Questo articolo è disponibile anche in: Italiano Inglese Spagnolo Francese Portoghese

Quesito

Caro Padre Angelo,
grazie per il lavoro che svolgi sul sito Amici Domenicani.
Vorrei chiederti alcune cose in merito alla giustificazione, che mi stanno tormentando da tanto tempo. Potresti spiegarmi che cosa vuol dire San Paolo con la frase: “Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge” (Rm 3,28)?
Partiamo da un concetto: che cosa vuol dire “giustificazione”? Coincide con la salvezza, oppure ne è parte? Inoltre, per “Legge”, s’intendono anche i 10 Comandamenti? Se così fosse, perché la Chiesa c’insegnerebbe che dobbiamo rispettarli per essere salvati (non è una critica, ma un dubbio)? Non si dice altrove che non siamo più sotto la Legge, ma sotto la Grazia (se non ricordo male)? E perché Gesù dice che non la Legge non passerà?
L’affermazione di San Paolo, inoltre, non contraddice San Giacomo, quando parla della fede e delle opere? A quali tipi di opere si riferisce San Giacomo: a quelle della Legge, oppure quelle della “legge evangelica” (semmai fosse corretto parlare di un simile concetto), oppure alle opere di carità? Infine, perché la Chiesa c’insegna che la salvezza viene sia dalla fede che dalle opere?
Grazie: come vedi sono assai confuso e, sebbene abbia parlato con sacerdoti assai competenti, questi concetti non mi entrano in testa e mi sembra soltanto di vedere ancora contraddizioni (anche se ho fede che non sia così).


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. la parola giustificazione può trarre in inganno.
Si parla di giustificazione di un’assenza scolastica, e allora s’intende il motivo che scusa l’assenza.
In teologia invece giustificare ha il significato proprio che deriva dalla parola latina justum facere, che significa rendere giusto.

2. Se poi si ricorda che la giustizia nella Sacra Scrittura non è semplicemente sinonimo di onestà ma è anche sinonimo di santità allora diventa chiaro il significato di questa parola usata spesso da San Paolo: giustificazione significa rendere santo.

3. E se per santità s’intende la partecipazione alla vita divina, è altrettanto chiaro che nessuno diventa santo con le sue sole opere, come diceva Pelagio, ma solo perché Dio gli comunica la sua vita santa.

4. Uno degli errori più gravi di Lutero è stato quello di pensare che l’uomo con il peccato originale abbia perso del tutto la libertà.
Ho già avuto occasione di ricordare di recente che nel Servo arbitrio Lutero dice che la volontà umana è come una bestia da soma posta fra due cavalieri: “Se la cavalca Dio, vuole e va dove Dio vuole (…). Se invece la cavalca Satana, vuole e va dove Satana vuole. E non è nella sua facoltà scegliere o cercarsi uno dei due cavalieri” (M. Lutero, Il servo arbitrio, in Opere Scelte, 6, a cura di E. De Michelis Pintacuda, Claudiana, Torino 1993, p. 125).
L’uomo non partecipa per nulla a quest’azione di Dio che per altro non cambia l’uomo, ma lo lascia tutto corrotto e peccatore.
In un testo di teologia cattolica scritto quando non c’era ancora il clima ecumenico ho letto queste precise parole: “I protestanti moderni hanno abbandonato questa stravagante esegesi e si sono avvicinati alla interpretazione cattolica”.

5. Secondo la teologia cattolica la grazia non è una pura benevolenza esterna di Dio che lascia l’uomo corrotto nel peccato, come diceva Lutero, ma è una realtà soprannaturale che inerisce ontologicamente nell’anima e trasforma l’uomo così da renderlo da ingiusto giusto, da nemico amico, da peccatore santo.
Il Concilio di Trento, polemizzando con Lutero dice che “l’essenza della giustificazione è la giustizia di Dio, non semplicemente perché Egli è giusto, ma perché ci rende giusti; infatti da lui siamo rinnovati nello spirito della nostra mente, e non soltanto sembriamo giusti, ma lo siamo realmente ricevendo ognuno in sé la sua giustizia secondo la misura in cui lo Spirito Santo si partecipa ai singoli secondo la sua volontà (1 Cor 12,11) e secondo la disposizione e cooperazione personale di ognuno” (DS 1529).

6. Chiarito che cosa s’intende per giustificazione secondo i protestanti e secondo i cattolici (la pensano come i cattolici anche gli ortodossi) vengo alle altre domande.
Mi chiedi se la “giustificazione” coincida con la salvezza.
Sì, è proprio così, perché la giustificazione mentre rimette (non copre soltanto, come dicono i protestanti) i peccati, nello stesso tempo infondendo in noi la santità divina (la grazia) rinnova interiormente l’uomo e lo rende santo e amico di Dio.

7. Per “legge” in San Paolo  s’intende l’osservanza della legge, di tutta la legge, compresa quella dei dieci Comandamenti.
Le azioni buone dell’uomo da sole non possono meritargli l’infusione della vita santa di Dio.
Questa rimane sempre un dono, essendo di ordine soprannaturale.
Le opere, e cioè l’osservanza dei dieci comandamenti e le opere di carità, sono necessarie per custodire la vita santa di Dio dentro di noi.
Gesù  ha detto: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama” (Gv 14,21) e “Se uno mi ama, osserverà la mia parola” (Gv 14,23).
San Giovanni nella sua prima lettera scrive: “Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità” (1 Gv 2,4).
Non è possibile conservare la vita santa di Dio commettendo il peccato.
Non è possibile essere santi e amici di Dio e trasgredire gravemente la sua legge.
È proprio come dice il vangelo di oggi, giovedì della prima settimana di avvento: “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).

8. Chiedi ancora che cosa significhi che “non siamo più sotto la Legge, ma sotto la Grazia (se non ricordo male)”.
Devo dire che ricordi bene, perché sono le parole di San Paolo in Rm 6,14.
Qui per legge san Paolo intende anche la legge cerimoniale, come la circoncisione, l’offerta dei sacrifici, le purificazioni varie, i pellegrinaggi a Gerusalemme. E anche l’osservanza dei comandamenti.
Ebbene tutte queste pratiche che possono far dire di una persona che è osservante, non conferiscono ancora il perdono dei peccati, che viene solo dal Sacrificio di Cristo e dal suo Sangue, né conferiscono la grazia dello Spirito Santo che abita in noi.
La remissione dei peccati e la vita divina sono esclusivamente dono di Dio.
Ci vengono solo dal sacrificio di Gesù Cristo.
Ma noi custodiamo questa vita divina amando Dio (i primi tre comandanti del decalogo) e amando il prossimo (gli altri sette).

9. “E perché Gesù dice che non la Legge non passerà?”
Qui il Signore dice di non essere venuto ad abolire la legge ma di portala a compimento.
Il compimento della legge è Lui: i comandamenti sono la strada da percorrere per conservarci nelle sue vie.

10. “L’affermazione di San Paolo, inoltre, non contraddice San Giacomo, quando parla della fede e delle opere? A quali tipi di opere si riferisce San Giacomo: a quelle della Legge, oppure quelle della “legge evangelica” (semmai fosse corretto parlare di un simile concetto), oppure alle opere di carità?
San Giacomo dice chiaramente quali sono le opere quando scrive: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?
Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa” (Gc 2,14-17).
Dice la stessa cosa di San Paolo il quale afferma: “Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6).

11. “Infine, perché la Chiesa c’insegna che la salvezza viene sia dalla fede che dalle opere?”.
Perché la fede ci apre alla conoscenza di Dio.
La carità invece ci apre ad accoglierlo dentro di noi: “Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4,16).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo