dal testo mi è sembrato di capire che tale preghiera di affidamento e di servitù a Gesù per mezzo di Maria è destinata a rinnovare gli effetti del battesimo, a ripartire nonostante l’infedeltà alle promesse che un fedele ha avuto negli anni, risultando quindi un tipo di preghiera destinata anche ai laici e non solo ai religiosi (o a chi necessariamente intende farsi tale). Ho ben compreso?
2. Oltremodo il Montfort chiarisce bene che con tale consacrazione una persona rinuncia a tutto se stesso, non solo anima e corpo ma anche alle proprie azioni e ai meriti da esse derivanti. Quindi una persona non è più padrone delle proprie azioni? Che ne viene ad essere dei propri meriti? Deve avere speranza solo in Maria che saprà custodirli e fruttificarli?
3. Inoltre, in quanto uomini che, seppur buoni e perfetti, tendono al peccato, un devoto che sinceramente si consacra e poi dovesse cadere in qualche peccato, la gravità di tale peccato è maggiore in virtù della consacrazione fatta? Ovvio che il desiderio di chi decide di mettersi nelle mani di Maria è quello di servire il più rettamente possibile Cristo e di non pensare minimamente all’idea di errare, ma è pur vero che a volte noi uomini possiamo anche cadere, Dio non voglia.
La ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità a chiarire i miei quesiti.
Un caro saluto dalla Sicilia, e una preghiera da parte mia!
Francesco.
Sia lode e gloria a Gesù Cristo!
Risposta del sacerdote
Caro Francesco,
1. c’è da ringraziare il Signore perché ti ha ispirato a vivere castamente il tuo fidanzamento e che proprio in ordine a questo ti ha accordato anche una particolare forza.
La via che ti comunica questa forza è la preghiera del Santo Rosario, che ti unisce a Cristo e a Maria e li rende presenti con la loro onnipotenza salvatrice nella tua vita.
2. Colgo l’occasione anche per dire due parole sulla consacrazione a Maria come è indicata dal Montfort.
3. Inizio col chiarire il significato di una parola usata da questo santo: servitù a Gesù per mezzo di Maria.
Alcuni sobbalzano sentendo parlare di schiavitù.
È vero questa parola può essere simbolo di tirannia.
Ma evidentemente non è questo il significato di tale parola quando la si dice in riferimento alla Madonna.
4. Per mostrarne il significato posso partire da un esempio: in questo mondo ci sono tante persone sono schiave del peccato e se ne vantano.
Perché ci si dovrebbe meravigliare se qualcuno voglia dirsi schiavo di una persona che ama?
Penso che entri nella logica dell’amore e più precisamente dell’innamoramento rendersi schiavo in senso buono della persona amata.
Le si dice: sono tutto a tua disposizione. Sono contento di vivere con te e per te. Non è per me un’umiliazione dirmi schiavo tuo, ma un vanto.
5. Chiarito questo, si comprende subito che affidarsi a Maria non è una cosa fuori della logica o del Vangelo.
Anzi, è il Vangelo stesso che lo dice.
Gesù dalla croce ha detto a Maria: “Donna, ecco tuo figlio” (Gv 19,26) e a Giovanni “Figlio, ecco tua madre” (Gv 19,27).
E Giovanni, mosso dallo Spirito di Gesù, subito “l’accolse con sé” (Gv 19,27).
6. Questo medesimo Giovanni, che è l’Autore del quarto Vangelo, descrive questo reciproco affidamento in un contesto in cui si dice: “Così si compiva la Scrittura” (Gv 19,24), “affinché si adempisse la Scrittura” (Gv 19,28).
Ragion per cui la Bibbia di Gerusalemme commenta: “Il contesto scritturistico e il carattere singolare dell’appellativo Donna sembrano indicare che l’evangelista vede qui un atto che supera la semplice pietà filiale: la proclamazione della maternità spirituale di Maria, nuova Eva, nei confronti dei credenti rappresentati dal discepolo amato” (Nota a Gv 19,26).
Pertanto quest’affidamento reciproco con Maria s’innesta nel nostro stesso essere cristiani, nel nostro Battesimo.
Non è dunque qualcosa di più o di estraneo al vangelo.
Non è qualcosa che non sia scritto nel nostro stesso DNA battesimale.
7. In che cosa consiste quest’affidamento o consacrazione a Maria?
Il Montfort ne parla nel capitolo terzo del suo trattato.
Distingue anzitutto la vera devozione o affidamento a Maria da quella falsa, che è tutta esteriore, presuntuosa, incostante, ipocrita o interessata.
Il Montfort si dedica a considerare solo quella vera.
E sembra considerarla come una virtù o disposizione dell’animo che come tutte le virtù ha le sue tappe o gradi di crescita.
Questa distinzione è importante perché alla vera consacrazione non ci si arriva d’un colpo, almeno in maniera ordinaria.
8. La prima tappa consiste nel pregare Maria in alcuni momenti della giornata, come ad esempio al suono della campagna che annuncia l’Angelus (mattino, mezzogiorno e sera).
In un secondo momento si esprime in alcuni sentimenti che spingono ad una maggiore venerazione, stima, fiducia e amore verso la Madonna, come ad esempio a recitare ogni giorno il Rosario.
In un terzo momento quest’affidamento porta a donarsi interamente a Maria per essere totalmente consacrati attraverso di Lei a Nostro Signore.
9. Il Padre Garrigou Lagrange dice che “la consacrazione consiste nel promettere a Maria di ricorrere filialemnte e costantemente a Lei e di vivere in un abituale dipendenza dal suo sguardo per arrivare ad una più intima unione con Nostro Signore e per Lui con la SS. Trinità che vive in noi” (La Mère du Sauveur et notre vie interieure, p. 315).
Continua il grande domenicano: “Il motivo è che Dio vuole servirsi di Maria nella santificazione delle anime, dopo essersi servito di Lei nell’incarnazione” (Ib.).
10. Ora nell’Incarnazione Dio l’ha riempita di una nuova ed eccellentissima santificazione, superiore a quella che aveva ricevuto nel primo istante del sua esistenza.
Secondo san Tommaso Maria ricevette questa nuova ed eccellentissima santificazione per contagiare della sua grazia o per comunicare questa sua grazia a tutti coloro che avrebbe incontrato.
Così avvenne per Elisabetta, che all’incontro con Maria fu riempita di Spirito Santo. Così avvenne anche per il Battista e certamente anche per San Giuseppe e per tutti gli altri.
In tal modo, dice il Montfort, “l’Altissimo l’ha resa l’unica tesoriera dei suoi tesori e l’unica dispensatrice delle sue grazie per nobilitare, elevare e arricchire chi Ella vuole, per far entrare chi Ella vuole nella via stretta del cielo… Gesù è dappertutto e sempre il frutto e il Figlio di Maria: Maria è dappertutto l’albero vero che porta il frutto della vita e la vera madre che lo produce” (Trattato della vera devozione a Maria, Cap I, a. 1, n. 44).
Tutto l’intendimento di Maria nei nostri confronti è quello descritto da san Paolo con queste parole: “Voi che io di nuovo partorisco finché Cristo sia formato in voi” (Gal 4,19).
11. C’è dunque un legame di maternità in forza del quale la Madonna può fare tutto per noi.
Ed è per questo motivo che noi siamo invitati secondo il Montfort ad abbandonarci totalmente a Lei, anzi a mettere nelle sue mani tutto quello che è nostro perché ne disponga secondo la volontà del suo Figlio.
Ecco la parte più esplicita della formula indicata dal Montfort: “Io ti eleggo oggi, o Maria, alla presenza di tutta la corte celeste, per mia Madre e Padrona.
Mi abbandono e consacro, come schiavo, il mio corpo e la mia anima, i miei beni interiori ed esteriori, e il valore stesso delle mie azioni buone, passate, presenti e future, lasciandoti intero e pieno diritto di disporre di me e di quanto mi appartiene, senza eccezione, per la maggior gloria di Dio nel tempo e nell’eternità”.
12. Si tratta di un atto eroico di carità, non di un voto, ma di una promessa.
Con queste parole ci viene consigliato di donare a Maria i nostri beni esteriori, se ne abbiamo, perché ci preservi da ogni attaccamento alle cose terrene e ci ispiri il modo di farne il miglior uso.
Ugualmente doniamo a Lei il nostro corpo, i nostri sensi perché li conservi nella perfetta purità.
Infine abbandoniamo a Lei la nostra anima, le nostre facoltà, i nostri beni spirituali, le virtù e i meriti, tutte le nostre opere buone passate, presenti e future.
13. Ci si può domandare che cosa delle nostre opere e dei nostri meriti possa essere comunicato o donato.
Ora vi è un doppio merito che ci può essere ascritto: il merito di giustizia (i teologi lo chiamano de condigno) per il quale chi è in grazia ha diritto ai beni soprannaturali della grazia e al Paradiso; e il merito a titolo di amicizia (de congruo) in forza del quale possiamo ottenere qualcosa dalla bontà e dalla benevolenza di coloro che sono nostri amici.
Il primo tipo di meriti lo possiamo donare a Maria perché ce lo conservi, ce lo faccia fruttificare e, qualora lo perdessimo, di poterlo ricuperare alla perfezione.
Questo merito però è così personale che non può essere trasferito da una persona all’altra.
Il secondo tipo di merito, che non è propriamente di merito o di giustizia, ma di grande convenienza a motivo della forte amicizia, lo si può donare. In questo modo santa Monica, per il suo grande amore per Nostro Signore, ha potuto meritare la grazia della conversione di Agostino. In questa linea noi possiamo pregare e fare penitenza per il nostro prossimo. San Tommaso non dubita di affermare che “per questo merito a titolo di amicizia uno può meritare per un altro la grazia della conversione” (Somma teologica, I-II, 106, 6).
Il motivo è che “in forza della carità due persone diventa una” (Somma teologica, III, 14, 1).
Ebbene, anche questo merito lo possiamo donare alla Madonna perché lo metta disposizione di chi vuole.
14. Pertanto in un’azione compiuta a favore di un altro ognuno acquisisce questo doppio merito: il primo per sé, e il secondo per un altro.
Ambedue possono essere donati a Maria: il primo perché ce lo conservi e lo faccia fruttificare, il secondo perché ne faccia quello che vuole per la maggior gloria di Dio.
In ogni caso però di questo duplice bene ci si espropria.
Sicché qualcuno obietta: ma se doniamo tutto, alla fine dei nostri giorni ci troviamo sprovvisti di meriti perché non ci appartengono più.
Qui però non si deve dimenticare che la Madonna non si lascia vincere in generosità. Anzi, proprio questo atto eroico che avremo fatto ci otterrà un merito ancora più grande, anch’esso a sua volta donato a Maria.
Quest’atto ci otterrà una diminuzione del purgatorio e un grado più alto di gloria in paradiso.
15. Ugualmente qualcuno obietta: allora se doniamo tutto a Maria che vantaggio possiamo ottenere per i nostri cari con le nostre preghiere e con i nostri sacrifici?
Anche qui ci si dimentica che la Madonna conosce meglio di noi i nostri doveri di carità verso i nostri cari. Lei stessa dunque ce li ricorderà e poi Lei stessa che conosce meglio di noi le loro necessità, li distribuirà secondo le necessità di ognuno, anche di quelli che magari noi avremo del tutto dimenticato.
16. Una tale donazione a Maria obbliga a tenere lo sguardo fisso su di Lei nelle varie peripezie della nostra vita e a vivere sempre con i suoi sentimenti che sono pieni di amore e di donazione.
17. Per vivere bene la propria servitù a Maria bisogna accogliere sia la volontà del Signore sia le sue permissioni (il calvario) con i suoi stessi sentimenti pieni di amore e di disponibilità.
La Madonna, fattasi serva del Signore, non si è mai tirata indietro, non si è mai lamentata.
Per questo l’atto di consacrazione a Maria secondo la formula del Montfort va fatto da persone che si sono un po’ impratichite nella vita cristiana.
Diversamente diventa un atto che non incide per nulla nel proprio vissuto, rimane una formula sterile, senza frutto, fatto magari solo per ricevere qualche beneficio da Maria.
Per questo qualcuno propone di farlo per gradi: prima per una settimana, poi per un mese, in seguito per un anno, infine per sempre. Proprio perché non rimanga una formula vuota.
18. Mi chiedi infine se il peccato commesso da chi si è consacrato a Maria sia più grave perché si è venuti meno ad un impegno, ad un dono.
Ebbene, trattandosi non di un voto, ma di una promessa e di un dono mi pare di poter dire che se si pecca, non si aggrava la propria situazione.
Anzi, proprio perché si avverte maggiormente il dispiacere per il peccato commesso, si sperimenta anche nel peccato la benevolenza della Madonna che ci ottiene un più vivo dolore e un proposito più fermo.
Mi pare di poter dire che anche qui c’è tutto da guadagnare e nulla da perdere, purché si tratti di una consacrazione vera.
Ti ringrazio di aver attirato la mia attenzione su questo punto della vita spirituale particolarmente prezioso e bello.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo