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Sacerdote (1220-1286) – memoria 8 ottobre
Nasce in palazzo Sansedoni, tuttora maestoso a Siena, in Piazza del Campo: ma sembra nato deforme, per certe imperfezioni agli arti, e così l’affidano a una donna in separata sede, senza antenati né palazzi. Però lei lo tiene così bene da guarirlo. Torna allora a palazzo, ma lo lascerà poi a 17 anni per farsi domenicano. Noviziato e prime scuole probabilmente a Siena, poi il perfezionamento nel 1245 a Parigi e di lì a Colonia (1248), dove ha per professore il futuro sant’Alberto Magno e per compagni Pietro di Tarantasia (poi diventato papa Innocenzo V) e Tommaso d’Aquino. Chiamato a Parigi come insegnante, Ambrogio si fa conoscere pure – anzi, soprattutto – per l’efficacia della predicazione in chiesa e in piazza, tra i salmi e tra i tumulti. (Alcuni pittori lo raffigureranno con lo Spirito Santo in forma di colomba bianca, che gli parla all’orecchio). Ha doti eccezionali di persuasore, e si deve anche a lui se non scoppia uno scisma in Germania già nel 1245, per il dissidio tra il concilio di Lione e l’imperatore Federico II. Ma, alla morte di questi, suo figlio Manfredi tenta di recuperare i territori imperiali nel Sud d’Italia: e la Sede romana s’immischia rovinosamente in contese contro gli stranieri di Germania, chiamando in Italia stranieri di Francia, comandati da Carlo d’Angiò. Poiché Siena ghibellina sta con Manfredi, papa Clemente le infligge l’interdetto (divieto di celebrare i riti sacri). Ed ecco Ambrogio Sansedoni correre dal Papa a Orvieto per difendere i concittadini. E lo fa con tale vigore razionale che alla fine il Papa esclama: “Mai un uomo ha parlato così!”. E si dicono di lui cose simili a Parigi, in Germania, in tante città d’Italia che lo ascoltano quando arriva tra i conflitti a costruire tregue, a fermare le armi, riconciliatore instancabile e persuasivo, con le sue parole lucide e appassionate insieme.
Soltanto in un caso la passione prevale: quando parla degli usurai. Allora dice cose terribili, tanto che in un discorso contro l’usura, fu tale la veemenza che gli si ruppe un’arteria ed improvvisamente morì il 20 marzo 1286.
Onorio IV incaricò quattro compagni del beato di redigerne immediatamente le memorie. Le sue reliquie si trovano in San Domenico di Siena. Gregorio XV, l’8 ottobre 1622 ne estese a tutto l’Ordine la festa, concessa alla Provincia Romana nel 1443. La sua memoria si celebra 8 ottobre, anniversario della concessione del culto.