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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono un ragazzo di 16 anni e mi chiamo Alessio, sono cattolico e vorrei esporle una domanda. Innanzitutto ho molti amici testimoni di Geova e a volte discutiamo sulla dottrina cattolica. Alla fine ognuno rimane delle proprie idee e io non sono un tipo che si fa convincere, ne tanto meno indottrinare, tuttavia mi è sorta una perplessità. Stavo leggendo la lettera ai Colossesi 2:8 che dice: "Fate attenzione che nessuno faccia di voi preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo". Mi chiedo come interpretare questa frase, sapendo che la filosofia viene insegnata nelle università cattoliche ed è dalla filosofia che nasce la teologia, grazie alla quale sono stati istituiti i dogmi della Chiesa.
Un saluto da un (se Dio vuole) futuro domenicano.
Grazie in anticipo per la risposta.
Risposta del sacerdote
Caro Alessio,
1. anticamente la parola “filosofia” veniva usata per indicare qualsiasi dottrina.
Filone, filosofo ebreo di Alessandria d’Egitto e contemporaneo di nostro Signore (è morto nel 45 d.C.), chiamava filosofia la religione giudaica e la legge di Mosè.
Ugualmente anche Giuseppe Flavio (storico ebreo passato ai romani durante la distruzione di Gerusalemme) presentava come filosofie le dottrine dei Farisei, dei Sadducei e degli Esseni.
2. Non fa quindi meraviglia che ai tempi di San Paolo vi fossero alcuni che, mettendo insieme tradizioni cabalistiche (cabala significa tradizione), speculazioni pagane e giudaiche di alcune verità cristiane, presentassero i loro vuoti raggiri e le loro combinazioni come una filosofia.
Probabilmente San Paolo allude a certe dottrine esoteriche che erano spacciate come ricevute dagli antichi e dunque valide.
Esse avevano per oggetto alcuni riti come la distinzione tra cibi puri e impuri, la necessità della circoncisione e di vari sacrifici da compiere che alcuni volevano imporre ai cristiani di Colossi e che di fatto vanificavano il messaggio evangelico.
3. Come vedi, questa “filosofia” non ha nulla a che fare con la riflessione degli uomini di pensiero.
San Paolo stesso a Corinto, quando va all’areopago, fa un grande discorso di carattere filosofico e parla ad un consesso di saggi, di filosofi, come ricorda San Luca negli Atti degli Apostoli: “Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui” (At 17,18).
4. A questa riflessione spinge la stessa Sacra Scrittura, la quale insiste certo e molto sulla testimonianza della carità che devono dare i cristiani.
Ma questa testimonianza della carità rimane inspiegabile se nello stesso tempo non si è “pronti a rendere ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3,15).
5. È questo il motivo per cui la Chiesa ama la riflessione filosofica e comanda il suo studio nelle istituzione accademiche ecclesiastiche.
L’intelligenza è un dono inestimabile di Dio. Non usarla anche nell’ambito della fede è come un disprezzo di un dono del Signore.
Mi piace ricordare le prime parole con cui Giovanni Paolo II introduce l’enciclica Fides et ratio: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso” (FR 1).
6. Infine hai aggiunto una parentesi che mi ha fatto molto piacere e penso lo farà anche ai nostri visitatori quando la leggeranno: “Un saluto da un (se Dio vuole) futuro domenicano”.
Penso che molti ti seguiranno con la loro preghiera perché la tua vocazione si consolidi sempre più e perché tu possa far parte dei religiosi di quell’Ordine che il papa Onorio III, nella bolla di confermazione, chiamava “pugiles fidei et vera mundi lumina” (difensori della fede e veri luminari di questo mondo).
Ti assicuro la mia cordiale preghiera e ti benedico.
Padre Angelo