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Quesito
Caro Padre,
che cosa dice la Chiesa del capitalismo? L’ha condannato? Lo approva?
La ringrazio in anticipo.
Federico
Risposta del sacerdote
Caro Federico,
1. Pio XI nell’enciclica Quadragesimo anno, dopo aver fatto sua l’affermazione di Leone XIII: “Non può sussistere capitale senza lavoro né lavoro senza capitale” (RN 15), dice che il capitale non è di sua natura vizioso: “Allora però viola il retto ordine quando il capitale vincola a sé gli operai ossia la classe proletaria col fine o con la condizione di fruttare a suo arbitrio e vantaggio l’economia tutta, senza far caso né alla dignità umana degli operai, né del carattere sociale dell’economia, né della stessa giustizia sociale e del bene comune” (QA 101).
2. Le parole sono chiare: il regime economico che si basa sul capitale non è iniquo, è doveroso. Perché non può esserci lavoro senza capitale, né il capitale senza il lavoro che lo conservi e lo fruttifichi.
Giovanni Paolo II ha sottolineato che I regimi collettivisti non fanno altro che trasferire il capitale dalle mani dei singoli nelle mani dello Stato. Ciò significa che non si può lavorare senza capitale.
3. È chiara invece la condanna di un regime capitalista che ha di mira solo il profitto del capitale, non tenendo presente che il senso stesso del capitale è quello di servire il bene comune, il bene delle persone e in particolare il bene dei lavoratori.
4. Per questo sempre Pio XI dice: “Ultime conseguenze dello spirito individualista nella vita economica sono poi quelle che voi stessi vedete e deplorate: alla libertà di mercato è sottentrata l’egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata ambizione del potere, e tutta l’economia è così diventata orribilmente dura, inesorabile, crudele…, l’abbassarsi della dignità dello stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizioni umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento solo al bene comune e alla giustizia” (QA 108).
5. Questa medesima valutazione è stata espressa da Giovanni Paolo II nella enciclica Centesimus annus: “Ritornando ora alla domanda iniziale, si può forse dire che, dopo il fallimento del comunismo, il sistema sociale vincente sia il capitalismo, e che verso di esso vadano indirizzati gli sforzi dei Paesi che cercano di ricostruire la loro economia e la loro società? È forse questo il modello che bisogna proporre ai Paesi del Terzo Mondo, che cercano la via del vero progresso economico e civile?
La risposta è ovviamente complessa. Se con «capitalismo» si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia, la risposta è certamente positiva, anche se forse sarebbe più appropriato parlare di «economia d’impresa», o di «economia di mercato», o semplicemente di «economia libera». Ma se con «capitalismo» si intende un sistema in cui la libertà nel settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è decisamente negativa.
La soluzione marxista è fallita, ma permangono nel mondo fenomeni di emarginazione e di sfruttamento, specialmente nel Terzo Mondo, nonché fenomeni di alienazione umana, specialmente nei Paesi più avanzati, contro i quali si leva con fermezza la voce della Chiesa. Tante moltitudini vivono tuttora in condizioni di grande miseria materiale e morale. Il crollo del sistema comunista in tanti Paesi elimina certo un ostacolo nell’affrontare in modo adeguato e realistico questi problemi, ma non basta a risolverli” (CA 42).
6. E: “La Chiesa non ha modelli da proporre. I modelli reali e veramente efficaci possono solo nascere nel quadro delle diverse situazioni storiche, grazie allo sforzo di tutti i responsabili che affrontino i problemi concreti in tutti i loro aspetti sociali, economici, politici e culturali che si intrecciano tra loro. A tale impegno la Chiesa offre, come indispensabile orientamento ideale, la propria dottrina sociale, che – come si è detto – riconosce la positività del mercato e dell’impresa, ma indica, nello stesso tempo, la necessità che questi siano orientati verso il bene comune” (CA 43).
7. In conclusione possiamo dire che la Chiesa ha condannato il cosiddetto capitalismo liberale o egemone, ma non il regime economico che si basa sul capitale, il quale è insostituibile per poter lavorare e per edificare una società che possa garantire la promozione di quel bene comune che consiste nel bene della persona, di tutta la persona, di tutte le persone, come ha ricordato Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris, 23.
Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo