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Quesito

Carissimo Padre Angelo, 
Vorrei, innanzitutto, ringraziarla per mettere a disposizione di noi tutti i lettori la sua conoscenza e  il suo amore.
Sono una donna di … anni e circa un anno fa la mia vita si è incrociata con quella di un ragazzo più giovane di me. Lui è stato, sin da subito, un tramite tra me e Dio. Da quando lo conosco, la mia vita si è riempita tanto, ha fatto sì che entrasse nuovamente la luce dove c’era il buio. Ho riscoperto, grazie a lui, la bellezza dell’amore di Dio, dell’eucaristia e del Perdono.
Ho sempre pensato che la sua vita fosse al servizio di Dio, che intraprendesse il sacerdozio e credo che questa sarà la sua scelta e ne sono felice, tantissimo.
In questi mesi il nostro rapporto si è intensificato, sono entrata a far parte, in un certo qual modo, della sua famiglia, della sua quotidianità e soprattutto è nata una certa intimità che ha spiazzato totalmente la mia vita.
Per tanto tempo mi sono tormentata, chiedendomi il perché sia successo proprio a me che, tutto pensavo fuorché mi capitasse una delle cose più belle e totalmente fuori da ogni logica.
Non solo perché abbiamo una differenza anagrafica, ma soprattutto di percorsi.
Io so benissimo che la sua vita sarà al servizio di Dio e mi auguro davvero che la nostra società possa disporre di una persona nelle vesti di sacerdote, pieno di grazia come lui. 
D’altro canto, però, mi chiedo anche perché lui continui a portare avanti questa cosa tra noi, soprattutto perché sa bene che la sua scelta sarà quella del seminario.
Forse sono un mezzo del suo discernimento? Lui mi dice che non è ancora pronto per dirmi addio, ma forse spetta a me la parte più dura.
I miei sentimenti per lui sono profondi, lo amo davvero con tutta me stessa e farei qualsiasi cosa per vederlo felice. E sono pronta a tutto, anche se soffro e soffrirò ancora tanto quando lui andrà via.
Mi perdoni se la inondo di domande assurde, ma non so più cosa pensare, come parlargli e soprattutto come riuscire a rendere il tutto il meno doloroso possibile.
Prego tanto per lui affinché gli sia chiaro il cammino da intraprendere ma, egoisticamente, ho paura per me perché temo di soffrire ancora così tanto che… non so dove finirò.  Io lo so che Dio ci ama e non ci abbandona ma, delle volte ho tanta paura.
Le chiedo aiuto, a cuore aperto.
Grazie infinite per la sua pazienza.
Con immensa gratitudine, la saluto.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. è bello vedere come il Signore desideri approfittare di ogni situazione per entrare nella nostra vita. 
Si è servito di questo giovane per entrare nella tua vita. Adesso sai che cosa significa accogliere il Signore: è la stessa cosa che sentirsi finalmente riempiti dell’unica realtà che sazia in maniera permanente.
C’è infatti una Presenza viva nel tuo cuore, una Presenza che ti possiede con infinita dolcezza.
Non è come la presenza morale e affettiva di una persona di cui si è innamorati.  Per quanto la si porti nel cuore, quella persona rimane sempre altrove.
Qui invece si tratta di una Presenza reale e personale. È una comunione continua con Dio.

2.  Il Signore si è servito di questo giovane per venire ad abitare nella tua casa.
Mi pare che sia un bel segno di quello che il Signore vorrà fare per mezzo di lui con tantissime altre persone.

3. Il sentimento di affetto profondo che provi per lui è una cosa naturale.
È impagabile il bene che hai ricevuto da Dio e che hai ricevuto da lui.

4. Tu stessa ti sei accorta che il Signore lo chiama per un’altra strada, che non è quella del matrimonio.
E di questo molto probabilmente se ne è accorto anche lui da molto tempo.
Ma tergiversa, dicendo che non è ancora pronto per il distacco.

5. Tuttavia gli apostoli quando sono stati chiamati dal Signore non gli hanno detto: “Non siamo ancora pronti per il distacco”.
Hanno sentito l’imperiosità, la grandezza e l’urgenza della chiamata: “Venite dietro a me, mi farò diventare pescatori di uomini” (Mt 4,19). “Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono” (Mt 4,20).
Se il discernimento è stato fatto con serietà, se si è concluso un percorso di maturità sotto il profilo morale e anche nello studio, non si deve aspettare con la scusa dei vari attaccamenti.
Certi distacchi vanno fatti in fretta, un po’ come quello del cerotto dalla pelle. Se si vuol fare piano, si fa soffrire ancora di più.

6. Questo distacco il Signore adesso lo chiede a te e lo chiede anche a lui.
A te innanzitutto, perché sebbene tu sia ben conscia della sua chiamata, tuttavia la tua presenza fa ritardare la sua risposta.
Con questo forse il Signore gli vuole far comprendere che tanti in futuro avranno motivo di affezionarsi santamente a lui perché per la sua presenza e il suo ministero avranno trovato la pienezza di vita e la luce che hai trovato tu.
E sebbene questo costituisca una giusta e bella consolazione per un sacerdote, tuttavia vi si può nascondere il pericolo di affezionarsi di più alla propria personale gratificazione che a Dio stesso. Sicché senza accorgersene, si comincia a cercare se stessi.
Invece, portate le anime al Signore, ci si deve unirsi ancora di più a Dio nella preghiera perché il Signore continui in loro la sua azione salvatrice.
Per questo San Tommaso diceva che la preghiera dopo la predicazione ha la massima efficacia: per le anime anzitutto. perché vengono consolidate. E poi per il sacerdote stesso, perché continua a fare tutto ed esclusivamente per Dio solo.

7. Venendo al pratico, prega, fai qualche novena, fà celebrare qualche Messa per lui perché non temporeggi e abbia la forza di staccarsi.
Alla gente che chiedeva a Gesù di rimanere a Cafarnao col pretesto che tutti lo cercavano, il Signore ha risposto: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!” (Mc 1,38).
Pertanto fai di tutto non per trattenerlo ancora un po’, ma perché parta con generosità, perché per questo è stato chiamato.
Questo ragazzo ti ha dato tanto. Adesso è arrivato il momento che tu dia tanto anche a lui, creandogli le disposizioni migliori per l’offerta di se stesso a Dio.

8. Questo giovane ha bisogno di essere consolidato nella propria vocazione.
Valgono in modo particolare anche per lui in questo momento le parole che lo Spirito Santo ha detto per bocca di Pietro: “Quindi, fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi.
Se farete questo non cadrete mai” (2 Pt 1,10).
Non basta sentirsi chiamati per essere sicuri della propria riuscita.
Anche Saul era certo di essere stato unto re per incarico di Dio attraverso il profeta Samuele. Ma ad un certo momento non ha corrisposto a delle precise indicazioni di vivere, è caduto e per questo è stato riprovato.
Anche Giuda era certo della propria vocazione perché era stato chiamato direttamente da Gesù Cristo. Ma poiché non è custodito gelosamente il dono ricevuto, ad un certo momento secondo le parole stesse del signore è diventato un diavolo. Si legge infatti nel Vangelo: “»Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici” (Gv 6,70-71).
Anche moglie di Lot era stata scelta tra quelli che dovevano essere salvati dalla distruzione di Sodoma. Ma non fu fedele al comando che le era stato dato e fu cambiata una statua di sale.


9. Ora è difficile che questo giovane abbia in se stesso tutte le risorse per rendere più salda la sua chiamata.
Indubbiamente in seminario o nella vita religiosa troverà validi aiuti per renderla più salda. 
Avrà un superiore e un padre spirituale a sua disposizione.
Potrà fruire delle loro catechesi e dei loro intrattenimenti spirituali.
Avrà la compagnia degli altri chiamati come lui al sacerdozio. Con questi si confronterà, da questi riceverà esempio e incitamento.
Avrà la disciplina stessa del seminario o della vita religiosa che lo aiuterà a essere disciplinato e ordinato in tutto.

10. Soprattutto la sua decisione di andare dietro al Signore varcando la porta del seminario o del convento sarà accompagnata da un grande aiuto interiore perché lasciare tutto per seguire il Signore fa conseguire una grazia analoga a quella del battesimo.
Se il battesimo conferisce la grazia santificante e l’eliminazione di ogni peccato e con questo anche una particolare energia e freschezza spirituale, qualche cosa di simile avviene per chi risponde prontamente alla chiamata del Signore.
Penso che si possa applicare anche ai seminaristi di buona volontà quello che San Tommaso ha detto per coloro che entrano nella vita religiosa e si consacrano a Dio con i voti, e cioè che emettendo i voti conseguono la medesima grazia che ricevono i novelli battezzati.
E ne porta la motivazione dicendo che se un uomo soddisfa per i propri peccati facendo qualche elemosina come dice il profeta Daniele: “Perciò, o re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità” (Dan 4,24) emettendo i voti compie un’elemosina e un atto di misericordia ancora più grandi perché non dona soltanto qualcosa, ma tutto se stesso.
C’è dunque una grazia e una forza particolare che viene dal cielo e che accompagna quell’atto.
Quella grazia poi non si esaurisce con l’andare del tempo “perché la chiamata e i doni di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29).
Anche in questo modo si consolida la vocazione.

Vi benedico a titolo diverso e vi ricordo nella preghiera.
Padre Angelo