Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro Padre Angelo,
La ringrazio tantissimo per aver così celermente risposto alla mia precedente lettera. Le sue parole mi hanno molto colpito, mi sono sentito toccato nel profondo del mio essere, sopratutto quando ha colto ciò che io stesso non avevo ben presente, cioè che il problema di fondo fosse per me quello di vivere un’adesione sincera a Cristo. Quando mi dice che il Signore probabilmente vuole fare di me un apostolo della famiglia, mi spiazza e mi commuove.
Mi spiazza, perchè non avevo mai pensato una cosa simile, nè mi sento degno di essere scelto proprio io per una missione così nobile; e mi commuove, perchè sento corrispondermi – nel caso – una strada siffatta, infatti io amo molto aiutare i miei amici in difficoltà, comunicare quel poco che so soprattutto in tema di morale sessuale, più volte ho parlato loro – spesso a difesa di "attacchi scettici" nei confronti del magistero della Chiesa, altre volte nell’ambito di generali discussioni sul tema – le ragioni morali dei divieti all’uso dei contraccettivi o dei rapporti prematrimoniali, nonchè dell’ideale della purezza in generale.
Le sue parole mi hanno dato il coraggio di andare sino in fondo ed affrontare, allora, la debolezza della mia ragazza, aiutandola a superare questa crisi (che poi, alla fine, diviene anche mia). Il modo migliore sarà farle leggere la sua bellissima lettera, la conosco bene e so che si commuoverà a leggerla, ed in quel momento affiderò tutto alla Madonna.
Sono cosciente del dispiacere che ha provato sentendo che ci sentiamo soli pur appartenendo ad un movimento ecclesiale. Vede in questo la colpa, se proprio vogliamo indagare una causa, è che non viene mai affrontato espressamente a livello culturale od educativo la morale sessuale, ma è relativo; la verità è che le parole e gli insegnamenti di don Giussani sono tali che se si lascia provocare davvero certi giudizi maturano da soli. La tristezza è data dal fatto che molti  investono tutto in "attivismo", in opere sociali, culturali, ecc., senza fermarsi a riflettere sugli aspetti più vicini al proprio cuore; questo don Giussani, sono convinto, l’aveva già intuito molto tempo fa, ho da poco riletto un suo intervento agli Esercizi Spirituali del 1982 in cui ha detto <<(…) che la situazione in cui versiamo è troppo probabile che renda intellettuali o intenzionali i nostri "credi", renda intellettuali e intenzionali le nostre parole, le parole dei nostri discorsi. Non che il cuore sia lontano da esse, ma certamente è come se quello che queste parole dicono fosse lontano dal cuore, cioè non fosse presenza>> (Tracce, n.2, Febbraio 2007, p. 2). Quando le scrivevo che ci sentiamo soli mi riferivo soprattutto al fatto che pesa l’assenza, nel giro delle nostre dirette amicizie, di un’altra coppia da guardare come esempio ed aiuto al cammino; ad ogni modo ciò che Lei ha scritto sul punto lo trovo giusto, da ora nei momenti in cui mi sentirò più solo renderò più intensa la mia preghiera e più frequente la lettura della Bibbia e dei documenti pontifici.
Nei prossimi giorni provvederò a leggere, come da Lei suggeritomi, anche l’enciclica Familiaris Consortio, per trarre da essa i nuovi insegnamenti che il Signore vorrà donarmi.
Grato al Signore della grazia di averLe potuto scrivere e di essere stato aiutato, Le porgo i miei più sentiti e cordiali saluti, nonchè la promessa di sostenere nelle mie preghiere la sua opera di Apostolato.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
ti ringrazio del riscontro che hai dato alla mia risposta.

1. Sono molto contento per tutto quello che hai scritto: la volontà di approfondire il magistero della Chiesa leggendo la Familiaris consortio, il desiderio di condividere la mia risposta con la tua ragazza (era soprattutto a lei che pensavo quando scrivevo), il bisogno di interiorità, che è l’anima della vita cristiana, perché diversamente tutto si riduce a quello che giustamente chiami “attivismo”.

2. A proposito della vocazione ad essere apostolo della famiglia mi piace riportarti quanto Giovanni Paolo II ha scritto nella lettera alle famiglie del 2.2.1994. Dopo aver parlato di un patrimonio di verità sulla famiglia che la Chiesa possiede e che costituisce “il tesoro della verità cristiana sulla famiglia”, ricorda che le sole testimonianze scritte non bastano. Dice: “Ben più importanti sono quelle vive”.
E dopo aver ricordato che Paolo VI aveva detto che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni”, dice: “è soprattutto ai testimoni che, nella Chiesa, è affidato il tesoro della famiglia: a quei padri e a quelle madri, figlie e figlie, che attraverso la famiglia hanno trovato la strada della loro vocazione umana e cristiana, la dimensione dell’uomo interiore (Ef 3,16), di cui parla l’apostolo, ed hanno così raggiunto la santità” (lettera alle famiglie “Gratissimam sane”, n. 23).

3. Circa il sentirsi soli nel credere e nel vivere secondo la luce di Cristo ti dico questo: anche don Bosco quando ha cominciato era solo. E così è stato per tanti altri, i quali inizialmente non hanno potuto godere dell’aiuto e del conforto che giunge dalla testimonianza e dall’aiuto di una comunità.
Ma vedrai che dal momento in cui voi due sarete luce per altre coppie, si formerà inevitabilmente una certa comunione di esperienza cristiana.
Non è necessario fare chissà che cosa perché questo si avveri. È sufficiente essere cristiani, come per una lampadina sana è sufficiente schiacciare l’interruttore perché possa illuminare.
La mia esperienza di sacerdote mi attesta che è così.

Ti esprimo un augurio che si trova nella liturgia della Chiesa: “Quello che Dio ha iniziato in te, lo porti a compimento” (quod Deus incepit, ipse perficiat).
Ti ringrazio, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo