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Quesito

Caro Padre Angelo,
Innanzitutto desidero ringraziarLa per questa interessante rubrica che dà modo a tante persone di esporre i propri dubbi e chiedere consigli, e La ringrazio ancor di più per la sua chiarezza e la sua capacità di venire incontro alle persone senza farle sentire giudicate.
Detto questo vorrei esporLe un mio dubbio.
Tempo fa parlavo con una persona che sosteneva che sia ipocrita sposarsi in Chiesa dopo aver convissuto; io non trovandomi d’accordo, ho risposto che nel momento in cui si riconoscono i propri peccati e ci si impegna a non commetterli più, è giusto e auspicabile che si "regolarizzi" (so che il termine è improprio: sto semplificando) la propria posizione e si decida di assumere un così grande impegno davanti a Dio. Suppongo che Lei sarà d’accordo.
Il punto, però, è che molte persone che conosco non trovano davvero niente di male nel convivere e partono dal presupposto che, al momento del matrimonio, confesseranno i loro peccati (pur non riconoscendo affatto, nel loro intimo, la convivenza come peccato) e si sposeranno tranquillamente. Ecco, in questo vedo anch’io dell’ipocrisia!
Come dire: mi piace un oggetto ma non ho i soldi per comprarmelo; intanto lo rubo, so che non si dovrebbe fare ma non ci trovo niente di grave, tanto poi quando avrò i soldi necessari mi scuserò col negoziante e lo acquisterò regolarmente… 
Mi domando con quale coscienza ci si possa accostare in tal modo al matrimonio! Io credo che in situazioni simili si stia totalmente travisando il significato del matrimonio.
È chiaro che qui non vi è il peccato e il pentimento, ma, mi si passi il termine, una sorta di premeditazione: si fa deliberatamente una cosa sbagliata sapendo in partenza che tanto si potrà porre rimedio in modo indolore.
Eppure, mi spiace dirlo ma è così, molti sacerdoti non attribuiscono affatto il giusto valore a certe cose: accettano la convivenza purché poi ci si sposi (alcuni, mi è stato detto l’hanno addirittura consigliata!) e non mettono affatto in rilievo il fatto che alcuni comportamenti sono intrinsecamente sbagliati. 
Io sono del parere che alcune posizioni della Chiesa (che poi, in realtà, non sono affatto "invenzioni" della Chiesa, come qualcuno pensa, ma semplicemente leggi di Dio) per quanto impopolari nella società odierna, dovrebbero essere riaffermate costantemente. Talvolta invece ho l’impressione, e mi dispiace, che per avvicinarsi ai giovani e a coloro che hanno preso le distanze dalla Chiesa, alcuni sacerdoti stiano diventando un po’ troppo flessibili e accomodanti…
È pur vero che alcune persone non vedono niente di male nella convivenza perché nessuno li ha messi nelle condizioni di capire cosa c’è di sbagliato in essa, ma per coloro che agiscono con piena consapevolezza e che si sposano con un pentimento solo formale e non autentico, non si tratta effettivamente di una sorta di falsità? 
Non mi fraintenda: non intendo dire che il Sacramento sia falso, ma che siano gli sposi a trovarsi in una posizione di falsità e di peccato…
La ringrazio per il tempo dedicatomi, e per il suo prezioso lavoro, che Dio La benedica.
Alice


Risposta del sacerdote

Cara Alice,
1. insisto sull’immagine dell’oggetto rubato con la scusa che poi lo si pagherà.
Tutti sono pronti a riconoscere che un tale comportamento è sbagliato, è scorretto.
Nessuno accetterebbe, se fosse un negoziante, che i clienti si comportassero con lui in questo modo.
Tanto più che nelle convivenze spesso succede che alla fine non si saldi il conto e uno se ne vada per la propria strada, danneggiando il convivente piantato in asso.

2. Premeditare e decidere la convivenza adducendo il motivo che poi col tempo ci si sposerà non diminuisce la gravità del peccato.
Perché in ogni caso la convivenza si basa su un rapporto intrinsecamente falsato.
Giovanni Paolo II ha detto che “La donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente” (Familiaris Consortio, 11).

3. Molti, parlando di convivenza, fanno finta che si tratti semplicemente  si stare insieme.
In realtà, mentre si sta insieme per tanti aspetti che di per sé potrebbero essere anche buoni, di fatto si sta insieme come marito e moglie, con tanto di rapporti sessuali, senza essere marito e moglie.
È questo che tanti dimenticano o fanno finta di dimenticare.
E dimenticano o non vogliono dire che tale rapporto è intrinsecamente sbagliato, che è un atto di amore falsato, una menzogna, come dice Giovanni Paolo II, una premessa sbagliata per un matrimonio che sia secondo il cuore di Dio.

4. Mi dispiace sentire che molti sacerdoti accettano la convivenza prematrimoniale.
Credo che quel “molti” ti sia sfuggito. Guardandomi intorno non vedo sacerdoti che siano su quella china.
Piuttosto ve ne saranno alcuni che faranno buon viso a cattiva sorte, nella speranza di poter guadagnare on seguito queste persone per un matrimonio che sia via di santificazione, dia stabilità all’unione fra i due e dia anche sicurezza nei confronti dei figli da generare.

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di ribadire questi concetti.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo