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Quesito
Caro Padre,
quotidianamente si ha a che fare, anche senza volerlo, a sollecitazioni di tipo sessuale.
Basti pensare ad internet (i banner che appaiono mentre si naviga) oppure alcune scene in "normali" film in TV, oppure alcune pubblicità ecc..
A parte queste cose, che qualche volta mi hanno creato qualche cattivo pensiero, poco tempo fa mi trovavo negli Stati Uniti e casualmente mi ritrovo davanti alla seguente scena: un ragazzo si appoggia a muretto, prende la ragazza, la tira verso di sé, e fin qui nulla, poi… (per delicatezza si tralascia la descrizione degli atti privi di pudore, compiuti dai ragazzi e riportati dalla lettrice a titolo esemplificativo)
Mi sono ritrovata con cattivi pensieri in testa e non solo, in quanto questa scena per me è stata molto eccitante.
Capisce che la cosa non era voluta e cercata.
Una persona in questo caso o nei casi sopra citati che tipo di peccato commette? Davanti è Dio è una cosa grave?
La ringrazio per l’eventuale risposta.
Cordiali Saluti.
MB
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. per quanto è avvenuto in te si tratta di un disordine involontario.
È sufficiente dire involontario per dire che non si tratta di alcun peccato soggettivo, anche se ne sei rimasta confusa.
2. Per commettere un peccato grave, oltre alla materia grave e alla piena avvertenza della mente, ci deve essere il deliberato consenso della volontà.
In te non c’è stato alcun consenso della volontà.
Ma non c’è stata neanche l’avvertenza della mente, perché la scena non sei andata a cercarla, ma ti è capitata sotto gli occhi.
3. Il Magistero della Chiesa quando esprime la valutazione sui disordini sessuali usa parole ben calibrate e precise e dice: “Ora, secondo la tradizione cristiana e la dottrina della Chiesa, e come riconosce anche la retta ragione, l’ordine morale della sessualità comporta per la vita umana valori così alti che ogni violazione diretta in quest’ordine è oggettivamente grave” (dichiarazione Persona Humana l0).
Di quest’affermazione sottolineo due espressioni: “oggettivamente”.
Il documento dunque offre una valutazione oggettiva, non soggettiva. Giudica l’atto da parte della materia, non da parte del soggetto.
Può succedere allora che un atto oggettivamente grave sia soggettivamente meno grave o non comporti addirittura alcun peccato.
Questo insegnamento di sempre è stato espresso dalla Congregazione del clero con le seguenti parole: “Le particolari circostanze che accompagnano un atto umano oggettivamente cattivo, mentre non possono trasformarlo in un atto oggettivamente virtuoso, possono renderlo incolpevole o meno colpevole o soggettivamente giustificabile” (26.4.1971).
4. L’altra espressione della dichiarazione Persona humana che desidero sottolinear riguarda la “violazione diretta”. Il documento ha voluto esprimere un giudizio sulle violazioni dirette, cioè su quelle volontarie, non su quelle indirette o involontarie.
Per le violazioni indirette, secondo il giudizio della teologia morale, valgono le seguenti precisazioni:
– il compimento del peccato dipende dall’atteggiamento assunto dal soggetto;
– se si acconsente pienamente al disordine indiretto, non si può più parlare di involontarietà, perché “consentienti non fit iniuria” (al consenziente non si fa ingiuria);
– se il consenso è imperfetto, la responsabilità è imperfetta, ed è sufficiente per dire che ciò che oggettivamente è grave, soggettivamente è meno grave;
– se in nessuna maniera si acconsente, nulla si può imputare al soggetto.
Tu ti sei trovata in quest’ultima tipologia.
Puoi dunque stare del tutto tranquilla.
5. Questa distinzione è pacifica in teologia morale.
Scrive il Prümmer: “I vecchi teologi a proposito del piacere venereo ottimamente distinsero tra piacere e compiacimento.
Il piacere (placentia) infatti è la stessa dilettazione venerea fisica che può sorgere per molte cause fisiologiche e psichiche e che di per sé non è né buona né cattiva.
Il compiacimento (complacentia) invece è il consenso in questa dilettazione illecita; ed esso, se è perfetto, è gravemente peccaminoso; quando invece è semideliberato, è solo peccato veniale. Di qui il corretto assioma: ‘non nuoce il senso se non vi è consenso (non nocet sensus, ubi non est consensus)’” (d. m. prümmer, Manuale theologiae moralis, II, n. 682).
Come vedi, il tuo caso mi ha dato l’opportunità di ricordare diversi principi di teologia morale.
Ti ringrazio.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo