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Quesito

carissimo padre Angelo,
oggi è passato un mese dalla morte del mio amico Angelo.
Mi chiedo spesso dove sarà in questo momento.
Se un ragazzo normale, non di certo cattivo ma che magari non andava sempre a messa o che magari talvolta avrà fatto qualche piccolo sgarbo a qualcuno come capita a tutti, che sicuramente credeva (ho saputo che era molto affezionato alla Madonna di Lourdes dove qualche anno fa si era recato come volontario) ma che magari, come la maggior parte di noi, ha fatto degli errori, dei peccati…ecco mi chiedo se un ragazzo così possa essere accolto da Dio.
Prima di parlare con lei non sapevo dell’esistenza del purgatorio quindi ho sempre pensato, le volte che è morto qualcuno che sapevo fosse una persona “buona”, che era ovvio andasse in paradiso e non all’inferno.
E almeno questo mi confortava.
Adesso, al contrario, sono un pò pessimista.
Perchè, se c’è il purgatorio, allora chi merita il paradiso? solo chi ha dedicato la sua vita agli altri, come ha fatto Gesù, e penso che siano veramente in pochi.
E poi mi chiedo: come ci si sente in purgatorio? Di certo non felici eternamente come in paradiso.
Un dubbio vergognoso ma glielo chiedo lo stesso: ma chi va in purgatorio è destinato a rimanere là oppure è una sorta di anticamera? Se si comporta bene allora poi viene accolto in paradiso, senò và all’inferno?
E poi: dov’è che si parla di purgatorio nei vangeli?
Anche nel passo del Vangelo che lei mi ha mandato, alla fine è scritto: “e se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti nella vita eterna”. Il purgatorio non è contemplato.
Daniela


Risposta del sacerdote

Carissima Daniela,
in poche righe sollevi molti problemi. Cercherò di dare la risposta.

1. Nessuno di noi può sapere in maniera certa quale sia la sorte dei nostri morti. Il giudizio appartiene solo al Signore.
Solo dei Santi, canonizzati dalla Chiesa, sappiamo che sono in Paradiso.
Purtroppo oggi si è molto sbrigativi nei confronti dei morti. Li si manda tutti e subito in Paradiso (cosa peraltro desiderabilissima) e così li si priva dei suffragi. Questo non è affatto bello, non giova né a noi né ai nostri defunti.
Ho sentito che durante un funerale il sacerdote, nei confronti di una persona che non era mai andata in Chiesa, ha detto nell’omelia che il loro congiunto si trovava ormai in paradiso. Saranno state parole consolatorie per i parenti. Ma intanto non ha raccomandato né di pregare per lui né di stare pronti, cioè in grazia.
Sappiamo invece che il peccato grave impedisce di entrare in Paradiso e anche in Purgatorio. E non santificare le feste, omettendo di andare a Messa, è un peccato grave.
Va detto poi che non c’è solo il terzo comandamento (ricordati di santificare le feste), ma ce ne sono dieci.
Il peccato grave viene rimesso nel sacramento della Penitenza o Confessione. Ma in via straordinaria il Signore può dare la grazia del pentimento anche fuori della Confessione.
Per quanto riguarda Angelo, io mi auguro che il Signore abbia fatto così.
Mi aiuta a pensare in questo senso anche il fatto che sia andato a Lourdes a fare volontariato. La Madonna lì ha detto a Santa Bernardetta: “Non vi prometto di farvi felice quaggiù, ma di farvi felice lassù”.
E quello che ha detto a quella ragazza, io amo pensare che la Madonna lo dica anche per tutti quelli che vanno a Lourdes, soprattutto per compiere atti di carità come ha fatto Angelo.
La Madonna avrà tenuto in serbo quel bel gesto e avrà interceduto per lui.
Detto questo, però, è necessario pregare e pregare per Angelo e compiere anche altre forme di suffragio.

2. Per entrare in paradiso è necessario essere in grazia di Dio, e cioè avere l’anima sgombra da peccato grave.
Si può anche essere buoni e altruisti. E questa è senz’altro una buona cosa. Ma è necessario soprattutto e innanzitutto essere in grazia di Dio.
Dice San Paolo: “E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova” (1 Cor 13,3).
E se la carità è amore, tuttavia non ogni forma di amore è carità. La carità è l’amore di Dio in noi. Chi ama con la carità ama con amore puro e santo, per amore di Dio.
Nell’Apocalisse i salvati indossano una veste bianca, simbolo di purezza e di immortalità.

3. Per entrare in paradiso è necessario avere la nostra anima perfettamente pura. Nell’Apocalisse si legge che nella Gerusalemme celeste, cioè in Paradiso “Non entrerà in essa nulla d’impuro” (Ap 21,27).
E quest’affermazione ha fatto subito pensare alla Chiesa che di là ci deve essere un luogo di purificazione, al quale è stato dato il nome di Purgatorio.
Nel Vangelo non si parla esplicitamente del Purgatorio. Ma vi si vede un’allusione quando Gesù dice che alcuni peccati non saranno perdonati né di qua né di là (Mt 12,32). Questo significa che alcuni peccati (i peccati veniali) di là possono essere perdonati.
Ma poi vi sono altri testi della Sacra Scrittura che hanno allusioni al Purgatorio.
San Paolo dice: “Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che gia vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor, 3, 10-15).
Su questo testo annota la Bibbia di Gerusalemme: “Qui il purgatorio non è inteso direttamente, ma questo è uno dei testi da cui è partita la Chiesa per esplicitare la sua dottrina”.
Ma soprattutto il secondo libro dei Maccabei (Antico Testamento) ha un chiaro riferimento al Purgatorio. Ti riporto tutto il testo: “Giuda poi radunò l’esercito e venne alla città di Odollam; poiché si compiva la settimana, si purificarono secondo l’uso e vi passarono il sabato. Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri per deporli con i loro parenti nei sepolcri di famiglia. Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iamnia, che la legge proibisce ai Giudei; fu perciò a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. Perciò tutti, benedicendo l’operato di Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12, 38-45).

4. Il Purgatorio però non è eterno. Al momento del giudizio universale, cioè con la fine del mondo, verrà meno, perché il Signore ha detto: “e se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti nella vita eterna”.
Chi va in purgatorio è in grazia di Dio, ma nella sua coscienza ha ancora delle colpe veniali, di cui non si è ancora purificato.
Dal Purgatorio si esce solo per andare in Paradiso.
Non è dunque possibile che chi si trova in Purgatorio possa andare all’inferno.
Con l’uscita da questo  mondo, cessa il tempo del merito e del demerito.
E si capisce anche che se c’è bisogno di “anticamera” per entrare in Paradiso, non ce n’è invece per andare all’inferno.

 

5. Ti riporto infine quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica dice sul Purgatorio:

III. La purificazione finale o Purgatorio

Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo (n. 1030).

La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concilii di Firenze e di Trento. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore:
Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del Giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,31). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro (n. 1031).

Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: «Perciò fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:
Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere (n. 1032).

Ti ringrazio, ti saluto, ti accompagno con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo